Lo sport è un lusso?

Quello che i nostri governati non hanno il coraggio di dirci è che siamo in un’economia di guerra. E’ giunto il momento per ognuno di noi di rivedere il proprio stile di vita e mettere in discussione quello che fino a poco tempo fa ci sembrava scontato. Cambiano le priorità; ciò che prima era necessario, oggi diventa superfluo, un lusso da tagliare. Per la maggior parte degli italiani (ma anche degli spagnoli, dei greci, dei portoghesi, dei francesi, ecc…) è un lusso la macchina (crollo delle vendite), la seconda casa (crollo del mercato immobiliare) ma anche la prima (aumento dei pignoramenti). E’ un lusso il telefono, le vacanze, il dentista, i libri e i giornali (tanto c’è internet…), le scarpe per ogni occasione, gli spostamenti con mezzi privati, lo stipendio fisso…
Le continue manovre di stabilità ci vogliono dire questo: quello che finora ti potevi permettere ora non puoi più. Dobbiamo rimodulare le nostre priorità e ragionare come facevano i nostri nonni in tempo di guerra, quando la povertà non era una vergogna ma la condizione maggioritaria. Non è piacevole dirlo, ma siamo più poveri. Come tali ci dobbiamo regolare, tagliando il superfluo e soprattutto rivedendo la scala di valori, mettendo in discussione addirittura capisaldi come l’istruzione e la salute (ormai in via di smobilitazione, almeno nella versione pubblica). In questo quadro complessivo che senso ha parlare di sport?
Infatti i nostri politici non ne parlano. Un po’ perché non sanno cosa dire e un po’ perché alla fine sanno che in un’economia di guerra lo sport è un lusso che nessuno si può permettere. Del resto, in ogni guerra che si rispetti si fermano i campionati e le attività sportive, in attesa di tempi migliori.
In perfetta coerenza con questo assioma, la politica italiana non sa di sport e non fa nulla per esso. Un recente studio l’UISP ha provato a calcolare l’impatto della recente manovra di stabilità sulla pratica sportiva. Introducendo la franchigia di 250 euro per le detrazioni, si colpiscono anche le spese legate all’attività sportiva dei ragazzi. Fino ad oggi era permessa una detrazione del 19% dell’importo speso. Con la “stabilità” (se non sarà modificata), la detrazione si applicherà oltre i 250 euro di spesa. Per capirci; chi spende 1000 euro l’anno per la pratica sportiva dei figli avrebbe potuto detrarre 190 euro, ma essendoci la franchigia, detrae il 19% di 750 (1000-250). Uno svantaggio, soprattutto per chi ha più di un figlio.
Il problema, nel caso dello sport, non sono gli importi complessivi (che comunque contano), ma l’approccio mentale. La pratica sportiva in Italia si poggia soprattutto sulle famiglie, che finanziano l’attività dei propri ragazzi (perché la Scuola… beh, lasciamo perdere). Un Paese che vive la sensibilità sportiva, e quella ambientale, come un problema di salute pubblica, avrebbe posto maggiore attenzione a questo aspetto, avendo il coraggio di sgravare il carico fiscale delle famiglie che investono in queste attività. Da questa classe politica (e da questi professori), per cui il massimo di sensibilità sportiva è quella di pensare agli stadi, cosa ci si poteva aspettare?
Alla fine basta un pallone (magari di stracci, come i nostri nonni) e una strada libera dal traffico (a trovarla); non costa nulla e fa altrettanto bene. Eppoi vuoi mettere, fa tanto vintage…

8 thoughts on “Lo sport è un lusso?

