Yes, they can, noi no!

In questo clima post elezioni non commenterò i risultati elettorali, anche se voglio sottolineare che l’impegno ambientalista di tutti rasenta il nulla.

Voglio invece dare un’occhiata a quei Paesi governati da persone che per quanto possibile si distinguono per il loro impegno sociale e ambientale.

Il primo personaggio che mi viene in mente è quello più scontato, Obama. La sua politica ambientale è stato il cavallo di battaglia in entrambe le campagne elettorali che lo hanno visto protagonista. Obama si è distinto per aver puntato una buona parte del suo programma elettorale sulla lotta ai cambiamenti climatici; per questo è uno dei pochi presidenti a riconoscere il problema in sè, ancora rinnegato da altri suoi colleghi e ignorato dalla maggioranza. Ma in concreto cos’ha fatto? Forse non molto rispetto a quello che aveva promesso, almeno fino ad oggi, ma sicuramente di più rispetto ad altri. Nel suo primo mandato Obama ha introdotto sgravi fiscali per azioni di efficienza energetica in casa (possibilità di dedurre dalle tasse azioni per l’isolamento termico della casa, per l’installazione di pannelli solari, o sistemi di riscaldamento /raffreddamento geotermico, ecc.); sgravi fiscali per l’acquisto di auto ecologiche, ibride in particolare, e per veicoli leggeri e scooter; incentivi per la climatizzazione delle case di persone a basso reddito, circa 6500 dollari a casa; ha preso provvedimenti per la riduzione all’esposizione di sostanze tossiche (test su alcuni pesticidi, sulle emissioni di mercurio dalle fornaci, e la restrizione dell’uso di varie altre sostanze tossiche). Uno dei primi risultati ottenuti è stata la cosiddetta “legge salva-clima”. La legge impone un taglio alle emissioni di Co2 del 17% rispetto ai valori del 2005, entro il 2020 e quasi dell’80% entro il 2050. Il 5% dei finanziamenti necessari per raggiungere questo obiettivo sarà ottenuto grazie ad accordi con i paesi in via di sviluppo per scoraggiare la deforestazione nei Paesi tropicali, che causa circa il 20% delle emissioni globali di gas serra e verrà promosso lo scambio di tecnologie tra gli Usa e i Paesi in via di sviluppo per aiutare a ridurre le emissioni in tutto il mondo oltre ad aiuti per le popolazioni e le comunità più vulnerabili del pianeta per rispondere agli impatti attuali e futuri del cambiamento climatico. Il sistema previsto per raggiungere questo traguardo è composto da diversi strumenti che vanno dai limiti sulle emissioni per fabbriche, raffinerie e centrali elettriche, ad un sistema di cap and trade, ovvero di compravendita di permessi di inquinamento tra le stesse aziende. Inoltre i fornitori di energia (le aziende che acquistano energia da chi la produce e la distribuiscono alle utenze finali) dovranno garantire che entro il 2020 il 15 % dell’energia fornita derivi da fonti rinnovabili. La legge prevede anche un obiettivo di riduzione dei consumi elettrici del 5%, anche grazie a interventi per aumentare l’efficienza energetica delle abitazioni.

Al suo secondo mandato Obama si ritrova ad affrontare importanti decisioni tra cui se e come far ridurre le emissioni degli  impianti a carbone esistenti; se approvare o meno il  progetto dell’oleodotto Keystone XL, che trasporterebbe greggio pesante ad alte emissioni di carbonio dalle aree bituminose della provincia di Alberta, in Canada, ai porti del Golfo americano. C’è da dire che molte scelte sono ostacolate dal Congresso.

Poi c’è un personaggio meno conosciuto, Rafael Correa. Presidente dell’Ecuador dal 2006,  ha portato stabilità politica e costante crescita economica. Ha finanziato programmi di stato  per ridurre la povertà e la disoccupazione, aumentare l’alfabetizzazione e migliorare l’assistenza sanitaria. Il paese ha anche ricevuto riconoscimenti internazionali per le politiche progressiste per i disabili e per l’ambiente, tra cui la prima costituzione al mondo che riconosce i diritti della natura.  Ha anche rinegoziato il debito pubblico, che con il pagamento degli interessi impediva qualsiasi programma serio di investimenti. Lo ha fatto analizzare da un gruppo di esperti (anche stranieri) per stabilire quale fosse il debito contratto illegalmente da precedenti regimi dittatoriali. Alla fine ne ha annullato il 70%. Si è anche rifiutato di rinnovare l’accordo per la base militare Usa di Manta e ha ottenuto la condanna della nordamericana Chevron-Texaco ad una multa milionaria per il risarcimento dei danni ambientali provocati dal gruppo petrolifero in Amazzonia. Si è fatto conoscere dai più alla Conferenza di Rio di giugno 2012 nella quale ha dichiarato “Non dobbiamo pensare di salvare il sistema finanziario ma dovremmo salvare l’ambiente. Tutti sanno che la diagnosi è il problema ambientale, ma la soluzione è politica, cambiare la logica. I beni ambientali non devono diventare merci” e ha insistito sulla differenziazione dei costi a carico dei paesi più sviluppati e inquinatori. I paesi industrializzati hanno cercato di tagliare il documento finale della Conferenza nella parte dedicata alla responsabilità dell’inquinamento, sostenendo che vi è una crisi finanziaria e che altre nazioni stanno emergendo come potenze economiche. “Il 20% dei più ricchi genera il 60% delle emissioni di gas a effetto serra, mentre il 20% più povero del pianeta genera un valore inferiore allo 0,72% del totale delle emissioni del pianeta. Il rapporto è di 83 a 1“. Correa ha inoltre sostenuto che i paesi che preservano la natura devono ricevere una compensazione finanziaria dai paesi ricchi, che sono i principali responsabili delle emissioni di gas a effetto serra. E’ suo il progetto ITT (dalle iniziali di tre pozzi petroliferi esplorati: Ishpingo-Tambococha-Tiputini), una delle iniziative del governo ecuadoriano nella lotta contro il riscaldamento globale. Esso consiste nel lasciare non sfruttati circa 850 milioni di barili di petrolio situato nel parco nazionale Yasunì, una riserva naturale con una biodiversità tra le più importanti del mondo. L’estrazione di questo greggio di 14 gradi Api, potrebbe significare per il paese un’entrata tra i 5.000 e i 6.000 milioni di dollari (considerando 70 dollari al barile). L’economia dell’Ecuador si basa principalmente sui redditi derivanti dal petrolio, che nell’anno 2008 hanno rappresentato il 22,2% del Pil, il 63,1% delle esportazioni e il 46,6% del bilancio generale dello stato. Le riserve dell’ITT rappresentano circa il 20% delle riserve conosciute in Ecuador, una fonte di reddito che un paese povero non può ignorare. Eppure la proposta del governo ecuadoriano è di non sfruttare queste riserve per diverse ragioni, non solo ambientali. In cambio, l’Ecuador, partendo dal principio di corresponsabilità rispetto i problemi ambientali, chiede alla comunità internazionale un contributo vicino al 50% delle entrate di cui potrebbe disporre con lo sfruttamento del greggio.  È una proposta che ha l’obiettivo di lottare contro il riscaldamento globale, la perdita di una biodiversità molto ricca, per impedire l’emissione di 410 milioni di tonnellate di CO2, frenare la deforestazione, la contaminazione del suolo e il deterioramento delle condizioni di vita degli abitanti della regione. Inoltre rappresenta un modo efficace per preservare la selva amazzonica, il cui inaridimento provocherebbe una diminuzione sostanziale della quantità d’acqua in tutto il continente.

