Le specie aliene alterano i “sapori del mare”

Molti amici pescatori in questi ultimi anni si sono sempre più speso lamentati di aver catturato “saraghi immangiabili” o addirittura che “esplodevano” durante la cottura. In rete ci sono molti forum (provate a digitare “saraghi immangiabili” o “sarago di gomma”) che sottolineano lo strano fenomeno ed ipotizzano svariate cause per dare un senso a queste anomalie organolettiche. I risultati di un recente lavoro scientifico suggeriscono come la presenza di “specie aliene” nel nostro mare potrebbe essere una delle cause del cambiamento negativo della qualità delle carni dei “saraghi indigesti”.

Ma chi sono questi invasori che colonizzano il nostro mare?

Le specie aliene marine possono diventare un serio problema ecologico ed economico (Illustrazione di Franco Gambale)

Il processo di globalizzazione che caratterizza il nostro tempo, causa cambiamenti inaspettati anche per gli abitanti del “pianeta blu” e oggi le barriere e i limiti tra i mari e gli oceani stanno diventando sempre più valicabili e gli organismi marini ne stanno approfittando per mettere in atto una “invasione silenziosa” di nuovi territori provocando una frammentazione degli ambienti con effetti e conseguenze assolutamente imprevedibili.

Il fenomeno della “bioinvasione”, che consiste nel trasferimento di organismi, attraverso un’azione diretta (intenzionale o accidentale) dell’uomo, in località distanti migliaia di chilometri dal loro habitat naturale originario, rappresenta un considerevole fattore di rischio per la diversità biologica del pianeta e per la salute e l’economia della nostra specie. Il traffico marittimo internazionale, che rappresenta oltre il 90% del trasporto di tutti i beni che viaggiano tra un paese e l’altro, è considerato uno dei principali vettori di trasporto degli organismi marini bioinvasori. Le acque di zavorra delle navi, che assicurano una costante stabilità della nave durante i diversi periodi di navigazione a differenti regimi di carico, vengono caricate dai mari di partenza e poi scaricate nei porti di arrivo. Enormi quantitativi di acqua e le diverse specie in essa contenute vengono così trasferiti in pochissimo tempo da una parte all’altra del pianeta. Quando queste specie raggiungono il nuovo ambiente, riescono a sopravvivere, riprodursi e insediarsi definitivamente entrando in competizione con le popolazioni residenti vengono definite “specie aliene”.

Esse rappresentano non solo una novità dal punto di vista biologico ma una vera e propria minaccia ambientale quando diventano invasive, causando gravi danni agli ecosistemi, turbandone gli equilibri, con effetti indiretti sulle attività antropiche e sulla salute umana in grado di generare conseguenze negative anche dal punto di vista economico. Le specie che hanno un tale impatto ambientale sono note come “specie aliene invasive”. Si stima che le perdite economiche globali attribuite alla diffusione di specie aliene invasive possa superare in Europa diverse decine di miliardi di euro l’anno.

Il numero totale degli “alieni” presenti in Italia è relativamente alto: due specie alloctone ogni 100 chilometri di costa (per un totale di 165 fino ad ora censite). Il dato è rappresentativo se si considera che in tutto il Mediterraneo sono state individuate circa 750 specie aliene.

Il mondo scientifico ha iniziato da poco a studiare i meccanismi con i quali alcune specie riescano a modificare la struttura degli habitat e gli schemi distributivi degli organismi dell’ecosistema che invadono. Le specie aliene vegetali, come l’alga di origine tropicale Caulerpa racemosa, che hanno recentemente invaso il Mar Mediterraneo sembrano avere un impatto maggiore di quanto si pensasse sulle abitudini alimentari di alcune importanti specie ittiche di pregio.

L’alga di origine tropicale (Caulerpa racemosa) che ha invaso i nostri fondali (Foto di Marco Faimali – AMP di Portofino)

Uno studio multidisciplinare di un gruppo di ricercatori italiani appartenenti a diversi Enti, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica PlosOne ha messo in luce l’importanza dell’interazione tra queste alghe invasive e la specie endemica del sarago maggiore (Diplodus sargus) scoprendo che questo pesce ha letteralmente modificato la sua dieta da quando trova questa “prelibatezza tropicale” nei fondali dove solitamente si nutre. Questa specie aliena è diventata uno dei principali alimenti di questa importante specie di pesce. Il sarago nutrendosi di Caulerpa racemosa accumula l’alcaloide caulerpina (una tossina contenuta in queste alghe “killer” che viene liberata quando ne viene recisa una parte) in molti dei suoi tessuti alterandone la qualità.

Fortunatamente non ci sono problemi di intossicazione per l’uomo ma l’alterazione delle abitudini alimentari influenzano le proprietà organolettiche e la qualità di questa risorsa ittica. Il valore nutrizionale, il gusto e il sapore del filetto del pesce infatti, dipendono sia dalla quantità di grassi e dalla composizione degli acidi grassi che dagli aminoacidi del muscolo che sono tutti fortemente influenzati dalla dieta.