  1. Se anche lo sport per i nostri figli diventa un lusso a cui bisogna dover rinunciare per poter far quadrare i conti è giusto che questo stato chiuda. Non garantisce nulla, non offre nulla, chiede e basta. Lo sport è cultura, benessere, aggregazione sana e pulita. Dovrebbe essere un compito dei municipi creare degli spazi pubblici gratuiti dove poter far praticare attività sportiva per non avere una gioventù obesa e malata che “pesa” o “peserà” sui conti di una sanità già disastrata. Ma quando mai, ai “professori” non interessa questo. A loro interessa far cassa. In qualsiasi modo. Nel primo semestre del 2012 le VLT (nuove slot machine) hanno portato nelle casse dell’Erario 4 miliardi di euro. Famiglie distrutte dal gioco d’azzardo compulsivo (ludopatia), e lo Stato che fa? Cancella dal decreto Balduzzi tutte quelle norme atte a proteggere i più deboli. A loro non interessa. Il problema non è tutelare il cittadino, per loro il problema è far cassa. Bische, alcool, sigarette che importa, se producono soldi ben vengano. Subiamo tutto. In silenzio e senza reagire.

  2. E’ il classico argomento facile preda dei bar. Anzi, dei loro tavolini lungo i marciapiedi. Tutti dicono la stessa cosa, ripetendola in una litania che, come un’ampiaa coperta di soddisfazione, scalda tutti indistintamente. Si è tutti d’accordo, eppure si continuano a ripetere le stesse cose come se fossero segrete novità. Ed è, però, anche un terreno in cui gli aspetti scomodi vengono accuratamente evitati dati che, a ben vedere, rischierebbero di aprire nuovi fronti di discussione in cui, questa volta, si potrebbe non essere poi così tanto d’accordo. E si perderebbe d’incanto quel senso di appartenenza (che poi sia ad un gruppo di “poveri” poco conta) che tanto pare scaldare il cuore… e le menti. Lo sport, in questi anni di brividi economici è diventato un lusso? Forse si, per carità. Ma se, tante volte, fosse anche che lo sport era stato trasformato in un’attività “lussuosa” prima ancora dell’attuale spending review (perché poi non si dica rettifica dei costi ancora non lo capisco)?
    Bambini/e e ragazzi/e che frequentavano club sportivi, con tanto di divisa sociale, con la scarpetta fica realizzata da altrettanti bambini un tantino meno fortunati; attrezzature astronautiche controllate da sofisticati computer dedicati, in fin dei conti, a far sollevare qualche decina di chili; attrezzature in titanio, manganese, alluminio ricavato dal pieno e qualsiasi altra lega superleggera e super resistente (come se a manovrarle ci fossero degli hulk scatenati) e, possibilmente, realizzati a seguito delle missioni lunari… un mondo in cui la “missione sport” andava a braccetto con una gratificante sensazione di elitarietà. E’ questo lo sport di cui stiamo parlando? Lo chiedo perché, al contrario, quello in cui gli ingredienti erano una bicicletta, un pallone in un campetto (non di erba sintetica con profumo artificiale di mughetto ma di erba vera in una delle tante ville di Roma o di cemento nel cortile di casa), un pallone (quale protagonista!) e un filo teso orizzontalmente poco al di sopra delle teste, un paio di scarpe da ginnastica (magari senza ammortizzatori a controllo pneumatico sotto al tallone) e un percorso poco trafficato… questi sport, quelli che con un vago sapore di snobbismo definiamo “dei nostri nonni”, questi non credo che vengano toccati dai nostri governanti.
    E se ci fa tanto gongolare parlare dei milioni altrui come se fossero i nostri, destinati a comprare calciatori come se fossero i nostri figli, non dovremmo dimenticarci che lo sport, in quanto tale, non dovrebbe avere alcun aspetto o sentore di lusso, sebbene non si faccia altro che parlarne in e con questi termini.
    Lo sport è un lusso? Secondo me si. Solo che oggi siamo costretti ad accorgercene.

  3. E’ lusso tutto ciò che non ti puoi permettere; non vuol dire che non sia necessario.
    Leggo solo oggi (colpevolmente) l’intervista del ministro Gnudi (Turismo e Sport) sulla Gazzetta di venerdì. Ci dice che il sistema sportivo in Italia si tiene principalmente sulle società sportive; che lui è convinto che se ne debba occupare la scuola; che non ci sono neanche i soldi per i Giochi Sportivi studenteschi (figuriamoci per l’attività sportiva seria…); che verranno stanziati 23 milioni per gli impianti di base (e chi ci insegna, i maestri e i professori?) e che probabilmente il prossimo anno il CONI non avrà neanche i 400 milioni di quest’anno.
    Lo sport è proprio un lusso per questo Paese, i politici e governanti abbiano il coraggio di dirlo apertamente…
    Prossimamente uno sguardo allo sport low cost: possibile, ma non per tutti

