Centro dello Sport Paralimpico: metafora di un Paese che cresce solo a metà

timthumbGiorni fa sono stato all’inaugurazione del Centro dello Sport Paralimpico, a Roma, presso via delle Tre Fontane. Si è trattata di una cerimonia che ha richiamato tutti i vertici del mondo dello sport ed anche i massimi rappresentati delle istituzioni, primo fra tutti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il capo della Repubblica ha speso parole d’elogio per il movimento paralimpico, ricordando come questo rappresenti la parte migliore del paese. Ma l’intervento del presidente Mattarella, per quanto di ampio respiro, non troverebbe un suo senso se non vi raccontassi, in breve, la storia dell’impianto inaugurato lunedì.

Nel 2006, per il Sole 24 ore Sport, intervistai Luca Pancalli, già presidente del Comitato Italiano Paralimpico e salito agli onori della cronaca sportiva perché era stato commissario della federcalcio sconvolta da calciopoli. Nell’intervista Pancalli annuncio alcune delle più importanti innovazioni che avrebbe voluto realizzare: trasformare il CIP in Ente autonomo staccato dal CONI; affidare le discipline paralimpiche alle rispettive federazioni di appartenenza; ingresso degli atleti paralimpici all’interno dei Corpi dello Stato (polizia, carabinieri, guardia di finanza, ecc..); realizzazione della casa dello Sport paralimpico al Tre Fontane entro il 2008.

“Come – esclamai – non è ancora stata posata neanche la prima pietra!” “Si farà!” sentenziò. Da allora sono passati 11 anni. La casa si è fatta, anche se non nei tempi previsti dall’avvocato romano. Di questo ritardo Pancalli si è scusato, anche se non doveva essere lui a farlo, in occasione del discorso di inaugurazione, richiamando proprio quell’intervista.

Il fatto che ci sia riuscito, anche se in ritardo, mi fa aumentare la stima nei confronti di Luca (che per inciso è riuscito a realizzare tutto quello che mi aveva anticipato), ma mi rende ancora più dubbioso sulle effettive capacità del nostro Paese di riuscire sopravvivere alle sfide del mondo globalizzato. Forse è proprio vero: il movimento paralimpico è la parte migliore del nostro Paese.