Il fatto che le specie invasive siano in grado di modificare le abitudini alimentari di alcuni pesci potrebbe essere quindi la spiegazione delle recenti frustrazioni di molti amici pescatori.

Rimane comunque evidente il fatto che questa alga ha un carattere invasivo e per dimostrarlo propongo un video girato ieri pomeriggio insieme a Roberto Bacigalupi del B&B diving di Camogli durante un immersione nell’Area Marina Protetta di Portofino dove è impossibile non accorgersi della distesa di Caulerpa racemosa che ricopre quasi totalmente il fondale (vedi video).

12 thoughts on “Le specie aliene alterano i “sapori del mare”

  1. Spaventoso! Nessuno ci pensa, o ben pochi rispetto i milioni di persone che popolano il pianeta, ma l’uomo lo sta distruggendo, solo per il “potere del denaro” per il proprio benessere. Non capendo l’importanza e la priorita’ della salute del pianeta stesso dalla quale Noi dipendiamo, dalla natura, all’economia. Spesso sono disgustata e non so che futuro possiamo dare ai nostri figli. Mi torna alla mente un detto piacentino, che tradotto in italiano dice; – Era meglio quando andava peggio!!!… Cordiali saluti Giorgia

    • Cara Giorgia da Piacentino conosco molto bene quel detto! Il tuo commento è sacrosanto …..l’uomo non riconosce e rispetta il luogo dove vive (etimologia di ecologia). Credo però che rispetto al passato, anche se ora la pressione degli abitanti del pianeta è aumentata in modo quasi insostenibile, sia parallelamente aumentata e maturata anche la consapevolezza e cultura ecologica.Questo quotidiano ne è un esempio. Quindi dobbiamo essere forti e consapevoli che ai nostri figli poteva anche andare peggio! Mi fai venire in mente un altro detto piacentino…..”piuttosto che niente e meglio piuttosto”. Continuiamo a far crescere la cultura ecologica…..anche con questi semplici mezzi di comunicazione.A presto MF

    • Grazie Eleonora…mi piacerebbe comunque avere da te anche dei commenti propositivi..oppure…. delle domande …. dei suggerimenti. Il blog ha lo scopo di stimolare discussioni e scambi….quindi sentiti libera di “dire e chiedere” in futuro. A presto.

  2. beh.non può essere quello che evviene in mare da quanto può avvenire in terra o in acque dolci ,se un terreno che per anni ha avuto una sua composizione minerale e chimica e ha dato alimento a un certo tipo di coltivazioni atte a quel terreno ,se questo viene ammendato e imbastardito con apporti di terreno differente sicuramente il coltivato cambierà come minimo sapore ,quantità ,e qualità o addirittura si dovrano mutare le semine ,qualsiasi mutamento fatto indiscriminatamente dall’uomo sul pianeta sconvolge equilibri fisico-chimici in naturale presenza da millenni e non possiamo sapere dove ogni mutamento ci può potrtare ,faccio un esempio se devio una retta di un centesimo di grado per i primi metri e forse anche Km,non noto molta differenza ma se prendomle misure dopo cento km mi accorgo di essere molto spostato ,quindi certe situazioni di mutazione è possibile che vengano riscontrate magari tra 10 o 20 anni quando sarà tuttommolto più compromesso.

    • Assolutamente vero Duccio. Ma tu stai ragionando come specie non come individuo. La maggior parte di noi non vuole ammettere di essere solo un momento della lunga storia della nostra specie e considera importante solo quello che è in grado di vivere “on-line” dimenticandosi che quello che vive è il risultato delle azioni del passato e vivendo influenzerà il futuro della sua specie. Se il percorso è quello comune di tutti gli individui allora, come suggerisci tu, dovremmo tenere conto ogni giorno della deviazione dalla retta. A presto

  3. Sensibilizzare il consumatore è il primo passo per attirare l’attenzione su di un mondo invisibile a molti ma che offre risorse a cui ci affidiamo quotidianamente.
    E poi ci sono i pescatori che, soprattutto quellI piccolo-costiero, dal loro rapporto quotidiano col mare raccolgono informazioni preziose e agiscono come sentinelle dei cambiamenti del mondo marino.
    Sono ricchezze, quelle marine e quelle umane, che vanno tutelate.
    Infine, sarebbe interessate sapere di più sulle possibili tecniche per ridurre queste minaccie.

    • Ilaria hai colto nel segno lo spirito di questo blog. Noi tutti siamo i “consumatori” di questo mondo spesso ignorato (il mare) ma assolutamente fondamentale per la nostra sopravvivenza come specie (vedi post “Il mondo è blu”). La seconda parte del tuo commento mi ha stimolato a proporre a breve qualcosa sulla pesca ecosostenibile.
      Sono profondamente daccordo sul fatto che le ricchezze ambientali e le tradizioni ad essa associate come la piccola pesca costiera debbano essere tutelate. Per conoscere le strategie e le tecnologie per ridurre la minaccia dell’inquinamento biologico (specie aliene) puoi vedere, come esempio, l’articolo citato (come link) nel post.
      Grazie per gli stimoli e a presto.

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