Diritti passeggeri nel trasporto su autobus: varato il regolamento della UE

Il regolamento, entrato in vigore il primo marzo, stabilisce i diritti fondamentali dei viaggiatori e impone una serie di obblighi alle società di trasporto e ai gestori delle stazioni definendone le responsabilità nei confronti dei passeggeri, che ogni anno sono circa 70 milioni.
L’Italia è tra i paesi europei con la flotta più numerosa: nel 2009 circolavano nel nostro paese quasi 100 000 tra bus e pullman, per un fatturato complessivo pari a circa 2,5 miliardi di EUR. Il Vicepresidente della Commissione europea Siim Kallas, responsabile per i Trasporti, ha dichiarato: “Abbiamo mantenuto le promesse fatte e, grazie a questo regolamento, i diritti dei passeggeri nell’UE si estendono ormai anche a chi viaggia in autobus. L’UE è ora la prima regione del mondo che dispone di un complesso di diritti dei passeggeri per tutti i modi di trasporto.”

Il regolamento sui diritti dei passeggeri che viaggiano in autobus stabilisce diritti analoghi a quelli di cui beneficiano i passeggeri del trasporto aereo, ferroviario e marittimo. I nuovi diritti prevedono:
▪ la non discriminazione basata sulla cittadinanza riguardo alle tariffe e ad altre condizioni contrattuali;
▪ il trattamento non discriminatorio per le persone disabili o a mobilità ridotta (assistenza gratuita nelle stazioni di autobus designate e a bordo degli autobus, nonché compensazione pecuniaria per la perdita o il danneggiamento delle loro attrezzature per la mobilità);
▪ informazioni adeguate e accessibili per tutti i passeggeri prima e durante il viaggio nonché informazioni a carattere generale sui loro diritti nelle stazioni e su internet;
▪ il rimborso del prezzo del biglietto o il reinstradamento in caso di overbooking, cancellazione o ritardo superiore a due ore rispetto all’ora di partenza prevista (applicabile solo per distanze superiori a 250 km);
▪ il rimborso del 50% del prezzo del biglietto oltre al rimborso del prezzo pieno del biglietto in caso di overbooking, cancellazione o ritardo superiore a due ore rispetto all’ora di partenza prevista, qualora la società di trasporti non consenta al passeggero di scegliere tra rimborso e reinstradamento (applicabile solo per distanze superiori a 250 km);
▪ un’adeguata assistenza (spuntini, pasti, bevande e, se necessario, alloggio) in caso di cancellazione o ritardo superiore a 90 minuti per i viaggi di durata superiore alle tre ore (applicabile solo per distanze superiori ai 250 km);
▪ il risarcimento in caso di decesso o lesioni del passeggero o perdita o danneggiamento del bagaglio in seguito a incidenti stradali;
▪ un sistema per la gestione dei reclami istituito dalle società di trasporti e a disposizione di tutti i passeggeri;
▪ l’istituzione in ogni Stato membro di organismi nazionali indipendenti incaricati di garantire l’applicazione del regolamento e, se del caso, di imporre sanzioni.

Prima che la Commissione europea decidesse di presentare, cinque anni fa, una proposta sui diritti dei passeggeri che viaggiano in autobus non esisteva né un accordo internazionale applicabile nella maggior parte degli Stati membri né una normativa UE che definisse diritti generali per questo modo di trasporto. Per conoscere nel dettaglio i propri diritti di passeggero quando si viaggia nell’UE è possibile consultare il sito della Commissione I diritti dei passeggeri a portata di mano.
I viaggiatori dispongono oggi anche di una comoda applicazione per smartphone, disponibile per tutte le piattaforme, che presto sarà aggiornata con i diritti dei passeggeri del trasporto con autobus o per vie navigabili.
Nell’autunno del 2013 la Commissione europea organizzerà la prima riunione con le autorità nazionali per coordinare l’effettiva attuazione della normativa sui diritti dei passeggeri nel trasporto con autobus.