Quando il turismo sportivo è green

Secondo Forbes il termine “Ecoturismo” è stato coniato nel 1983 dall’architetto messicano Hector Ceballos-Lascurain, ma il fenomeno ha preso forma già a metà del XX secolo, definito da The International Ecotourism Society come il viaggio responsabile nel rispetto di habitat, comunità locali ed educazione. La BBC lo descrive come attività turistica che ha lo scopo di ridurre le conseguenze negative del turismo sull’ecosistema mentre il Washington Post  ha sottolineato l’importante ruolo dell’educazione e della conoscenza, riportando gli effetti positivi che le guide turistiche hanno riscontrato accompagnando i viaggiatori in zone selvagge e incontaminate.
Uno studio promosso da Espresso Communication per ConLegno, condotto mediante metodologia WOA (Web Opinion Analysis) su circa 1200 persone tra i 18 e i 65 anni, attraverso un monitoraggio sui principali social network, blog, forum e community, oltre al coinvolgimento di un panel di 15 docenti universitari, ci dice che gli italiani preferiscono sempre più vacanze Green, praticamente 1 su 2.
A parte la facile ironia riguardo il fatto che (stando alle notizie di questi giorni) sempre meno italiani vanno in vacanza, vista la crisi ormai decennale, credo che questa tendenza dipenda anche proprio dalla volontà di “risparmiare” delle famiglie italiane anche se lo studio, per quanto riguarda le motivazioni, indica in sequenza:
– una maggiore consapevolezza del proprio impatto sull’ambiente (62%)
– desiderio di conoscere le tradizioni culturali ed enogastronomiche locali (53%)
– volontà di entrare in contatto con la natura (52%)
– dedicarsi al benessere psico-fisico personale praticando attività sportive (48%)
– contribuire al sostegno dell’economia e dello sviluppo locale (34%).
Il motivo per cui ne parlo in questo blog è legato al fatto che una buona parte di attività sportive outdoor sono considerate “ecoturistiche”. A conferma di questo faccio riferimento ad altri studi che indicano in rapida crescita anche il turismo sportivo (per un valore di circa 2 miliadi di euro l’anno solo in Italia).
“Nonostante la crisi, il turismo, ed in particolare quello sostenibile, è uno dei pochi settori in costante crescita nel nostro Paese. Ma l’ecoturismo non dovrebbe essere percepito solo come una tendenza bensì come una vera e propria realtà comprendendo l’estrema delicatezza del nostro ecosistema – afferma Sveva Magaraggia, docente di Turismo e comunità locale all’Università Bicocca di Milano – I recenti studi della scienza del turismo sottolineano il desiderio dei villeggianti di coniugare relax e tempo libero con occasioni di apprendimento. Ne deriva una crescente offerta capace di rispondere a questi interessi”.
Secondo Anna Rosa Montani, docente di Sociologia dell’Ambiente presso l’Università La Sapienza di Roma: “Il futuro del turismo sostenibile dipende prevalentemente dai giovani e dai comportamenti turistici che sapranno mettere in atto”.
Secondo Chiara Mio, direttore del Master in Economia e Gestione del Turismo all’Università Ca’ Foscari di Venezia: “L’ecoturismo favorisce innanzitutto una maggiore consapevolezza dei turisti sulle destinazioni visitate e sull’impatto ecologico che si traduce in comportamenti responsabili anche a casa. Inoltre apporta valore aggiunto all’esperienza vissuta dal turista tramite un rapporto più coinvolgente con il territorio e la comunità ospitante favorendo la comprensione delle problematiche e delle usanze locali. Il turismo responsabile va oltre le eco-certificazioni o le politiche verdi degli hotel – conclude la prof.ssa Mio – Va inteso come un nuovo modo di concepire la vacanza e, ancor prima, il proprio modo di acquisto e consumo, promuovendo non solo la salvaguardia delle risorse ambientali, ma anche la diversità culturale, e abbracciando valori di consapevolezza, sobrietà, equità e rispetto delle persone e dei luoghi”.
Qual è l’identikit dell’ecoturista? Il 56% delle donne e il 40% degli uomini ha dichiarato di prestare maggiore attenzione all’ambiente quando vanno in vacanza. Tra di loro la maggior parte ha un titolo di studio medio-alto (71%) e un’età compresa tra i 18 e i 30 anni (58%), mentre la percentuale scende al 52% tra i 31 e i 50 anni e al 34% tra gli over 50. Infine i turisti amici dell’ambiente provengono principalmente dalle grandi città. In testa Milano (57%), seguita nella top 5 da Roma (52%), Bologna (51%), Firenze (50%) e Torino (49%).

Esosport Bike, come riciclare copertoni e camere d’aria

L’attuale normativa italiana non permette il recupero delle camere d’aria e dei copertoni di biciclette, ma solo di pneumatici fuori uso di automobili e dei camion. Una società italiana, ESO, che si occupa da 18 anni della micro-raccolta dei rifiuti di ufficio, ha deciso di portare la propria esperienza anche in questo settore e contribuire a risolvere il problema dello smaltimento degli pneumatici e copertoni di bicicletta.

“Fino ad oggi – ci racconta Nicolas Meletiou, dirigente della ESO – pneumatici e copertoni di bicicletta non hanno, dal punto di vista della classificazione dei rifiuti, una collocazione specifica. Il legislatore prevede che non possano essere smaltiti come “indifferenziata”, ma il DM 82/2011 li esclude dall’obbligo di una raccolta specifica per il riutilizzo. Così negozi e singoli cittadini, nel momento che devono buttare pneumatici e copertoni di bici ormai inutilizzabili si trovano davanti ad una alternativa: o esiste un regolamento locale che prevede cosa farne, oppure sono costretti a provvedere privatamente allo smaltimento. In entrambi i casi non è previsto il riciclo e riutilizzo sotto altre forme. Con conseguente danno ambientale, avendo questi prodotti un periodo di “smaltimento” che si aggira attorno ai 150 anni. Inutile ricordare che spesso, però, questi vengono inviati alle discariche come indifferenziati, violando la legge e compromettendo l’ambiente.

Solo per l’Italia parliamo di circa 4 mila tonnellate di rifiuti l’anno: un volume enorme che però può trovare un altro impiego.”

