Enel e Fondazione Symbola: lo sviluppo è nell’economia circolare

Se la peggiore campagna elettorale degli ultimi anni ha ignorato l’ambiente, per fortuna c’è chi va controcorrente. Enel e Fondazione Symbola hanno presentato cento esempi di economia circolare nello studio 100 Italian Circular Economy Stories. Si tratta di imprese, centri di ricerca, università e non profit che operano in vari settori: abbigliamento e accessori, agroalimentare, arredo ed edilizia, automazione e altre industrie manifatturiere, cartario, chimica e farmaceutica, design e ricerca, elettronica, fabbrica di risorse e materiali, abilitatori e piattaforme, promozione e divulgazione.

L’economia circolare rappresenta il necessario «cambio di paradigma rispetto all’attuale modello lineare di produzione e consumo»: un modello di sviluppo che sta portando al «superamento dei limiti naturali di rigenerazione del pianeta» con effetti allarmanti in termini di cambiamenti climatici, inquinamento, consumo di suolo, perdita di biodiversità.

Cambiare passo richiede la collaborazione di tutti: cittadini, istituzioni, imprese, associazioni. Cosa succede in Italia? I dati di Eurostat certificano che tra i grandi paesi europei l’Italia è quello che impiega nel sistema produttivo la maggiore quota di materia circolare (la cosiddetta materia prima seconda). Pochi sanno che il recupero e il riuso dei materiali fanno «risparmiare energia primaria per oltre 17 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio l’anno, ed emissioni per circa 60 milioni di tonnellate di CO2». Probabilmente la nostra “bravura” nel recupero è dovuta alla povertà di risorse: costretti a fare di necessità virtù, siamo diventati i primi della classe in green economy ed economia circolare.

«Chi dice che è impossibile non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo» recita la frase di Albert Einstein nella prefazione al volume: il percorso può essere disseminato di ostacoli, ma vale la pena crederci e provare. Infatti chi ritiene che investire in economia verde sia una remissione si sbaglia di grosso: le aziende green innovano di più, creano un maggior numero di posti di lavoro ed esportano di più. Alcune aziende hanno la sensibilità ambientale nel DNA, ma non basta: come si può allargare questa sensibilità? Il primo passo, suggerisce Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, è abbandonare la pigrizia e abbracciare la curiosità verso l’Italia che innova. Non possiamo ragionare come se fossimo ancora negli anni Cinquanta: oggi più ricicli, più sei economicamente competitivo. Il nuovo modello di sviluppo non è più lineare, ma fatto di filiere intrecciate: gli scarti di un’impresa diventano la materia prima di un’altra. Alziamo quindi l’asticella della circolarità non solo in Italia, ma anche negli altri paesi e, anziché proteggere aziende deboli rafforziamo quelle già forti.

Cosa significa, in concreto, la maggiore efficienza di queste aziende? Minori costi produttivi, minore dipendenza dall’estero per le risorse, maggiore competitività e innovazione caratterizzano un sistema strettamente connesso con le tecnologie dell’industria 4.0: perché lo sviluppo non si misura più dal numero di ciminiere, ma dalla capacità di innovazione. Perché, allora, non dire a voce alta che abbiamo i numeri per essere trainanti a livello internazionale?

Racconta Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel, che inizialmente si temeva di non riuscire a trovare cento esempi virtuosi, invece ne sono emersi tre volte tanti e si è dovuta fare addirittura una selezione. Queste storie rappresentano «un Made in Italy fatto di bellezza e qualità, ma anche di innovazione e sostenibilità»: un binomio su cui insiste molto anche Fondazione Symbola, per sottolineare che c’è un’Italia che sa guardare al futuro, che riesce a coniugare business e sostenibiltà, che ha scelto coraggiosamente di rimanere in un paese dove si inventano ogni giorno nuovi lacci burocratici per frenare gli imprenditori. In questo Made in Italy che cerca di allinearsi agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu c’è l’«Italia che fa Italia», come leggiamo nei rapporti di Fondazione Symbola.

Anche Enel, e non da oggi, sta percorrendo una strada green. Dismette le vecchie centrali per riconvertirle e rende circolare l’attività di cantiere. Il concetto di circolarità è presente nelle gare per selezionare i fornitori e nell’alleanza con altre aziende: l’obiettivo è spingere questo valore economico tangibile e stimolare l’innovazione attraverso un utilizzo migliore delle risorse che si traduce in minori costi e minore spreco.

Le 100 Italian Circular Economy Stories sono tutte di grandissimo interesse, ma per ragioni di spazio ne cito una per tutte: un brand del lusso famoso nel mondo come Salvatore Ferragamo ha realizzato insieme ad Orange Fiber una capsule collection con tessuti derivati dagli scarti di lavorazione degli agrumi. Non voglio anticipare altro: dovete assolutamente leggere queste storie che dimostrano l’inesauribile creatività italiana, l’ideazione di valori condivisi per la società che vanno oltre il business, un diverso approccio alla competitività e all’innovazione.

Da appassionata di cucina e di alimentazione però vorrei concludere con l’Osteria Francescana di Massimo Bottura, uno dei 50 chef migliori del mondo che combatte lo spreco alimentare e aiuta le persone meno fortunate attraverso due sue “creazioni”, il Refettorio Ambrosiano e la onlus Food for Soul: perché «non abbiamo bisogno di produrre di più, ma dobbiamo agire diversamente».
100 circular economiy stories

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