Rivoluzione elettrica: 30 minuti per la ricarica e 200 km di autonomia

La colonnina di ricarica di Enel fast charge a 43 kW in corrente alternata, che consente di fare il pieno in 30 minuti, e la nuova ZOE elettrica di Renault ,che ha 210 km di autonomia, sono state presentate ieri a Roma da Livio Gallo, direttore divisione infrastrutture e reti Enel e da Jacques Bousquet, Presidente di Renault Italia,
La mobilità elettrica esce quindi dal tessuto urbano: ora è possibile viaggiare anche sulla lunga percorrenza perché il pieno di energia si può fare in 30 minuti e perché l’autonomia della nuova macchina Renault arriva ai 200 km.
Una rivoluzione che “mette le ali” alla mobilità elettrica perché in ogni caso una cosa è certa, “l’unione tra elettricità e innovazione tecnologica – come spiegano Enel e Renault- applicata alla mobilità consentirà un fondamentale vantaggio ambientale grazie all’azzeramento di tutte le emissioni (anidride carbonica, benzene, anidride solforosa, ossidi di azoto e particolato) nelle città e nei luoghi di utilizzo dei veicoli elettrici”.
La collaborazione tra Enel e Renault, che è cominciata 3 anni fa, ha appunto come obiettivo quello di far diventare la mobilità elettrica un sogno possibile per le nostre città e anche per gli spostamenti più lunghi: dopo la Box station che ricarica a 3kW nel garage di casa e dopo la Pole Station (22 kW) che è la colonnina di ricarica installata in luoghi pubblici e in punti strategici concordati con la pubblica amministrazione, la fast charge rappresenta un ulteriore passo, potremmo dire, estremamente significativo, per uscire dalla nicchia di mercato e per trasformare la mobilità elettrica in una reale possibilità alla portata di tutti.
La nuova ZOE infatti, oltre ad avere un design accattivante e ad essere tecnologicamente avanzata, costa 21.650 euro più 79 euro al mese per noleggio batterie e assistenza completa, costo che con gli incentivi messi in campo dal governo si abbassa fino a 17.330 euro (il sito per gli incentivi: www.bec.mise.gov.it).
Vediamo qualche numero recente relativo al mercato:
16.200 auto elettriche vendute nel 2012 in Europa
3600 auto elettriche vendute in Italia di cui 250 furgoni elettrici Renault Kangoo e 1600 Twizy (quadriciclo elettrico).
In Europa nel 2012 sono state vendute 9000 twizy complessivamente e la Germania guida la classifica degli acquisti nonostante un clima non particolarmente adatto alla tipologia di auto.
Mobilità elettrica significa anche tanta tecnologia intelligente: con una sola card posso ricaricare su qualunque colonnina, la quale è collegata al sistema centrale di gestione da remoto, il quale a sua volta garantisce al cliente la possibilità di utilizzare lo stesso contratto anche per la ricarica veloce. Tutto molto semplice e veloce.
La ZOE è un concentrato di innovazioni tecnologiche a bordo dove troviamo il Range OptimiZEr per l’ottimizzazione dei consumi energetici e per recuperare fino al 25% di autonomia e un connettore a bordo “auto Chameleon” per ricaricarsi con qualunque livello di potenza, da 3 kW in 9 ore fino a 43 kW in soli 30 minuti. Ma anche un tablet touch screen multimediale R-Link per fare di tutto, e i Servizi MY Z. E. CONNECT per comunicare a distanza sul proprio veicolo e per consultare in remoto le informazioni relative alla ricarica o intervenire a distanza sul proprio veicolo per attivare, fermare o programmare la ricarica o programmare il pre-condizionamento dell’abitacolo.
Renault è inoltre impegnata in un progetto europeo che punta a dare una SECOND LIFE alle batterie utilizzate a bordo auto. Una volta che non saranno più utili per la mobilità verranno impiegate come sistema di immagazzinamento di energia che potrà poi essere immessa nella rete.

L’auto prodotto obsoleto. A meno che non sia a basso impatto. Parola del Ministro Clini

Qualche giorno fa il Ministro Clini durante un convegno su trasporti verdi e sviluppo compatibile ha dichiarato:
“Siamo di fronte a un superamento dell’età dell’auto. E’ improprio parlare di crisi del settore. E’ un prodotto progressivamente obsoleto. Una transizione verso una mobilità a basse emissioni di carbonio, gestita con intelligenza può rappresentare un miglioramento ambientale e delle condizioni di vita dei cittadini, e un’opportunità strategica per l’economia italiana.”
“….Difficile che in Europa ci sia un mercato auto per coprire ‘distanze di 400-500 km”, continua Clini, per il quale era una cosa possibile per questo tipo di spostamento ”40 anni fa”, ma ”oggi e’ molto raro”. Le auto, prosegue il ragionamento del Ministro, vanno bene ”soprattutto per piccole e medie distanze: le auto elettriche e anche quelle ibride sono tarate su medie distanze; su questo Fiat ha uno dei progetti piu’ interessanti in Europa”. Inoltre, ”la discussione si sta spostando non solo sulle caratteristiche tecnologiche delle auto ma anche sui materiali”.(Fonte ANSA)
Eccoci qua. Parola di Ministro. La dichiarazione è quasi passata sotto silenzio dai giornali. Tranne il Fatto Quotidiano e qualche riga su corriere motori.
Parliamo dello stesso Ministro Clini, ex-direttore del ministero, che l’8 ottobre del 2012 dichiarava che avrebbe volentieri aperto un tavolo con la FIAT su un piano di auto elettriche e ibride sul modello tedesco di una nota marca automobilistica. Nello stesso intervento il Ministro aveva anche “preso atto che ci sono delle case automobilistiche europee che hanno valori positivi pur in una situazione di crisi grave” per il settore automobilistico, “soprattutto grazie agli investimenti fatti nel settore delle auto elettriche e della trazione ibrida. Credo che questo sia un segnale che debba essere colto anche da Fiat”.
A questo punto nasce spontanea la domanda: qual è il piano della FIAT così interessante da essere citato?
Per ora non saprei dirvelo. Ho pensato di essermi persa qualcosa e sono andata a controllare in internet: le uniche notizie che escono quando inserisci su google “fiat auto elettriche-ibride” sono relative alla notizia del Ministro che si rende disponibile per un piano di elettriche e ibride qualora la FIAT lo presentasse. Non ho lo scoop e mi dispiace, ma forse qualcosa bolle in pentola e anche la casa italiana sta meditando di gettarsi nella mischia della sostenibilità?
Comunque la si voglia vedere, io lo interpreto come un segnale positivo che si inserisce nella linea già avviata grazie agli incentivi per le auto a basse emissioni ambientali. Il sito del Ministero dedicato agli incentivi statali è stato presentato qualche giorno fa e lo trovate a questo indirizzo: www.bec.mise.gov.it.
E’ fatto molto bene, facile da utilizzare e chiaro, e i rivenditori si possono iscrivere on line.