Così nasce l’idea di ESO che già da tempo, attraverso Esosport opera nel ritiro, riciclo e riutilizzo delle scarpe da ginnastica. “Da oltre sei anni siamo impegnati nella trasformazione delle scarpe di ginnastica in pavimentazione antishock per bambini (per capirci, il pavimento di numerosi parchi giochi all’aperto). Siccome i materiali e i processi di riciclo sono gli stessi, ci siamo detti: perché non proviamo anche con gli pneumatici e copertoni di biciclette? Così è nata Esosport Bike. La società nasce per la raccolta e il riciclo degli penumatici e camere d’aria di biciclette e la loro trasformazione in parchi giochi e piste di atletica.

“Se in un Comune copertoni e camere d’aria sono rifiuti assimilabili agli urbani, avviandoli privatamente al recupero tramite il servizio Esosport Bike è possibile ottenere una riduzione sulla tassa rifiuti TARI in base a quanto prodotto. ESO si occuperà di preparare la documentazione specifica per il Comune, presentare la domanda e seguire il negoziante fino all’ottenimento della riduzione.”

Il servizio offerto ai Negozi di bici (ma potrebbe anche interessare le società sportive) comprende la fornitura dello Starter Kit, il ritiro periodico e programmato delle camere d’aria e dei copertoni che verranno poi avviati al riciclo.

Per info:  www.eso.it

L’addio di Totti un’elaborazione collettiva; adesso la Roma ritiri la maglia n. 10!

Addio TottiLa storia del calcio, e forse anche dello sport, mai aveva assistito ad un addio simile. Quello di Totti è qualcosa che travalica e trascende l’essenza stessa dello sport. E’ la rappresentazione collettiva del passaggio dall’infanzia alla maturità. E’ la presa di coscienza che si è diventati ormai grandi e non si può continuare a fare gli eterni bambini. Non è stato solo un addio al calcio, ma l’elaborazione di un lutto: muore il bambino e nasce l’adulto. Un passaggio che compiono quasi tutti e che mai nessuno ha messo in scena così pubblicamente come ha fatto Francesco Totti: davanti ad 80.000 persone e ad un pubblico televisivo ancora più ampio.

Ora che questo passaggio si avveri veramente oppure se Totti continuerà ad essere un eterno Peter Pan, come molti altri misconoiscuiti del pianeta, a mio avviso è questione secondaria. Quello che mi affascina di questa storia è perché tale rito ha coinvolto così massicciamente ed emotivamente Roma e buona parte dell’Italia. Perché un giornale inglese arriva addirittura ad indiividuare il sintomo di un inserabile declino per la città di Roma proprio nel momento che “il pupone” abbandona il calcio giocato?

Non ho risposte, però non mi sento neanche di affermare a cuor leggero che si tratta dell’ennesima rappresentazione mediatica da soap opera in salsa trasteverina, nè l’ultima trovata virtuale del villaggio social-globale.

Non sono un sociologo, non ho risposte. Rientro pertanto nel mio abito, che è quello di osservatore e narratore di sport per dire che la AS Roma avrebbe un solo modo per onorare correttamente un grande campione che lascia: ritirare la maglia n. 10. Lo fa il basket, lo fanno gli altri sport (tranne il rugby per cui la numerazione della maglia ha ancora un valore effettivo sul campo), lo ha fatto il Milan con Baresi… non vedo perché non dovrebbe farlo la Roma con Totti.

