Nei giorni scorsi è stato presentato il Dodicesimo Rapporto Osservatorio Romano sulle Migrazioni, curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”: uno studio che fotografa in modo capillare la situazione dell’immigrazione nel Lazio, nella Città Metropolitana di Roma e nel Comune di Roma.
Fra i tanti spunti forniti dall’indagine, vorrei segnalare un caso che esce un po’ dal consueto. L’associazione Refugees Welcome Italia Onlus (RWI) nasce nel 2015, ispirata da un analogo esperimento tedesco, con l’obiettivo di rovesciare l’approccio al problema delle migrazioni: vuole creare un’esperienza di convivenza, condivisione e conoscenza reciproca per attivare un processo di trasformazione culturale e sociale. In sostanza, seguendo uno schema che ricalca quello di Airbnb, RWI mette in contatto i rifugiati con le persone che vogliono accoglierli in casa per creare dei percorsi di inclusione. La selezione è molto accurata, i periodi di soggiorno sono variabili (da tre mesi a un anno) e la procedura segue precisi schemi organizzativi. In più c’è l’affiancamento del facilitatore, una sorta di punto di riferimento da consultare in caso di difficoltà, ma anche colui che aiuta il migrante nel definire il suo progetto di autonomia. Queste sperimentazioni di accoglienza abitativa costituiscono una realtà ancora molto esigua (circa 10 a Roma e 40 in tutta Italia). Tuttavia, a prescindere dai risultati, ancora una volta la creatività della società sembra aver superato le incertezze della politica.
Un fatto rimane indiscutibile: che ci piaccia o no, il fenomeno delle migrazioni è destinato a durare e richiede interventi idonei. Anche perché la presenza degli immigrati fa emergere le molte e complesse disfunzioni socio-economiche presenti nel nostro territorio, a livello sia nazionale che locale, e mette in competizione le fasce più deboli della popolazione in una sorta di guerra tra poveri. Come sottolinea Ewa Blasik di ANOLF Lazio (Associazione Nazionale Oltre le Frontiere, che fa parte della Cisl), “dietro il fenomeno dell’immigrazione ci sono persone, esseri umani che hanno bisogno di ascolto, di aiuto per orientarsi nel ginepraio normativo che mette in difficoltà anche chi parla italiano, di qualcuno che spieghi loro come inserirsi in un contesto lavorativo onesto, come accedere ai servizi sanitari, come trovare una casa”.
Dal momento che gli immigrati ci sono, è meglio integrarli e farli rimanere entro i confini della legalità. Un buon punto di partenza è sicuramente la scuola, luogo privilegiato dell’integrazione, dove si gioca il futuro e dove vengono trasmesse le regole di vita della nostra società, a cominciare dal rispetto e dalla tutela nei confronti delle donne. Secondo Blasik “occorre uscire dalla logica degli interventi precari e isolati, e puntare su un piano complessivo: in questo modo la scuola potrà recuperare il suo ruolo di comunità educante di grande valore sociale in cui ragazzi, genitori, insegnanti e istituzioni possono lavorare insieme per costruire un futuro diverso”.