  4. Non sono d’accordo. In “ciò che non ci si può permettere” possono rientrare cose essenziali e vitali o oggetti/attività la cui essenza è solo di apparire. Il “lusso”, in quanto tale, presuppone il concetto di superfluo a ciò che necessita nell’esistenza, in quanto ornamento e cornice (di lusso, appunto) il cui fine è solo apparenza. O status-symbol, se vogliamo. E’ necessario spendere 50 euro al mese, o anche molto oltre, per sollevare ripetutamente alcune decine di chili? E’ necessario spendere per correre su un tapis-roulant elettronico con le cuffie in dolby surround? E’ necessario iscriversi in un Circolo Sportivo, con bar, salottini, sala lettura, campetti di calcio, odore di scarpe da ginnastica, acqua di colonia e creme idratanti, ovunque marchi blasonati di Nike, Adidas, Ray Ban…?
    Ripeto: è questo lo sport di cui si sta parlando? Sono queste le rette che poi venivano messe in detrazione? Lo chiedo perché chi esce di casa mezz’ora prima per andare a correre per strada, o chi prende la bicicletta (magari non una di quelle da 2-3.000 euro) per andare a pedalare quotidianamente, o chi una/due volte a settimana se ne va a Ciampino a fare arrampicata libera (come facevo io), e c’è chi il sollevamento pesi lo fa alle 5 di mattina al mercato con le cassette della frutta, o scaricando mobili… ecco… queste e tante altre persone come queste, non credo che oggi stiano lì a farsi domande sull’ingiustizia dell’abbassamento dell’aliquota detraibile destinata allo… sport. Semmai, e qui ti darei ragione, avrebbe senso che i primi 50 euro mese di retta siano detraibili in misura anche maggiore rispetto al passato. Ma da 51 euro in su, la detrazione te la scordi completamente dato che, è evidente, si tratta di somme che non giustificano una mera attività sportiva. E se vuoi andare al Circolo Sportivo (le maiuscole non sono casuali) ad allenarti con il lusso intorno (nella sua accezione pura, ovvero il superfluo), libero di farlo, ma che non ci si richiami poi alla sacralità dello sport, per favore! Lo sport è sudore, fatica, spesso anche polvere… non salottini, musica soffusa e narcisistici specchi. Conosco persone che hanno figli, tutti che fanno sport, e il reddito familiare è tutt’altro che alto. Ma quando vanno ad allenarsi, lo fanno in gruppi sportivi sostenuti da volontari, squadre di rugby (il calcio tendo a non considerarlo troppo nel novero delle attività sportive), o di pallavolo, di basket, di atletica… ragazzini che si allenano nei campetti della parrocchia, o affittati in colletta da tutti i genitori… e non spendono una “lira”.
    Ora, non voglio dire che sia giusto così. No. Ma tra la terra e la moquette c’è molto… spazio di manovra. La terra è essenza. La moquette è lusso.

    • Fabio, la detrazione è (o meglio dire, era) per l’attività di figli minorenni a carico. Molte delle attività che elenchi come sportive “low cost” non sono per ragazzi. Meno che mai il campetto della parrocchia che, in mancanza di altro, può fungere da sostituto, ma non la regola. Le società sportive spesso sono sostenute dal lavoro volontario, ma costano, giustamente. Quando non costano a volte sono tenute da tanti bravi volenterosi genitori che si improvvisano allenatori (e sappiamo quanti errori commettiamo noi genitorio proprio in materia di sport…). Sfido a trovare un corso di nuoto, di tennis, di calcio, di basket, di ciclismo, di scherma…(di quello che vuoi) a basso costo.
      Ben lieto, comunque, di ospitare su questo blog esempi di società sportive, magari affiliate ad una Federazione, perché degli enti di promozione siamo pieni (forse anche immeritatamente), senza oneri per i genitori…