Il bilancio sociale del Giro d’Italia

Alla vigilia dell’edizione 2017, quella del centenario, scopriamo (ma in realtà ci informa il solerte ufficio stampa della società interessate) che IMQ ha supportato RCS Sport nella preparazione del numero “zero” del report di sostenibilità del Giro d’Italia dello scorso anno. Redatto sulla base delle riconosciute linee guida internazionali per l’elaborazione di un Bilancio Sociale, il documento raccoglie tutte le iniziative con obiettivo sostenibile realizzate nell’edizione 2016 del Giro, nell’ambito del progetto Ride Green, e farà da base per il primo Bilancio Sociale che dovrebbe essere pubblicato in concomitanza con le prime pedalate dei girini.
Il fatto che un evento sportivo come il Giro d’Italia, abbia deciso di dotarsi di uno strumento tipicamente aziendale quale il Bilancio Sociale, strutturato a beneficio di tutti i propri stakeholder per renderli consapevoli degli impatti che l’evento genera sul piano economico, ambientale e sociale, è indice di estrema trasparenza da parte degli organizzatori” ha dichiarato Piercarlo Pirovano, responsabile Marketing del Gruppo incaricato da RCS organizzazioni sportive di redarre il documento.
Si tratta di un’iniziativa sicuramente meritevole, che pone ancora una volta l’accento sull’importanza di valutare un evento non soltanto dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto dal punto di vista dei benefici complessivi in grado di generare.
Siamo convinti che da questo punto di vista lo sport sia in grado di andare ben oltre le facili apparenze e contribuire, anche attraverso i grandi eventi, alla crescita culturale e sociale di un Paese.
Forse non è dello stesso parere il Comune di Roma che, come ricorda spesso in modo velato il presidente del CONI Malagò, con il rifiiuto di sostenere la candidatura alle Olimpiadi del 2024 ha perso una grande occasione.

EALP è la charity partner del Giro d’Italia 2015

GIROLOVESWWFIl Giro d’Italia (in programma dal 9 al 31 maggio) ha da tempo capito che non può prescindere dal valore sociale di uno degli sport e dei mezzi più popolari (ciclismo e bicicletta), esaltando la componente ambientale che inevitabilmente viene associata a questi.
Del resto si è parlato spesso, anche se sommessamente, degli effetti (nefasti dal punto di vista ambientale) sulle nostre montagne dal passaggio di una tappa del Giro. In una delle mitiche tapp sullo Zoncolan, qualche anno fa, fu calcolata la presenza di circa 500.000 tifosi. Lasciamo immaginare quale fosse il campo di battaglia alla sera.
Quest’anno gli organizzatori del Giro hanno scelto di sostenere il Programma Europeo delle Alpi del WWF (EALP) come charity partner ufficiale per l’edizione 2015. EALP è un programma promosso dal WWF Internazionale il cui scopo è la conservazione degli habitat e delle specie alpine e la gestione sostenibile delle risorse naturali secondo un approccio sovranazionale.
Le Alpi legano WWF e Giro d’Italia in maniera sostanziale: EALP si occupa della conservazione dell’intero arco alpino, uno scenario meraviglioso che non solo ha reso indimenticabili alcune imprese dei più grandi corridori della storia, ma è anche un importante patrimonio di biodiversità che il Programma Alpi del WWF da sempre protegge.
WWF EALP e Giro d’Italia insieme per il lupo e la sostenibilità
Il primo obiettivo della partnership è rendere la Corsa Rosa più sostenibile a livello ambientale. Tramite la collaborazione tra EALP e Giro l’inevitabile impatto che ogni grande evento sportivo porta con sé sarà significativamente ridotto nell’arco dei prossimi cinque anni.
Il secondo obiettivo è la salvaguardia del lupo; oggi il lupo è protetto dalla legge italiana e dalle direttive comunitarie, ma è ancora malvisto da chi vive la sua presenza come una minaccia per le proprie attività. Il WWF si pone da sempre come mediatore con l’obiettivo di facilitare la convivenza tra uomo e lupo attraverso l’organizzazione di incontri a livello locale tra i diversi portatori d’interesse e la fornitura di strumenti adatti, come recinzioni elettrificate e cani da guardiania (cani addestrati per tenere le greggi sotto controllo) per permettere ai pastori di difendere efficacemente le proprie greggi.
Sergio Savoia, direttore del Programma Europeo delle Alpi del WWF, ha confermato che “il legame col Giro d’Italia si poggia su 3 pilastri: migliorare la sostenibilità ambientale della Corsa Rosa, proteggere il lupo e diffondere nelle giovani generazioni la cultura del rispetto tra uomo e lupo.”
Dal punto di vista pratico le azioni di salvaguardia dell’ambiente alpino si concretizzeranno attraverso l’attività del WWF EALP finanziate attraverso la Rete del Dono e Charity Stars. I fondi raccolti verranno utilizzati esclusivamente per attuare progetti sul campo in favore della convivenza tra uomo e lupo.
Rete del Dono è una piattaforma di crowdfunding per la raccolta di donazioni online a favore di progetti d’utilità sociale ideati e gestiti da organizzazioni non profit. Donando almeno 25 €, WWF EALP regala un peluche di Wolfie, la nuova mascotte del Giro d’Italia.
Partecipando alle aste su Charity Stars è possibile entrare in possesso di oggetti unici, esperienze e memorabilia appartenenti a ciclisti e personaggi famosi che appoggiano la campagna Giro Loves WWF.

