La tonnara di Camogli: tradizione e sostenibilità

Tra le tecniche di pesca che l’uomo ha ideato alcune appartengono ad una storia antica fatta di grandi migrazioni di pesci pelagici, di reti fisse create per catturarli e di uomini di mare che lavorano attorno ad esse: la pesca della tonnara.

Le tonnare nascono dall’osservazione del comportamento migratorio del tonno rosso (Thunnus thynnus), un vorace superpredatore (il cui peso può arrivare ai 700 Kg) che si nutre quasi esclusivamente di pesce azzurro e che in primavera, spinto da un irrefrenabile istinto genetico, inizia il suo viaggio dalle fredde acque del Nord Atlantico, attraverso lo stretto di Gibilterra, per riprodursi nelle più calde e meno profonde acque del Mediterraneo. La pesca con la tonnara sfrutta il periodico spostamento dei tonni creando degli sbarramenti, dalla costa verso il mare, in grado di deviare i banchi di pesce verso un labirinto di reti che li intrappolerà nella sua parte finale: la camera della morte.

La carne di questo pesce è stata apprezzata fin dall’antichità più remota, ne parlano i Greci prima e poi i Romani, che con le sue interiora preparavano un condimento molto apprezzato all’epoca, il Garum. Il tonno è, nella tradizione marinara, un po’ come il maiale per quella contadina: di questo pesce non si butta via niente, le uova vengono lavorate per ottenere la “bottarga”, dalla schiena si ricava il “mosciame”, il resto viene inscatolato o salato, a seconda della parte del corpo, e persino la testa viene utilizzata ricavandone olio e concime.

La cattura del tonno attraverso l’utilizzo di questa particolare tecnica è una tradizione millenaria, furono probabilmente prima i Fenici e poi i Greci a calare per primi nel bacino del Mediterraneo questa tipologia di rete. Successivamente, attorno all’anno 1000, gli Arabi introdussero le prime tonnare in Sicilia e gli Spagnoli, che avevano imparato questo sistema di pesca durante la dominazione Araba, iniziarono a calare le tonnare lungo tutta la costa occidentale sarda, dopo averne preso possesso alla fine del 1400. La tecnica di pesca del tonno si sviluppò per molti secoli, nel 1800 si contavano ancora numerose tonnare in tutta Italia, ma oggi, all’alba del terzo millennio, ne sono rimaste solo cinque: due in Sicilia (Bonagia e Favignana), due in Sardegna (Carloforte e Portoscuso) e una in Liguria a Camogli.

I pescatori della tonnara di Camogli durante la levata della rete (Foto M. Faimali)

I pescatori della tonnara di Camogli durante la fase di  levata della rete (Foto M. Faimali).

Le prime notizie ufficiali della tonnara di Camogli si hanno nel 1603, ma probabilmente la sua storia è ancora più antica ed è stata in passato una fonte di benessere per tutta la cittadinanza ed i proventi della pesca servivano anche per cofinanziare importanti opere pubbliche e religiose (prolungamento del porto e completamento del Santuario del Boschetto) del paese. Dal 1982 la tonnara è stata affidata alla Cooperativa Pescatori di Camogli che ancora oggi la gestisce.

Come in passato, l’attività della tonnara a Camogli è ancora evidente e presente nella quotidianità del paese. Molti uomini e donne di Camogli hanno lavorato e lavorano, anche nei mesi invernali, per permettere la posa della tonnara in mare nel mese di aprile. Esistono differenze tra le tonnare siciliane e sarde e quella ligure. Quelle attive nelle due maggiori isole del nostro paese sono di grandi dimensioni e con molte stanze in cui il tonno sosta, prima che vengano aperte le varie porte che avviano il pesce verso la camera della morte, mentre quella di Camogli, per questo motivo chiamata anche “tonnarella”, è molto più piccola con solo due stanze dove vengono convogliati i pesci. Le prime possono essere definite “tonnare” vere e proprie, dedicate esclusivamente alla cattura del tonno (pesca che comincia a Maggio e dura circa quarantacinque giorni) che termina solitamente con la “mattanza”, parola di origine spagnola (“matar” significa uccidere), quando le reti della “camera della morte” vengono periodicamente sollevate, in base al quantitativo di pesce presente, ed i tonni, arpionati uno ad uno, vengono issati a forza sulle barche attorno ad essa.