Ci sono poi i Verdi tedeschi i quali, a differenza dei nostri hanno un ruolorilevante e soprattutto hanno fatto in modo che il governo prendesse delle scelte importanti in materia ambientale.

Cito per ultimo José Alberto Mujica Cordano, il presidente dell’Uruguay che si è autoridotto lo stipendio a 800 euro al mese, il resto dei suoi emolumenti, è devoluto al Fondo Raúl Sendic, un’istituzione che aiuta lo sviluppo delle zone più povere dell’Uruguay attraverso la costruzione di abitazioni con acqua e luce. Vive in campagna senza acqua corrente e coltiva il suo orto; ha preso posizioni importanti e coraggiose in temi insidiosi come depenalizzazione dell’aborto (in america latina non rappresenta la normalità) e la regolarizzazione della commercializzazione e del consumo della marijuana per combattere il narcotraffico. Ma di Mujica voglio ricordare soprattutto il suo discorso alla Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile Rio+20 :

Veniamo alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare. Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per consumare un plus e la società di consumo è il motore, perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma questo iper consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta. I vecchi pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: povero non è colui che tiene poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e più. Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare. Precisamente. Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità!

discorso del Presidente Mujica a Rio

La carrellata di paesi che sopravvivono alla crisi grazie al riconoscimento dell’importanza della sostenibilità e con l’adozione di provvedimenti concreti a favore dell’ambiente sarebbe più lunga ma ho voluto raccontare a grandi linee tre storie per me significative. Queste storie rappresentano il rispetto per il proprio paese e il rispetto per il genere umano; raccontano come sia possibile evitare la deriva del paese senza manovre finanziarie impossibili; raccontano come sia possibile fare scelte sostenibili senza gruppi di studio pagati fior di quattrini che ci spiegano cos’è la green economy.

Con questo auguro al prossimo governo, se ci sarà, buon lavoro e che la saggezza sia con te.

Fonti

http://www.huffingtonpost.com/green/

http://www.ambiente.gob.ec/

 

6 thoughts on “Yes, they can, noi no!

  1. da che mi risulta, il M5S sono anni che spara a zero contro la cementificazione incontrollata, le centrali nucleari e le discariche, tanto per citarne qualcuna, inoltre spinge sulla riqualificazione degli edifici gia’ esistenti, sulla (ri)qualificicazione energetica degli edifici, sulle energie rinnovabili, di un piano energetico di respiro nazionale e pluriennale, dagli altri non ho sentito assolutamente nulla, anzi, se potevano ci beccavamo pure un TOT di centrali nucleari!

    • Basta parole, ora che ci sta un firmamento di stelle in parlamento è il momento di farle davvero queste cose, altrimenti restano solo le chiacchiere, che per quanto giuste e che condivido in pieno (nel 2006 sono stato con Grillo a Trento a parlare contro gli inceneritori) sono e restano soltanto belle ma inutili chiacchiere.

        • Se il loro capo continua così, neanche lo poggiano, che si torna a votare; eppoi di geni, anche tra i grillini, ne ho visti pochi. Intanto Pizzarotti accende l’inceneritore… che doveva essere venduto alla Cina.

  2. Ecco, basta parole. Non voglio più “invidiare” gli altri Paesi. Siamo tutti bravi ad attaccare: contro cementificazione, contro inceneritori, contro discariche,contro tutto e tutti! ora è il momento di fare proposte e di cominciare ad attuare il cambiamento. Nessuno vuole togliere questa possibilità a Grillo e alla sua squadra; se ha davvero un programma come dice qualcosa dovrà pur farla. Vedremo

  3. L’attenzione all’ambiente è un tema presente anche nel programma di Rivoluzione Civile, movimento giovanissimo non premiato dalle ultime elezioni. Spero che andrà meglio alle prossime elezioni visto che già tra due mesi ci saranno a Roma le comunali.

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