La campagna in rete

www.amicidellupo.it
www.retedeldono.it/progetti/wwf/progetto-lupo
www.charitystars.com/project/diventa-amico-del-lupo
www.facebook.com/amicidellupo
@amici_lupo
#GiroLovesWWF

Genny ‘a carogna, Hasmik, De Laurentis e il calcio in Italia

Lo sport italiano è sconvolto da Genny ‘a carogna e da quanto accaduto sabato scorso all’Olimpico in occasione della finale di Coppa Italia. Il calcio non è nuovo a questi episodi e additare il capo ultras come simbolo di un’Italia in caduta libera è forse troppo facile. Cercherò di non aggiungermi alla lunga lista di quanti l’hanno già fatto.
L’episodio, però, suscita alcune considerazioni, che non mi è ancora capitato di leggere in giro, tra media e web.
Genny ‘a carogna come Schettino. Entrambi campani, entrambi accomunati dal destino che li ha voluti simboli negativi del nostro paese. Napoli non si merita questo.
Hamsik “il negoziatore”. Il giocatore con la cresta, simpatico a molti e inviso ad altri, è stato chiamato ad un ruolo (lui, ultimo di una lunga schiera di capitani) per il quale non è stato preparato e di cui non ha titoli. Il fatto che un giocatore, per altro straniero, fosse il rappresentante delle Istituzioni in quella “trattativa” è forse ancora più triste del fatto che dall’altra parte ci fosse il figlio di un boss. Marek probabilmente avrebbe fatto a meno di sentirsi dire: “Se non è vero quello che dici ti vengo a cercare…” come pare abbia esclamato il capo ultrà. Non è suo compito fidarsi di quello che gli dice il prefetto, il questore o lo stesso presidente De Laurentis, il quale, detto per inciso, sembrava l’unico informato dei fatti in Tribuna Monte Mario. Lui più di Renzi e Malagò, intenti ad ascoltare la sua versione dei fatti. Ecco De Laurentis per certi versi mi inquieta più di Genny a’ carogna e de ruolo affidato ad Hamsik. E’ lo stesso personaggio (De Laurentis) che qualche settimana fa è sceso dalla macchina per spintonare e offendere un suo tifoso (ovvero del Napoli) che lo apostrofava. Lo stesso che due estati fa mandava a quel paese tutto il vertice del calcio italiano in occasione dei calendari e fermava un motociclista per strada per farsi dare un passaggio. Infondo poca roba se confrontato con la lunga lista di presidenti condannati per reati “comuni” (Berlusconi) o sportivi (Preziosi), solo per citarne due che mi vengono subito in mente.
La verità, e arriviamo al punto dolente, è che il calcio in Italia (perché in altri paesi non so) è rovinato da tempo. Scandalizzarsi adesso appare veramente un esercizio di ipocrisia degno della peggior politica.

NBA Green Week: I love this game!

