Imparare dai funghi

Gli amanti dei funghi gioiscono, l’alternanza di giornate calde e di giornate piovose crea le condizioni ambientali ideali per la crescita di questa prelibatezza culinaria e sui banchi del mercato compaio cesti pieni di porcini.

Si mette in moto un processo molto interessante e istruttivo. Ci sono i funghi velenosi e quelli buoni da mangiare, molto desiderati. Si sa più o meno dove si possono trovare i funghi, e ci sono dei buongustai che vanno a cercarli; alcuni sono cercatori abili e altri invece dopo un po’ desistono. La raccolta dei funghi può essere facile o difficile, bisogna innanzitutto sapere quali sono i terreni buoni, e qui intervengono l’astuzia e l’esperienza del cercatore; i posti buoni possono essere boschi di facile accesso oppure boschi impervi. Infine il cercatore che ha raccolto i funghi se li mangia o li regala agli amici, o anche può decidere di venderli al mercato. In quest’ultimo caso qualcuno deve trasportarli ed esporli su banchetti per i quali paga un affitto; di venditori ce ne possono essere più d’uno e in concorrenza l’uno con l’altro. A questo punto il fungo è diventato un “prodotto” e ha un prezzo. Il prezzo dipende dall’abbondanza del raccolto di partenza e dalla modalità delle astuzie mercantili. I funghi sono divertenti, sono una sorpresa della natura e danno gioia alla tavola. E la cerimonia si ripete ogni anno nella stagione giusta; il fungo è una risorsa rinnovabile. Se si considera una certa area di raccolta e di consumo si osserva che la presenza dei funghi al mercato ha un andamento descrivibile da una curva che parte da zero, ha un picco e poi torna a zero. Sappiamo che ciò deriva dal fatto che la quantità totale dei funghi nati sul territorio che consideriamo è fissa, anche se può essere diversa di anno in anno, c’è l’annata buona e l’annata cattiva. Ma in ogni caso questo picco è caratteristico dell’approvvigionamento logistico che a sua volta si applica a ogni risorsa desiderabile che si consuma tutta fin che ce n’è, come è appunto il caso dei funghi.

Molto simile e insieme molto diverso è il caso dell’oro, dei diamanti, del marmo pregiato, del petrolio. Questi materiali desiderati non nascono di nuovo a ogni stagione, ma per essi vale una sorta di condanna: ce n’è una quantità fissata e data una volta per sempre. Non si parla di raccolta ma di estrazione. Le risorse fossili quasi sempre non stanno in superficie, gli eventi geologici hanno fatto sì che il materiale desiderato sia sepolto sotto terra, quindi non è visibile a occhio nudo né facile da estrarre. Una volta estratto diventa un prodotto, ha un prezzo ed è partecipe di un mercato. Sappiamo che la quantità è fissa ma non sappiamo con esattezza il suo valore; non è un serbatoio palese ma segreto, è come nel caso dei funghi, occorre cercare e poi raccogliere. A differenza dei funghi che se non sono raccolti marciscono, il petrolio che non è estratto resta lì per sempre. Ci sarà un picco di produzione e consumo, ma una sola volta nella storia dell’uomo.

Quanto petrolio c’è sulla Terra? Ci sono due risposte, quella del geologo e quella dell’estrattore. Il geologo ragiona con gli strumenti della chimica, della mineralogia, della paleontologia, della tettonica. L’estrattore ragiona con altri strumenti, alcuni palesi, altri no. C’è la fase di ricerca dove entra l’esperienza, il fiuto, la spiata corsara, infine la fortuna. Legata alla fortuna c’è un’altra dote gemella, il coraggio. Infatti l’introspezione implica rischi fisici umani e grandi costi di trivellazione esplorativa. Poi se la ricerca è fortunata si estrae il petrolio che è il “prodotto” che infine arriva sul mercato. Qui si incontrano il flusso di produzione a monte e il flusso di consumo a valle. Dal lato produzione ci sono tre attori principali: gli esploratori coraggiosi, i mercanti che raccolgono, distillano e distribuiscono i derivati del petrolio e i governi che gestiscono le dispute territoriali e monetarie legate a un prodotto così importante con interventi politici e militari. Da qui parte un gioco molto complesso nel quale la quantificazione della risorsa non è un concetto fondamentale, un dato di partenza, ma il risultato di una dinamica nella quale sono implicate fortune colossali e guerre altrettanto tragiche.

Isolato e lontano resta il giudizio del geologo, l’unico che ha il carattere di dato scientifico. La conoscenza del geologo ha molte incertezze. Il geologo infatti deve ragionare congiungendo i dati sperimentali che vengono dai cercatori operanti sul terreno e le teorie generali riguardanti la dinamica della crosta terrestre, i processi naturali che hanno portato alla formazione delle risorse fossili. È da questa conoscenza teorica che nasce il concetto di quantità totale finita della risorsa: è un numero non conosciuto esattamente ma è un numero fisso, e inesorabilmente il processo di attingimento a questa risorsa finita, se seguirà la logica del massimo profitto ottenibile, avrà l’andamento del picco logistico: la risorsa parte dal valore iniziale che c’era in passato e tende all’esaurimento nel futuro mentre il consumo parte da zero, raggiunge un picco e poi inevitabilmente tenderà a zero all’esaurirsi della risorsa.

Per i funghi la curva del picco ha la larghezza di qualche settimana e si ripete di anno in anno; la curva del picco del petrolio si ha una solo volta nella storia dell’uomo e tutti noi ci siamo dentro.

 

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