Cari politici, c’è bisogno di “trasporto”

In questo caso non mi riferisco al “trasporto” come uno stato d’animo, ma piuttosto ai mezzi di trasporto e alla qualità della nostra vita nell’utilizzo degli stessi.
Argomento sul quale nessuno dei politici “sta sprecando fiato” o parole; un po’ di vuoto generale, lo definirei, e quindi forse è necessario ricordare loro qualche dettaglio, soprattutto relativo al rapporto che i trasporti hanno nella vita di noi poveri mortali senza autista o auto blu.
Cari politici, di destra, di sinistra di centro, di qualunque zona o area, volete qualche numero per convincervi ad occuparvi di trasporti?
Eccoli, chiari e rotondi come solo i numeri sanno essere:
o 73% degli appalti pubblici è in ritardo
o -33,8% tra il 2009 e il 2011 di risorse destinate dallo stato per le infrastrutture
o 331 opere contestate nel 2011 (+169 dal 2010)
o La congestione in Italia costa il doppio della media europea
o 4000 decessi all’anno e 300.000 feriti per incidenti
o -20% di accessibilità negli ultimi 10 anni
o +20/35% della media di percorrenza
o – 893 milioni di Euro dal 2010 al 2012 per il settore Trasporto Pubblico Locale (http://www.ilvelino.it/it/article/bus-napoli-asstra-taglio-al-tpl-problema-nazionale/4c7f694b-7110-4ef2-b9bb-9ee6711fc325)
La fonte è più che autorevole, perché si tratta del rapporto Smart Mobility, realizzato da The European House Ambrosetti per Finmeccanica.
Dove si legge anche che entro il 2030 in Italia ci sarà aumento del 50% della domanda di mobilità, in una situazione già fortemente compromessa perché i megatrend del XXI° secolo impattano sulla mobilità, cioè:
Urbanizzazione
Nuova longevità
Transnazionalismo (il 54% del PIL mondiale entro il 2030 sarà prodotto da esportazioni)
Nuovi assi di potere economico e politico (paesi emergenti)
Accelerazione della vita tecnologica sociale e produttiva

Che fare allora? Puntare sull’innovazione tecnologica come possibilità di sviluppo nel settore della smart mobility, o mobilità nuova, e della wise city.

L’innovazione dei modelli di smart mobility può portare a:

• Recupero di diseconomie e inefficienze
• Recupero del tempo utile
• Sviluppo di filiere industriali e loro impatti diretti
La somma di questi tre punti porta a un aumento di 5 punti del PIL all’anno (80 miliardi di euro), sempre secondo la ricerca Ambrosetti.
Direi che la faccenda non è disprezzabile, politicamente e economicamente perché oggi la mobilità sta diventando una commodity.
La transizione verso una mobilità nuova può avvenire solo attraverso le TECNOLOGIE.
Detto in altre parole, cari politici,:
– Vorrei avere le stazioni di car sharing sotto casa, lasciando libero ingresso agli operatori privati in tutte le nostre città (cosa che fa impennare la domanda e abbassa i prezzi)
– Vorrei avere le stazioni di bike sharing sotto casa in tutte le città italiane e servono investimenti pubblici
– Vorrei avere a tutte le fermate le pensiline intelligenti che mi aggiornano sul tempo di attesa e forniscono info sullo stato della linea
– vorrei avere le APP sul mio smart phone per tutti i sistemi di trasporto in maniera integrata
– vorrei UN BIGLIETTO UNICO DI VIAGGIO per utilizzare tutti i mezzi (bus/treni/car sharing/bike sharing etc etc) in tutte le regioni, (trovate per favore uno standard e mettetevi d’accordo una volta per tutte sul clearing, le tecnologie ci sono da anni)
– vorrei piste ciclabili e zone a 30 km/h nel centro storico
– vorrei più “oggetti intelligenti sulla strada”, cioè vorrei che si diffondesse l’internet delle cose
– vorrei poter lasciare a casa l’auto (visto che non me la posso neanche più permettere) perché il trasporto pubblico mi porta ovunque voglia andare
– vorrei investimenti sulla mobilità elettrica e sulle infrastrutture di ricarica (come accade da anni in tutti i paesi europei, siamo già molto in ritardo, e l’ultimo decreto in materia non è sufficientemente coraggioso)
– vorrei una politica corretta per i pendolari e molta attenzione alle loro esigenze
– vorrei che non ci fossero più tagli al settore, ma ci fossero finanziamenti, perché è uno dei principali motivi per cui pago le tasse insieme alla sanità
– vorrei che la politica si occupasse del tema in quanto prioritario.

