Chiunque si accinga a formare il nuovo governo, butti l’occhio (per piacere) sull’indagine Eurobarometro Standard 80, il sondaggio più importante condotto a livello europeo, a partire dal 1973, sulle opinioni dei cittadini UE, attraverso domande sui principali temi della politica europea e sulle tematiche più pressanti.Cosa dicono i sondaggi condotti su scala europea tra il 2 e il 17 novembre 2013 per conto della Commissione europea fra i 28 Stati membri e i cinque paesi candidati all’adesione (Turchia, Islanda, Serbia, Montenegro ed ex Macedonia)? Raccontano di un Europa che inizia ad essere lambita da un cauto ottimismo ( 51% degli intervistati) e di un Italia nella quale, viceversa, serpeggiano il pessimismo ( soltanto il 40% gli ottimisti) accanto ad una generalizzata sfiducia nelle istituzioni.In un contesto nel quale la crisi economica perdurante fa sì che la disoccupazione sia ritenuto il maggior problema del paese per oltre un italiano su due (56%, contro il 49% europeo), accanto alla situazione economica (il 42% contro il 33% degli intervistati europei), il dato sulla sfiducia nelle istituzioni è a dir poco agghiacciante. Soltanto un italiano su dieci (!) del campione analizzato nutre fiducia nel Governo e Parlamento nazionali – in calo rispettivamente dall’11% e dal 12% dell’ultimo sondaggio- mentre la fiducia nelle autorità locali e regionali è inchiodata al 14% (in calo dal 15%).Va molto meglio per le istituzioni europee, pur se in presenza di un calo di fiducia rispetto alle precedenti rilevazioni: la fiducia nella Commissione europea passa dal 35% al 32%, quella nel Parlamento europeo dal 41% al 36%. Mentre – udite, udite – l’operato di Supermario Draghi porta la fiducia nella Banca Centrale Europea dal 28% al 31%. A dispetto dei luoghi comuni, la moneta unica resta un punto fermo, con la maggioranza degli italiani (53%) e degli europei (52%) che si esprime a favore dell’Unione economica e monetaria. Il 66% degli italiani si dice inoltre favorevole a una nuova governance economica europea, con l’approvazione preventiva dei bilanci da parte delle autorità europee ( la media UE è del 58%). Anche la supervisione centralizzata a livello Ue delle banche è vista con favore dal 69% degli italiani ( 70% in Ue). Sarà poi per via del fatto che per oltre un europeo su cinque (21%) la pressione fiscale è il principale problema in Europa, accanto all’inflazione (17% del campione), fatto sta che il 60% degli italiani è favorevole alla nomina di un ministro delle Finanze dell’Unione europea, con una percentuale che evidenzia come soltanto il Belgio e la Croazia (62%) con il Lussemburgo ( 61%) registrino consensi superiori. Anche sul piano della politica industriale si nutre aspettativa per il ruolo che può essere giocato dall’Ue: il 68% degli italiani e il 73% degli europei pensa che sia importante aiutare la base industriale europea per renderla più competitiva, promuovendo l’imprenditoria e le nuove competenze.
Italiani felici dunque di essere e di sentirsi europei? Non è così. Sul piano del sentimento di cittadinanza, oltre un italiano su due – il 53% – dice di non sentirsi un cittadino UE. Il 79% degli italiani non si sente “ascoltato” in Europa, e secondo il 55% degli intervistati l’Europa non va nella giusta direzione ( in aumento rispetto al 45% dell’ultimo sondaggio), opinione condivisa dal 47% degli europei. Il mal di pancia dei cittadini europei risiede forse nel fatto che sentono Bruxelles troppo lontana, autoreferenziale, poco impegnata nel far conoscere la propria azione, fautrice delle politiche del rigore ( 59% del campione italiano contro il 63% di quello europeo) e troppo light di fronte all’emergenza lavoro.Il 64% degli intervistati italiani sono convinti che l’UE non stia ponendo i presupposti per creare più lavori. “I dati emersi – ha commentato il Vice Presidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, al termine della presentazione del Rapporto sull’Italia, presso la sede della rappresentanza in Italia della Commissione Europea, a Roma – indicano che gli italiani chiedono un cambio di marcia. Come Commissario all’Industria non posso non raccogliere il grido di dolore delle imprese che, in assenza di riforme e di interventi strutturali in Italia non potranno sopravvivere nei prossimi anni. I dati dicono tuttavia che c’è bisogno, tuttavia, anche di un cambio di passo in Europa. Chiedono all’Europa di far sentire la sua forza, il suo peso politico nelle grandi questioni internazionali, di esprimere la propria capacità di incidere nel contesto globale, giocando un ruolo che un singolo stato non può essere in grado di giocare”.
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