nbagreenweek_email_4Si è appena conclusa la settimana green organizzata dalla NBA (3_10 aprile), lanciata con il “solito” comunicato stampa, anche in Italia. “Oddio – ho pensato quando il Direttore mi ha girato la notizia – sarà sempre la solita roba… molto USA e poco GREEN…
A correre dietro a tutte le sigle citate dal comunicato si fa veramente fatica e si ha la sensazione di tanta roba messa lì per stupire più che per informare.
In rapida sintesi quello che c’è da sapere. La NBA Green Week è stata una settimana lanciata per incoraggiare i fan di tutte le età a seguire i principi “green” nelle proprie comunità. Durante la settimana, la Lega NBA, le squadre e i giocatori hanno preso parte ad attività ed eventi legati a questa tematica, inclusi programmi di riciclaggio, progetti di servizio alla comunità e iniziative educative sulla sostenibilità. La Green Week è stata realizzata in collaborazione con il Natural Resources Defense Council (NRDC) e la Green Sports Alliance. In associazione con la Bonneville Environmental Foundation, NBA si è impegnata ad acquistare la più grande quantità di certificati riguardanti le energie rinnovabili nella storia della stessa NBA e probabilmente dello sport USA. I 17.085 certificati rappresentano l’energia rinnovabile utilizzata durante gli eventi principali della lega (NBA Global Games 2014, Christmas Day, NBA All-Star 2014, NBA Playoffs 2014 e NBA Finals 2014) per tutta la stagione 2013-14 e nelle 49 partite che si sono giocate durante la NBA Green Week, equivalente a 17.085.000 chilowattora di elettricità rinnovabile generata, sufficiente a soddisfare i fabbisogni di 1.577 famiglie americane per un intero anno. Inoltre, in collaborazione con il NRDC e Renewable Choice Energy, la NBA raccoglierà per il secondo anno dei dati per Mosaic, un tool online progettato per misurare l’impatto ambientale, permettendo a ciascuna squadra di monitorare, analizzare ed identificare le opportunità di risparmio in termini di costi all’interno del loro contesto ambientale.
Per tutta la durata della settimana la Lega ha incoraggiato i fan a condividere le piccole azioni che portano ogni giorno a fare la differenza, coinvolgendo anche i social media. In collaborazione con Arbor Day Foundation sarà piantato un albero ogni volta che l’hastag #NBAGreen è stato utilizzato tra il 3 e il 10 aprile su Twitter. Per tutta la settimana Adidas – fornitore ufficiale della lega per quanto riguarda l’abbigliamento da gioco – ha vestito gli atleti con delle shooting shirt Adidas di cotone 100% organico e delle uniformi Adidas Revolution 30 realizzate al 60% di materiali riciclati, disponibili negli store ufficiali NBA.
Infine NBA, le sue squadre e Sprint (l’azienda che ha affiancato il colosso sportivo in tutte queste iniziative) hanno collaborato con BKFK per lanciare NBA Green “Reimagination!,” un programma educativo progettato per offrire a studenti, insegnanti e giovani una serie di attività divertenti e coinvolgenti grazie a cui conoscere l’ambiente e le piccole azioni da mettere in pratica per rispettarlo. Il programma include un archivio digitale che contiene più di 7.500 scuole in tutti gli Stati Uniti, con progetti di riciclo già attivi e la possibilità di condividere questi progetti tramite degli scatti fotografici sul sito NBA Green.
Vado quindi sul sito per capire di cosa stiamo parlando e scopro un mondo. Se tutto quello che è presente sulla rete si trasformasse di colpo in azioni reali, potremmo sicuramente dire che il campionato di basket più bello del mondo avrebbe risolto molti problemi di sostenibilità.
I love this game!

Dear Future Mom: anche lo sport può fare la sua parte

Ieri è stata la giornata Mondiale sulla Sindrome di Down. Non ne ho letto molto in giro. Per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale è stato realizzato un video.
Che aggiungere? Una cosa non da poco e che nel filmato non è ricordata. Gli affetti da Sindrome di Down possono anche godere appieno della gioia dello sport, fino a diventare campioni ed esempio per tutti. Vi rimando a questo articolo, ormai di tre anni fa.
Ci sono Federazioni, come quella Ciclistica e quella di Arrampicata Sportiva (per parlare di due che conosco direttamente), che da tempo operano con successo con atleti affetti da questa sindrome. Ci sono gare e circuiti nazionali ed internazionali, per arrivare addirittura ai mondiali (vedi qui). C’è un universo di opportunità e soddisfazioni per le famiglie che vivono con questo problema.
Ci sono poi società sportive, pioniere, che lo fanno in sport in cui nessuno si penserebbe di farlo. Mi riferisco alla Unione Rugby Capitolina, già citata in questo blog per altre cose, che da anni propone un percorso formativo sportivo all’interno delle squadre rugby di bambini normodotati. Un’iniziativa che ha creato, soprattutto agli inizi, non poche difficoltà alla stessa società, che metteva in campo, nel minirugby, una formazione composta anche da un bambino down, seguito per l’occasione da un allenatore tutto per lui. Ho visto, da padre che portava il proprio figlio al campo, crescere insieme tanti bambini, normodotati e down, insieme, nella più completa integrazione. Non per merito di una disciplina particolare, ma dello sport e di persone di buona volontà, quali sono stati i dirigenti della società romana, che per questo ha dovuto scontrarsi anche con muri e ostinazione che rendono la giornata di ieri ancora valida e necessaria.
Il punto di arrivo deve essere quanto disse tempo fa Luca Pancalli, presidente del CIP ed attualmente assessore al Comune di Roma per gli stili di vita, durante un’intervista al sottoscritto: “Il mio sogno è che durante l’ora di educazione fisica nelle scuole primarie e secondarie vengano coinvolti in completa integrazione anche i bambini disabili.” Dal punto di vista statistico, il 90% dei bambini disabili sono riconducibili alla sindrome di down. Quindi saper far fare sport a questi ragazzi vuol dire superare una delle più grandi barriere all’integrazione della società italiana. Lo sport, anche in questa battaglia, può fare molto

