La verità sui cambiamenti climatici è che non ci vogliamo veramente pensare. E facciamo male perché la politica dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia non paga affatto.
Vero è che siamo in affanno per la crisi economica, sociale e politica che da anni tormenta questo paese. Vero è che si cominciano a vedere cittadini che individualmente o in gruppo si impegnano ogni giorno per cambiare un po’ il proprio stile di vita, da chi si impone di spostarsi solo in bicicletta o con i mezzi pubblici a chi coltiva orti urbani o installa sistemi energetici autonomi per ridurre la propria dipendenza domestica dalle fonti fossili. C’è anche chi fa ricerca da anni per individuare risposte di adattamento alle nuove condizioni climatiche per esempio in ambito agricolo o urbanistico-architettonico.
Ma è il “sistema Italia” nel suo complesso che non parla di questo problema immenso e se lo nasconde. Oppre ne parla ma non fa sul serio. I grandi programmi televisivi, quei talk show dove si spacca il capello in quattro su ogni argomento, su questo tema non riescono a spiegarcelo. I grandi divulgatori televisivi, per esempio gli Angela padre e figlio, preferiscono ammannirci continui documentari sull’antica Roma piuttosto che discutere seriamente del futuro prossimo. Anche i politici di ogni ordine e grado tendono a dire cose fumose ed inesatte, compresi presidente del consiglio e ministro dell’ambiente, che con le loro trivellazioni petrolifere in terra e in mare appaiono anzi stellarmente lontani dalla comprensione del problema.
Per fortuna ne parla il papa, uomo amatissimo e molto rispettato. che però ha il difetto di non avere alcun potere in materia, salvo quello comunque importante della comunicazione. E se ne parla forse potremmo aspettarci un miracolo, dato che proprio di un miracolo di impegno e di lavoro avremo bisogno per sfuggire alla fornace verso cui ci stiamo gettando a capofitto.
In questi ultimi decenni, sotto la spinta della crescita economica e del consumo sfrenato ormai globale abbiamo consumato talmente tanta energia fossile da trasformare l’atmosfera in una discarica di gas serra, che hanno alterato le condizioni naturali prevalenti in precedenza. Ogni giorno vengono bruciati 93 milioni di barili di petrolio e ogni anno ciascun essere umano consuma una tonnellata di carbone! Sono numeri incredibili che acquistano maggiore realtà se consideriamo che ogni nostro acquisto e consumo nasconde un dispendio energetico con le relative emissioni di carbonio.
Dalla bottiglietta d’acqua scaricata dal distributore (200 grammi di CO2, che in un anno fanno quasi un quintale di CO2) alla maglietta di cotone (circa mezzo chilo di CO2) alla bistecchina di manzo comperata al supermercato (1,3 kg CO2 per ettogrammo, che se la mangio tutti i giorni in un anno fanno quasi mezza tonnellata di CO2), per non parlare dell’automobile che abbiamo appena sostituito (40mila kg di CO2 per costruirla e altrettante emesse durante il suo uso, che se le dividiamo su dieci anni fanno 8 ton l’anno!).
Tutto questo non può continuare così, perché se continua così la nostra generazione causerà un tale disastro che i nostri figli e nipoti potrebbero maledirci per questo. E noi vogliamo l’ammirazione e l’affetto dei nostri discendenti, non certo le loro maledizioni no?
Allora cominciamo a parlare sul serio di questa cosa e facciamoci un po’ tutti esperti, in fondo non è molto più difficile del calcio per chi lo segue o dell’uncinetto per chi lo sa fare.
Al di là degli sforzi individuali o famigliari che ognuno di noi deve giustamente fare per ridurre le proprie emissioni, è evidente che servono provvedimenti globali. Anche se tutta l’Europa con in suoi cinquecento milioni di abitanti si impegnasse spasmodicamente per abbattere a zero le proprie emissioni rimarrebbero in giro comunque quelle di altri miliardi di persone. E allora?
Allora è essenziale introdurre il concetto di impronta di carbonio, ovvero ogni consumo materiale o di energia comporta delle emissioni di gas serra, che variano a seconda di come è stato ottenuto il prodotto e di quale fonte di energia è stata utilizzata.
Una volta introdotto questo computo si tratta di (orrore!) tassare queste emissioni. Chiaro che se una casa usa solo energia rinnovabile la tassa scende a zero o addirittura si traduce in una sovvenzione, se invece la casa è scaldata, mettiamo, a olio combustibile allora quel consumo andrà scoraggiato con una tassazione, appunto detta tassa sul carbonio (o se preferite l’inglese, carbon tax) che aumenta il prezzo del combustibile più sporco.
La comparsa di queste tasse sulle emissioni esercita una pressione positiva verso l’abbandono delle fonti fossili e l’assunzione di almeno due comportamenti virtuosi, la diminuzione dei consumi energetici (attraverso l’efficienza energetica, per esempio isolando meglio gli edifici) e la sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili.
Siccome poi non c’è solo l’anidride carbonica a dare fastidio al clima ma anche per esempio il metano, e siccome il metano viene emesso in abbondanza dalle mucche, i prodotti lattiero caseari e la carne andrebbero anch’essi tassati, dopo un’opportuna conversione del metano in CO2 equivalente.
In questo caso l’effetto sarebbe quello di spingere a una maggiore moderazione nei consumi di questi prodotti zootecnici a favore di ortaggi proteici e altri prodotti vegetali, magari coltivati in prossimità delle nostre città invece che a migliaia di km di distanza.
Ma quanto siamo lontani da tutto ciò? Siamo lontanissimi, ed è per questo che prima parlavo di miracolo. Oggi nessun meccanismo del genere è in azione se non in singoli paesi e su singoli comparti. Per esempio in Francia il mercato automobilistico da qualche anno è soggetto a un sistema bonus-malus che punisce con forti tasse le auto più grosse e inquinanti e favorisce l’acquisto di mezzi a emissioni limitate o zero. In Francia sono quindi diventati rari i Suv e si vedono girare già un discreto numero di auto elettriche. Facile no?
Il Costa Rica è il primo paese al mondo dove tutta l’elettricità arriva da fonti rinnovabili.A seguire ci sono molti altri Paesi, mentre l’ITALIA è votata all’AUTODISTRUZIONE.
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