Quell’articolo 2 del Codice della Strada…

Aside

Mi sono imbattuto recentemente nel Codice della Strada, che dovrei conoscere, come tutti, e che invece ho scoperto solo ora, almeno nella parte relativa i principi generali, il titolo 1° (articoli 1_12). L’ho letto con l’interesse che si deve ad ogni enunciazione di principio, la quale disegna il contesto culturale in cui si muovo le regole.
L’Articolo 2, quello della classificazione delle strade, rivela la nostra profonda (in)sensibilità riguardo la mobilità. Non che non ne fossi consapevole, ma il codice della strada mette nero su bianco; e non è un bello scritto.
Chi ha tempo e voglia di leggerlo (in rete si trovano numerose versioni) si accorgerà che le strade italiane possono prevedere uno spazio specifico per le biciclette.
Non è una questione da poco. E’ come dire che le case possono essere antisismiche, ma se qualcuno le costruisce senza alcuna cautela per i problemi geologici del posto, questo non è un problema di ordine pubblico.
Così il codice della strada (anche nella più recente riscrittura del 2012) ci dice che in Italia le strade devono per forza essere realizzate ad una o due carreggiate e che possono essere percorse, con opportune cautele, anche da altri “vettori” (che siano mezzi pubblici, bici o pedoni). Verrebbe da dire “roba da medioevo” se non fosse che forse ai tempi di Dante non c’era le auto ma solo pedoni e qualche cavallo.
I problemi dei trasporti e della mobilità, come quello dell’innovazione e della sicurezza passano dagli obblighi che ci diamo. Se tra questi non figurano piste ciclabili, pannelli fotovoltaici, edifici sicuri, marciapiedi, spazi verdi (e altro), è inutile che poi speriamo di poterli realizzare in un secondo momento.
Nell’Europa civile, neanche tanto lontana dai nostri confini, pur considerando il settore dell’auto trainante per l’economia, culturalmente non si è mai commesso l’errore di pensare che l’unico mezzo di spostamento sia l’auto. Ed infatti tutte le strade, anche quelle extraurbane, prevedono piste ciclabili e marciapiedi e il sistema ferroviario (capillare e pendolare) funziona meglio del nostro.
All’inizio della crisi, eravamo nel 2009, si ragionava come lo Stato potesse intervenire nell’economia per interrompere la spirale recessiva. Si è deciso di regalare (immettere) soldi al sistema bancario, costringendolo al contempo ad acquistare bot e titoli di stato per sostenere il debito pubblico. L’effetto è stato di bruciare sull’altare dei mercati miliardi di euro, senza per questo riattivare l’economia che in Occidente passa attraverso due comparti strategici: industria dell’auto e edilizia. Se allora quei soldi si fossero investiti per migliorare sicurezza ed efficienza energetica dei nostri edifici pubblici (a cominciare dalla scuole) e nei sistemi per dimezzare la dipendenza dal petrolio per i nostri spostamenti, forse in 5 anni avremmo costruito un futuro migliore di quello che ci si prospetta. Obama ci aveva provato, definendo la crisi un’opportunità. Non è andata così negli States, figuriamoci da noi.
Però l’articolo 2 del codice della strada lo potevamo cambiare…