IUS SOLI: a chi tocca provvedere?

FIH_ius soliRiporta (orgogliosamente) l’ufficio stampa della Federazione Italiana Hockey la notizia di qualche giorno fa: il Consiglio Comunale di Firenze ha votato una delibera (la 908/2013), avente per oggetto l’introduzione dello “IUS SOLI sportivo nei regolamenti delle varie discipline sportive in Italia”. Delibera che invita il presidente del CONI Malagò e tutti i Presidenti delle Federazioni Nazionali (si sono dimenticati delle DSA…peccato!) di adottare lo stesso regolamento approvato, i primi di ottobre, proprio dalla Federazione Italiana Hockey e di riconoscere, quali cittadini italiani e ai fini sportivi, i tesserati nati in Italia, anche se di nazionalità diversa.
Sarebbe da stolti, come del resto lo sono molti “duri e puri”, pensare che un tale provvedimento possa minare le basi del nostro vivere civile e ammassare, sui nostri “sacri” confini, masse di puerpere in procinto di figliare per ottenere l’agognata cittadinanza. Come se lo status di italiani garantisse chissà quali privilegi. Al riguardo mi piace ricordare che, nonostante la propaganda destrorsa e qualunquista che attraversa la penisola trasversalmente, da Grillo alla Lega, gli immigrati in Italia sono una % irrisoria rispetto agli altri Paesi e che di solito dalle nostre parti si approda solo per poi andare in luoghi più civili.
Ma torniamo allo sport. La Federhockey ha indubbiamente messo a segno un bel “goal”: ha anticipato le altre Federazioni e contemporaneamente lanciato un deciso segnale alla politica la quale, si sa, discute tanto e combina poco.
Inoltre dal punto di vista della politica sportiva, ha rispolverato un cavallo di battaglia dell’avversario dell’attuale presidente del CONI Malagò (ironia della sorte?), ovvero quel Pagnozzi che aveva capito quanto questa questione fosse fondamentale per lo sport italiano. Poter considerare italiani i tanti figli di immigrati che ancora non lo sono permetterebbe a diverse discipline di ritrovarsi campioni attualmente fuori dal giro azzurro, se non addirittura, sportivamente parlando, “apolidi”. Non c’è assolutamente nulla di male a muoversi per interesse e non per un senso di “superiore giustizia”.
Quello che mi stona, in tutta questa storia, è il motivo per cui il Consiglio Comunale di Firenze si sia preoccupato di sposare questa battaglia che è, e resta circoscritta, al campo sportivo. Cosa c’entra questo con la vita dei fiorentini, che dovrebbe essere il fine ultimo dell’agire del Consiglio? Perché l’appello al presidente del CONI e a tutte le Federazioni?
Mi viene il dubbio che si sia voluto lanciare un segnale politico, per tirare la cordata magari al futuro (si dice) segretario del PD. Con il rischio, invece, che si trasformi in un autogol, rallentandone così la possibile realizzazione. La notizia di quest’ultima ora mi pare confermare questo timore. Malagò ha raccolto la palla alzata dal Consiglio Comunale e l’ha rimandata pari pari nel campo avverso: “Mi auguro che lo ius soli diventi una legge dello Stato” ha detto, interrogato sulla questione da La Repubblica. Come dire, non ci deve pensare il CONI…