L’Italia a tutto gas: i rischi della Strategia Energetica Nazionale

Il contesto.
 concentrazione GHGL’ultimo bollettino della World Meteorological Organization ci dice che la concentrazione di gas serra in atmosfera nel 2016 ha raggiunto le 403,3 ppm, che rappresentano il valore più alto degli ultimi 800.000 anni; voi penserete giustamente che sia una pessima notizia, ma non fatevi illusioni perché c’è ne è una ancora peggiore: la velocità di crescita delle concentrazioni di gas serra negli ultimi 70 anni è stata 100 volte superiore a quella precedente la rivoluzione industriale. Ciò significa, che oltre a correre verso le peggiori conseguenze dei cambiamenti climatici per i prossimi anni, stiamo entrando in una prospettiva climatica di lungo termine che nei prossimi 2 o 3 secoli porterebbe il clima del pianeta indietro di 3 o forse 5 milioni di anni, quando la specie umana non era ancora apparsa nel mondo. Ricordate Lucy, l’Australopitecus Apharensis della Rift Valley? Chiedete a lei come se la passava in un mondo in cui gli oceani erano più alti di 10 o 20 metri rispetto ai livelli attuali. Ancora una volta questi dati confermano che a rischio non c’è qualche territorio ma la stessa civiltà umana che si è sviluppata negli ultimi 12.000 anni di relativa stabilità climatica.
Le risposte deboli del mondo
Fra chi nega il problema e si ritira, come l’amministrazione Trump, fra chi firma gli accordi e poi fa il contrario di ciò che ha firmato, come l’Australia, e chi prende impegni collegiali in sede UE e poi in casa propria ne ostacola il raggiungimento, la politica non sembra in grado attualmente di farsi carico del futuro dell’umanità, di ragionare oltre l’andamento del PIL del prossimo trimestre o al più del prossimo anno. E così, mentre la Germania continua a bruciare carbone pur promettendo il suo abbandono e la Polonia non ci pensa nemmeno a rinunciarvi, la Commissione Europea, continuamente messa in discussione dal crescente sentimento anti-europeista, è l’unica istituzione ad aver definito obiettivi coerenti con il tanto propagandato Accordo di Parigi sul clima: ridurre le emissioni di gas serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e di almeno l’80% entro il 2050.
Le risposte rischiose dell’Italia
L’Italia risponde con la nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN) che pur confermando l’importanza delle fonti energetiche rinnovabili, ha come pilastro la realizzazione del grande Gasdotto Meridionale, che, attraversando tutto il paese viene proposto strategicamente come strumento per diversificare geopoliticamente le forniture di gas per l’intera Europa.
Certamente il metano, essendo il combustibile fossile a minori emissioni, rappresenta un elemento fondamentale di transizione verso le fonti rinnovabili, ma le quantità di gas trasportato e i prevedibili tempi di realizzazione rendono questa strategia di dubbia efficacia sia nei confronti della questione climatica sia come prospettiva economica. E’ una strada molto azzardata per i seguenti motivi.
La fase di realizzazione di questa opera, comportando l’impiego di grandi quantità di acciaio e cemento, causerà una aumento delle emissioni gas serra che andrebbero contabilizzate in termini di tempi di ammortamento in un bilancio climatico. Tali tempi si aggiungeranno ai tempi di realizzazione, e quindi i supposti benefici climatici arriveranno certamente oltre il 2030, anno in cui le emissioni europee dovrebbero essere ridotte del 40%. Supponiamo che tale obiettivo venga comunque raggiunto con qualche anno di ritardo, in tempi ristrettissimi (2050) l’Europa dovrebbe raggiungere il ben più stringente obiettivo di una riduzione di gas serra dell’80%. Ciò potrà esser fatto azzerando l’uso del carbone e sostituendo progressivamente il metano con fonti rinnovabili. Quindi quest’opera dovrà entrare in una fase di progressivo declino, non appena comincerà a produrre dei risultati positivi.
Sembra proprio che i tempi della politica e dell’economia, che facendo capo a scelte umane sono modificabili, non riescano a sincronizzarsi con la realtà dei fenomeni fisici che si svolgono sul nostro pianeta, e che viaggiano a velocità molto elevate verso la catastrofe climatica irreversibile.
Non ci resta che sperare in una svolta responsabile dell’atteggiamento politico durante gli incontri (COP 23) in corso in questi giorni a Bonn.

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