 

Parcheggi Gratis? No, grazie. Da Reggio Emilia alla UCLA

L’intervento di ieri (31 gennaio 2013) dell’assessore alla mobilità Paolo Gandolfi (Comune di Reggio Emilia) in merito allo stop ai parcheggi gratuiti ha scatenato risse e riflessioni svariate, nonché parecchi articoli di giornale.
Riportiamo di seguito la parte centrale del suo discorso: “Il traffico automobilistico è al tempo stesso un fattore vitale e letale per le città. La sosta è parte integrante del problema del traffico e in quanto tale impone delle scelte. Garantire a tutti i cittadini la sosta gratuita è impossibile, ma è anche e soprattutto sbagliato, ecco perché. La sosta gratuita è una delle più colossali truffe nei confronti dei cittadini e degli automobilisti stessi. Incentiva l’uso dell’auto e rende più difficile trovare posto. Per questo, mentre noi ci accapigliamo per gli stalli blu, in altri Paesi hanno già cominciato a eliminare i parcheggi. Senza arrivare a questi estremi, il pagamento della sosta è uno dei principali sistemi per disincentivare l’uso dell’auto e favorire la mobilità alternativa e sostenibile.”

Capisco le perplessità dei cittadini di Reggio Emilia ma non posso evitare di sostenere l’approccio dell’assessore, il cui discorso sembra riprendere quello del più famoso esperto di parcheggi al mondo.

Si tratta del professor Donald Shoup, massimo esperto mondiale di politiche della sosta, che insegna alla UCLA – University of California, Los Angeles – considerato il profeta della pianificazione urbana, con 466.000 pagine su Google a lui dedicate. Il Professor Shoup è stato uno dei relatori chiave al Congresso EPA che si è svolto a Torino dal 14 al 16 Settembre 2011 e in questa occasione ho avuto la fortuna e l’onore di incontrarlo e di poter chiacchierare con lui. 

La sua presenza in Italia è stata un vero e proprio evento, frutto dell’attività del Comitato Organizzatore di Airpark, Associazione Italiana tra gli Operatori nel Settore della Sosta e dei Parcheggi. Per chi si occupa di mobilità, è stata un’occasione unica per ascoltare dal vivo l’autore di The High Cost of Free Parking (L’elevato costo della sosta gratuita, 733 pagine interamente dedicate al tema), le cui teorie hanno fornito un utile contributo alle politiche della mobilità in molte città americane.
Il guru dei parcheggi ha studiato in maniera approfondita il rapporto che esiste tra mezzi di trasporto e utilizzo del suolo pubblico relativamente alle ricadute sull’economia e sulla qualità dell’aria nelle città.
Secondo Donald Shoup, la sosta gratuita è alla radice di molti dei mali delle nostre città. Nel suo testo principale, ha affrontato il tema del parcheggio come elemento chiave della mobilità urbana, sostenendo che la politica della sosta gratuita ha ricadute molto negative sulla città: svaluta il design urbano, contribuisce al degrado dell’ambiente e danneggia l’economia. Laddove i parcheggi su strada sono troppo cari, sostiene Donald Shoup, si generano troppi posti vuoti. Se al contrario sono gratuiti non si trova mai posto libero, si produce traffico e inquinamento, si spreca tempo ed energia, non si è incoraggiati a camminare, a usare la bicicletta e i mezzi pubblici e si ottiene anche una lievitazione dei prezzi di quello che consumiamo. Qual è dunque secondo Donald Shoup la regola aurea del parcheggio? Consiste nell’applicare una tariffa ottimale che generi un tasso di occupazione pari a circa l’85% dei parcheggi disponibili. In questo modo l’automobilista trova sempre qualche posto libero in ogni isolato e gli utili generati dalla sosta su strada possono essere investiti per finanziare servizi pubblici aggiuntivi. E soprattutto in questo modo si evita, secondo Shoup, il fenomeno “cruising for parking” ovvero la perdita di tempo e di carburante che si ha vagando intorno allo stesso isolato alla ricerca del parcheggio “perduto”.
Sempre seguendo quello che sostiene il professore della UCLA, i soldi guadagnati dagli introiti da parcheggio dovrebbero essere utilizzati al meglio sul territorio, ovvero nel quartiere stesso dove vengono incassati, per ripulire i muri, per installare hot spot per il wi-fi, per tenere aperte biblioteche e per migliorare la qualità della vita, rendendo un servizio immediatamente visibile per la cittadinanza.
Occorre, quindi, meditare prima di scagliarsi in facili recriminazioni su un argomento complesso, ma con grandi potenzialità per avere città migliori.