  5. Si, Antonio. So bene che gli esempi che ho portato non sono i più attagliati a bambini o comunque ragazzi minorenni. Ma erano provocatori per sostenere, e ribadire, il concetto che, se è vero che lo sport non possa non avere un costo, è anche vero che sia diventato, il più delle volte, un’espressione più di lusso che di attività motoria. Ciò che dovrebbe essere un momento di educazione e crescita psico-fisica, è diventato un momento di aggregazione e di esibizione delle proprie capacità economiche. La scarpetta da cento e passa euro, la racchetta in lega galattica, il pallone in pelle umana, la macchina per gli addominali che ricorda Al2000… il tutto in ambienti soft, curati più nei dettagli architettonici che in quelli fiscali. E’ questo lo sport che io addito e disconosco. Sono convinto che il Centro Sportivo che punta all’essenziale, ovvero allo sport e null’altro, abbia prezzi che davvero incidono poco in questa modifica fiscale. Il problema, semmai, è trovare un Centro di questo tipo… stanno sparendo come i pizzicagnoli. Se ne trovano ancora in periferia (e non tutte le periferie)… sarà un caso?

  6. Rimane sempre la regalia alla corporazione dei medici di base con questo ladrocinio della visita medica sportiva, totalmente inutile (e recenti fatti lo dimostrano, molte patologie non sono diagnosticabili neanche con visite accuratissime). E le famiglie intanto debbono sobbarcarsi la spesa di 35 euro a figlio ANNUE per farli iscrivere in palestra, anche se il medico di base e’ gia’ pagato dalla mutua per visitarti… Ebbene si’ lo sport e’ un lusso!

    • Cristina, hai toccato un tasto delicato, che merita qualche approfondimento (forse addirittura un post, ma visto che mi trovo uso questo commento). Il certificato medico sportivo così com’è effettivamente non serve, o serve in parte. E’ ormai consolidato che per una qualsiasi attività sportiva il certificato appena sufficiente è quello di tipo B, ovvero che prevede elettrocardiogramma, elettrocardiogramma sottosforzo, spirometria, anamnesi completa del soggetto e analisi delle urine. Per alcune pataologie nascose sarebbe utile anche l’ecocardiogramma e l’holter24.
      Impossibile. Per tutti gli sport, nel caso del certificato medico agonistico, le ASL forniscono il servizio gratuito in presenza di ragazzi tesserati per società sportive e che rientrano nell’età agonistica fissata da un decreto ministeriale del 2008. Per capirci, sotto quell’età il certificato si paga, in età agonistica è un servizio del SSN (con i tempi che ogni regione prevede).
      Di fatto, come dice Cristina, il certificato medico semplice costa dai 25 ai 35 euro e rischia di non servire al suo vero scopo, ovvero la tutela della salute della persona.
      I recenti casi a cui fa riferimento Cristina hanno innestato un meccanismo che rischia di diventare la norma e gravare ancora di più sulle tasche delle famiglie. Molti medici non se la sentono più di assumersi la resposabilità e di rilasciare il certificato medico. Preferiscono demandare al medico dello sport (specialista e per questo più adatto), il quale prima di rilasciare qualsiasi certificato impone una visita medica completa, a spese dell’utente. Poco male, c’è di mezzo la salute dei figli e si fa, ma in questo caso non sono 25 (o 35) euro, ma il doppio (minimo). Come non bastasse, alcuni responsabili sanitari di Federazioni, per paura di trovarsi coinvolti in casi controversi, spingono per l’abbassamento dell’età agonistica delle rispettive discipline. Abbassamento che prevederebbe “automaticamente” la necessità del certificato medico agonistico (con tutti i benefici di cui sopra). Conosco alcune Federazioni che hanno abbassato l’età agonistica e comunicato la decisione agli organi compententi, per cui obbligano i propri tesserati al certificato medico agonistico e visita completa. Gli organi compententi, però, sono organi CONI che non possono legiferare ma solo avere funzione consultiva. In attesa di un altro decreto che adegui le età agonistiche… L’ultimo, lo ricordo, è del 2008.

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