Colonia libera dal traffico: esempio reale di smart mobility. E in Italia??

La città di Colonia in Germania ha annunciato il completamento di un progetto pilota dedicato allo smarter traffic, per predire e gestire il flusso del traffico e la congestione stradale in città, realizzato insieme a IBM. Il progetto pilota dimostra la capacità di Colonia di prevedere, gestire meglio e, in molti casi, evitare gli ingorghi del traffico e di individuare i punti problematici in tutta l’area urbana utilizzando la tecnologia di business analytics.
Gli ingegneri del Comune, che si occupano del traffico cittadino, e IBM sono riusciti a prevedere il volume e il flusso dei veicoli con un’accuratezza di oltre il 90% con un anticipo fino a 30 minuti. Grazie a ciò, i viaggiatori potrebbero migliorare la pianificazione e stabilire se uscire in un diverso orario, scegliere un percorso alternativo o utilizzare una diversa modalità di trasporto.
“I risultati del progetto pilota di previsione del traffico sono molto incoraggianti”, ha spiegato Thomas Weil, Direttore dell’Ufficio di controllo del traffico di Colonia. “Avere la possibilità di generare elementi di conoscenza immediatamente utilizzabili dai dati di monitoraggio del traffico ci consente di gestire meglio gli ingorghi e fornire ai cittadini informazioni più precise. Il nostro Centro di comando del traffico potrebbe ottimizzare il flusso in corso, oltre a prevedere e pianificare gli interventi per i potenziali incidenti”.
Colonia, quarta città della Germania con una popolazione di poco più di un milione di abitanti, è un centro di distribuzione importante, hub per le fiere di settore nonché centro culturale, con molti musei e gallerie. L’aumento della densità e della congestione del traffico ha spinto la città di Colonia a cercare modi nuovi per gestire meglio e ottimizzare il flusso dei veicoli e aumentare la capacità della sua rete di trasporti, pur nei limiti della sua infrastruttura.
Quanto andiamo ripetendo da tempo sulle pagine di questo blog è che le tecnologie oggi sono disponibili per cominciare a realizzare una “nuova mobilità”, così come ci sono le informazioni di base abilitanti, come abbiamo visto per la città di Colonia che punta all’innovazione per migliorare la vita dei suoi cittadini.
Occorre quindi un nuovo paradigma per la mobilità del XXI° secolo. Questa transizione è inevitabile. La mobilità “intelligente” o mobilità nuova è un modo nuovo di concepire e organizzare la mobilità, con importanti implicazioni sociali e culturali per:
– rispondere ai nuovi bisogni soddisfacendo le mutanti esigenze di trasporto di persone e merci in maniera efficace, efficiente, sicura e sostenibile (oggi nel nostro paese domanda e offerta nel settore trasporti non coincidono più e l’offerta non è adeguata alla domanda);
– ottimizzare l’uso e lo sviluppo delle risorse economiche, umane e ambientali liberando tempo e aumentando la qualità della vita.
L’innovazione dei modelli di smart mobility può portare quindi a:
• Recupero di diseconomie e inefficienze
• Recupero del tempo utile
• Sviluppo di filiere industriali e loro impatti diretti
La somma di questi tre punti porta a un aumento di 5 punti del PIL all’anno (80 miliardi di euro).
Per l’Italia una mobilità “intelligente” è una esigenza prioritaria ed urgente perché:
• Le diseconomie e le esternalità negative valgono oltre 100 miliardi di Euro l’anno.
• Il trasporto incide per il 20% del PIL nazionale
• L’Italia è al 4° posto in Europa per mortalità e al 3° per incidentalità stradale (4.090 decessi e circa 300mila feriti).
Le tecnologie necessarie per questo passaggio “evolutivo” sono disponibili. E sono:
– Tecnologie per l’informazione, la sicurezza, il comfort e la salute (controllo del traffico/segnaletica/semafori, sistemi di pedaggio elettronico, “pay as you drive”, informazioni in tempo reale, chiamate di emergenza, identità elettronica, veicoli,…).
– Tecnologie per la cooperazione veicolo-veicolo e veicolo-infrastruttura, per comunicare con sensori sulle strade, semafori e altri veicoli.
– Tecnologie per combustibili e sistemi di propulsione a ridotto impatto ambientale (motori elettrici, ibridi, a celle combustibili, biofuel, …).
(si veda l’importante studio Smart Mobility realizzato da The European House Ambrosetti per Finmeccanica a questo link http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Documenti/Notizie/2012/09/smartmobility%20.pdf?uuid=712c3e1c-f98f-11e1-be2d-a33690674bee)
Ci troviamo quindi di fronte a una esigenza prioritaria ed urgente per il nostro paese e il silenzio dei nostri politici impegnati in campagna elettorale, di qualunque partito o formazione essi siano, sull’argomento è quanto meno assordante!

La mobilità sostenibile su twitter

Ieri, il mio caro amico Pinz durante una piacevole conversazione sul futuro della mobilità mi ha simpaticamente “accusato” di essere vecchia perché continuavo a parlare di mobilità sostenibile e non di mobilità “nuova”. In effetti sono vecchia, perché non riesco a liberarmi dell’aggettivo sostenibile, soprattutto perché in realtà con mobilità nuova si intende la stessa identica cosa. Stimolata comunque da questa conversazione ho fatto un po’ di ricerca on line e ho scoperto questo interessante articolo sul sito sustainablemobility.org (http://www.sustainable-mobility.org) in cui si parla della comunità di twitter.
Alcune cose sono scontate altre sono interessanti.
Prima di tutto l’aggettivo sustainable su twitter è ancora in auge e non è stato sostituito dal concetto “mobilità nuova”.
Poi, come è ovvio, dall’analisi emerge che la comunità che si occupa di mobilità sostenibile su twitter parla inglese: tra i 100 più importanti account che pubblicano le novità sul tema il 61% lo fa in inglese. Nel dettaglio: la metà degli accounts sono americani, seguiti a ruota dagli inglesi, mentre il resto degli accounts rappresentano le altre comunità europee.
Al di là del discorso linguistico, quello che risulta è che il posto d’onore tra gli accounts è occupato da quelli che appartengono a blog o a siti di informazione sulla eco-mobilità, cioè che si occupano di mezzi alternativi di trasporto, di energia pulita, di veicoli elettrici e ibridi (Mixture Hybrid Cars, Autobloggreen, Green Car Reports), mentre ce ne sono altri che hanno un approccio più generico e che spaziano su tematiche non solo connesse alla mobilità alternativa, arrivando ad occuparsi di bicicletta, autobus e aerei.
Il 22% degli accounts poi appartiene a società che si occupano di eco-mobilità e che ne hanno fatto il loro business. Ecco quindi che tematiche specifiche come la ricarica elettrica, il car sharing, il car pooling, diventano oggetto di comunicazioni quotidiane tra i seguaci di twitter.
Il 16% invece è gestito da individui che si occupano di mobilità sostenibile per vari motivi: giornalisti, bloggers, appassionati o cultori della materia per varie ragioni.
Infine il 13% degli accounts appartengono a NGO o a network internazionali.
Molto interessante analizzare la parte relativa ai contenuti di quello che viene pubblicato su twitter perchè la maggior parte degli accounts specifici legati alla mobilità sostenibile produce autonomamente i propri contenuti. Nello specifico, sono 54 accounts sui 100 migliori on line. Tra questi 54, 29 pubblicano solo loro contenuti mentre 25 pubblicano anche contenuti che provengono da altre fonti. I restanti 46 accounts si occupano prevalentemente di “promuovere” alcuni tipi di attività pubblicando articoli, video, studi incentrati su prodotti specifici.
Tra tutti i temi comunque, che vengono rimbalzati tra i vari accounts nel mondo è la mobilità elettrica e ibrida il principale contenuto sul quale la comunità si confronta.

Rivoluzione car sharing: Avis acquista Zipcar per 500 milioni di dollari

Avis acquista Zipcar e entra nel mercato del car-sharing. La societa’ di autonoleggio verserà 500 milioni di dollari in contanti, o 12,25 dollari per azione, con un premio del 49% rispetto alla chiusura di fine anno della Borsa, quando il costo dell’azione era valutato 8,24 dollari.
L’operazione indica una nuova direzione strategica per Avis che si lancia all’inseguimento di concorrenti come Hertz ed Enterprise attivi entrambi nel settore del cosiddetto hourly rental, ossia, il noleggio a ore. Il 2012 dovrebbe essere il primo anno in utile per Zipcar che, lo scorso novembre, ha comunicato di aspettarsi un utile di 4 milioni di dollari per la fine dell’anno. Le sinergie annuali realizzabili con Avis ammontano, a detta di quest’ultima, a circa 50-70 milioni di dollari.
Per Zipcar, che opererà come società sussidiaria di Avis, i vantaggi dovrebbero essere notevoli: risparmi sulle assicurazioni e sull’acquisto di auto e soprattutto maggiore disponibilità di vetture durante il fine settimana, quando la richiesta superava generalmente l’offerta.
Per Avis l’acquisizione di Zipcar significa ampliare la propria gamma di offerta in un mercato che oggi viene valutato per gli stati uniti in 400 milioni di dollari e che è in forte crescita nelle maggiori città del mondo (si veda articolo scritto in questo blog al seguente link: https://blog.rinnovabili.it/category/smobilityamoci/)
”Riteniamo che il car sharing sia complementare al tradizionale noleggio di auto”, ha affermato l’amministratore delegato di Avis Ronald Nelson, che valuta anche l’acquisto di Zipcar come una occasione per avvicinare un pubblico più giovane e con esigenze diverse rispetto alla mission tradizionale dell’azienda. Ed è sempre l’amministratore delegato di Avis ad affermare di non voler modificare minimante il business case di Zipcar attraverso il quale la società ha ottenuto un rapido e vasto successo non solo in America.
Zipcar, con sede a Cambridge in Massachusset, è nata nel 2000 dall’idea di Robin Chase, 42enne madre di 3 figli con un MBA all’ MIT (Massachusetts Institute of Technology) che aveva appreso dell’esistenza del modello car sharing da un amico di ritorno da Berlino. Ms Chase scrisse un business plan e trovò i finanziatori e così l’idea prese forma.
Gli ambientalisti sposarono subito il modello Zipcar, anche se all’inizio l’ideatrice preferiva porre l’attenzione sul concetto di convenienza nell’aderire al car sharing piuttosto che sui concetti ambientali (Wheels When you Want Them, fu il primo slogan).
La società cominciò subito a crescere e a diffondersi, ma senza una continuità e una linea precisa così nel 2003 Ms Chase lasciò il posto a Scott Griffith che allargò i confini di Zipcar in America e in Europa.
Oggi ha oltre 760.000 iscritti, che in gergo si chiamano Zipsters, che amano la libertà di poter utilizzare l’auto solo quando ne hanno bisogno.
Zipcar si è quotata nell’aprile del 2011 a un prezzo di 18 dollari per azione.

Eni ed Enel siglano un accordo per la mobilità sostenibile: il pieno di elettricità si farà al distributore di benzina.

Il calcio d’inizio per la mobilità elettrica arriva da una inedita e assolutamente originale sinergia: quella tra una azienda petrolifera e un fornitore di energia elettrica. E’ la prima volta al mondo che viene siglata un’intesa di questo tipo, che rappresenta, per il settore della green mobility, la tanto attesa e desiderata svolta.
L’accordo verrà ufficializzato tra qualche giorno, ma nel frattempo è stato reso noto che le prime colonnine di ricarica si vedranno dai benzinai già da marzo. I numeri fanno quasi impressione, perché ENI ha 4700 stazioni di servizio in Italia di cui 127 sulla rete autostradale. Numero considerevole, soprattutto se si pensa che Enel ad oggi ha installato sul territorio 800 colonnine pubbliche di ricarica. Una rivoluzione che cambierà completamente le previsioni del mercato dell’elettrico, perché uno dei motivi che frenavano la sua diffusione era proprio legato alle difficoltà di approvvigionamento energetico. Un ostacolo in meno. Enel installerà nelle stazioni di servizio un punto di ricarica rapido a corrente alternata da 43 kW, che in 30 minuti consente di arrivare all’80% di ricarica della batteria. Il tempo di un caffè, di qualche acquisto e si riparte. La colonnina fast charge di Enel oggi è però utilizzabile solo da alcuni veicoli e non da tutti i veicoli elettrici, ma comunque il grande passo è stato compiuto.
La strategia Enel di diffusione della ricarica presso i benzinai, va di pari passo con l’installazione di stazioni di ricarica domestiche nei box e alla creazione di tariffe flat per i clienti (tipo Enel Drive) che con 25 euro al mese consentirà di ricaricare l’auto senza limiti.
In previsione il business delle auto elettriche al mondo è enorme: si prevede un mercato di oltre 7,7 milioni di punti di ricarica da installare entro il 2017 per un valore di circa 3 miliardi e mezzo di euro.
Nel 2013 poi dovrebbero arrivare i famosi incentivi statali per l’acquisto di auto e per l’installazione di colonnine di ricarica che tutti ormai attendiamo con speranza (visto che siamo forse l’ultimo paese europeo a prevedere incentivi ad hoc per la mobilità elettrica).
Non per niente, infatti, secondo l’autorevole istituto americano Pike Research, che ha realizzato un focus sul mercato europeo relativamente all’auto elettrica e alla sua diffusione, i paesi “leader” sono Francia, Germania e Norvegia, (con oltre 2.000 veicoli ciascuno venduti nel 2011 contro i 400 venduti in Italia nel 2012). Le previsioni relative al mercato mondiale indicano in un 4% la percentuale dell’auto elettrica nel 2020, il che significa circa 827.000 veicoli all’anno. Germania, Francia, Norvegia, UK, Olanda e Svezia rappresenteranno il 67% del mercato dei veicoli elettrici, mentre l’Italia, secondo l’istituto americano, vedrà una maggiore diffusione delle auto ibride plug-in, con vendite oltre le 100.000 unità annuali. Segnale chiaro relativo alla mancanza di infrastrutture di ricarica diffuse sul territorio.
I numeri comunque complessivamente sono ottimistici perché si parla 1,8 milioni di auto elettriche circolanti al 2020 e altre 1,2 milioni di ibride-plugin e 1,7 milioni di Ibride. Una boccata di ossigeno per un settore, quello dell’automotive, che sta vivendo momenti molto difficili.

Decreto Crescita 2.0 e trasporti: facciamo il punto

Non riesco più a ricordare come era utilizzare il trasporto pubblico locale prima dell’era dell’ITS e delle APP per telefonino. Abito a Milano e prima di uscire di casa per recarmi alla fermata dell’autobus, controllo l’applicazione iATM sul mio iphone e verifico in quanti minuti il mio tram raggiungerà la fermata più vicina a casa mia. Anche i pannelli presenti alle fermate stesse forniscono lo stesso tipo di informazione, ma non sono diffusi su tutta la rete. L’app dell’ATM mi consente anche di capire che percorso fare e quali mezzi utilizzare per raggiungere la meta. Se poi sono interessata all’intermodalità posso tramite un’altra APP che si chiama ATMmobile, cercare lo stallo più vicino del bike sharing, conoscendone anche la disponibilità, o verificare la presenza del Car Sharing GuidaMi, delle rivendite, dei parcheggi e degli ATM Point nell’area in cui mi trovo.
Peccato che per i 3 sistemi servano ancora 3 tessere distinte, nonostante si tratti apparentemente di un unico gestore e peccato che a una prima ricognizione effettuata attraverso l’analisi dei siti delle aziende di trasporto pubblico italiano, siano ancora molte poche quelle che offrono APP gratuite da scaricare su smart phone (Milano, Torino, Roma, Genova, Brescia, Bolzano e Napoli)
Altro neo del sistema riguarda l’utente occasionale che, pur potendo usufruire come me di tutte le informazioni sul suo smart phone, deve comunque sempre recarsi presso una tabaccheria o una rivendita per acquistare un biglietto di corsa semplice. E se per caso ha bisogno di un biglietto dopo le 20, spesso sono guai, nel senso che è più semplice rinunciare a utilizzare il bus invece che cercare disperatamente il biglietto. Non è così in tutte le città italiane perchè mentre attendiamo di poter effettivamente pagare il nostro biglietto con il telefonino tramite NFC (il sistema funziona e è in sperimentazione, ma ancora non si sa quando sarà realmente utilizzabile), a Bologna e in diverse altre città italiane (Verona, Modena, Piacenza, Livorno, etc etc) è possibile acquistare il biglietto di corsa semplice sul bus tramite una “macchinetta”, poco tecnologica ma molto efficace: inserisco le monete e in men che non si dica ho il biglietto in mano, come tanti anni fa quando il bigliettaio a bordo autobus vendeva anche i titoli di viaggio. Niente rivoluzione digitale, ma un servizio in più che agevola l’utente e rende felice lo straniero che non deve per forza indagare nel dettaglio il funzionamento di ogni sistema di vendita biglietti di ogni città italiana.
Serve poco, a volte, per agevolare la vita degli utenti che vogliono servirsi dei mezzi pubblici, ma mentre ancora vaghiamo alla ricerca del biglietto singolo, il decreto sviluppo 2.0 pone qualche paletto per la diffusione dell’interoperabilità della bigliettazione elettronica.
Ecco il comma 1 dell’articolo 8: Al fine di incentivare l’uso degli strumenti elettronici per migliorare i servizi ai cittadini nel settore del trasporto pubblico locale, riducendone i costi connessi, le aziende di trasporto pubblico locale promuovono l’adozione di sistemi di bigliettazione elettronica interoperabili a livello nazionale. (http://www.gazzettaufficiale.it/moduli/DL_181012_179.pdf)
In sostanza oggi, appunto, l’utente del trasporto pubblico italiano deve dotarsi di diverse tessere elettroniche anche all’interno della stessa città o metropoli e non esistono standard comuni che vengano utilizzati da diversi gestori. Siamo portatori sani di tessere elettroniche, abbiamo portafogli gonfi di tecnologie che non dialogano fra loro e che non vogliono neanche stare troppo vicine causa rischio di smagnetizzazione!!
Dunque l’assunto del decreto sviluppo 2.0 è molto chiaro, ma non esaustivo, perché non chiarisce alcuni punti che sono fondamentali per la diffusione di un sistema interoperabile (che significa avere una sola tessere anche per viaggiare su mezzi che sono gestiti da società diverse). Quale sarà la tecnologia comune che dovrà essere adottata? Che impostazione dare a questa tecnologia? Quali saranno le linee su cui si dovranno muovere le amministrazioni locali per indirizzare le loro scelte tecnologiche, pur mantenendo la libertà si stabilire tariffe diverse per i vari sistemi?
I nodi cruciali restano ancora del tutto irrisolti.
Nel frattempo lo studio europeo IFM (Interoperable Fare Management) punta entro il 2015 a rendere compatibili tutti i sistemi di bigliettazione elettronica intelligenti europei, il che significa consentire ai viaggiatori di utilizzare strumenti contactless condivisi in tutta Europa. Per cui avremo una sola tessera quando saremo all’estero ma continueremo ad avere la nostra miriade di tessere casalinghe.
Grazie quindi all’ex Governo tecnico per aver posto l’attenzione su una questione importante per tutti noi cittadini, ma forse era necessario spingersi anche un po’ oltre stabilendo quelle regole che possano effettivamente dare vita a un sistema di trasporto intelligente e integrato anche sulla nostra penisola. Come sempre le tecnologie ci sono e funzionano ma manca il disegno politico che le renda efficaci e utilizzabili.