A Camogli invece, dove non si pratica la mattanza, la “tonnarella” rimane in mare da Aprile a Settembre, e cattura qualunque tipo di pesce pelagico di passaggio, palamite, ricciole, leccie, tombarelli e più raramente tonni. Nelle tonnare di “monta e leva”, come quella di Camogli, si effettuano tre “levate” al giorno, con orari che cambiano secondo la stagione, le condizioni meteo-marine e la potenziale resa di pesca, generalmente la prima è sempre al sorgere del sole, la seconda a metà mattinata e infine la terza, nel tardo pomeriggio. Il pesce viene issato sulla barca dai pescatori che tirano su la rete a forza di braccia dalla barca mobile, avvicinandosi lentamente alla barca fissa, sulla quale viene caricato il pescato.

Anticamente le cime che costituivano le reti della tonnara venivano intrecciate utilizzando la lisca (Ampelodesmos tenax), una pianta con foglie lunghe e sottili che cresce spontanea sul promontorio di Portofino che consentiva, dopo una lunga e specifica lavorazione a mano, la produzione di cordami molto resistenti. La produzione avveniva a S. Fruttuoso di Camogli, piccolo borgo raggiungibile solo in barca o a piedi attraverso un ripido sentiero che parte dal Monte di Portofino, fornendo corde e reti per tutte le tonnare della Liguria. A partire dagli anni 60, la raccolta della “lisca” è stata vietata e i pescatori si sono organizzati sostituendola con il filetto di cocco (Ajengo superiore) importato appositamente ogni anno dall’India.

Le reti della tonnara sul molo di Camogli prima della loro posa in mare (Foto di M. Faimali)

Le reti della tonnara sul molo di Camogli prima della loro posa in mare (Foto di M. Faimali)

Anche oggi la rete e le corde vengono intrecciate, a parte l’ultima parte della “camera della morte” che è di nylon, usando questo materiale naturale lavorato secondo canoni ed un rituale che appartengono al passato. La rete così costruita non necessita di particolare manutenzione durante la stagione di pesca e consente il naturale sviluppo su di esso di una comunità di organismi bentonici (biofouling) che rende la rete meno visibile attirando il pesce.

La tonnara di Camogli viene calata, a circa 400 metri da Punta Chiappa, in direzione Camogli, nello stesso punto da tantissimi anni. La rete di sbarramento lunga 340 metri, detta “pedale”, viene fissata a terra ad uno scoglio e posizionata in mare, perpendicolarmente alla linea di costa, in modo da chiudere il passaggio ai pesci e guidarli verso una sorta di grosso recinto a forma parallelepipedo lungo circa 210 metri (parallelo alla linea di costa) costituito da una prima camera grande o “di raccolta” e da una seconda, chiamata “lea” o “camera della morte”, che ha una prima parte in cocco e finisce in nylon con maglie sempre più strette. La rete viene ormeggiata su un fondale profondo dai 10 ai 45 metri. Le operazioni di messa in opera vengono svolte in Aprile dai pescatori della cooperativa che legano i vari pezzi della rete direttamente a bordo dei gozzi da lavoro, facendo poi scivolare l’intera struttura in acqua seguendo un percorso prestabilito. Alla rete sono stati fissati ancorotti e pesi per poterla mantenere adagiata sul fondo e dei galleggianti (natelli), un tempo di sughero ed ora di plastica bianca, che mantengono le reti perimetrali perfettamente e costantemente verticali. Alla fine della posa, la rete vista dall’alto  forma una figura tracciata dai bianchi natelli, che ricorda una grande “T” galleggiante in superficie, il marchio inconfondibile della presenza della tonnara.

La "poltrona" la barca più grande dedicata a San Prospero tra quelle utilizzate dai pescatori della tonnara di Camogli (Foto M. Faimali)

Una suggestiva immagine della “poltrona” la barca più grande tra quelle utilizzate dai pescatori della tonnara di Camogli (Foto M. Faimali)

La pesca è organizzata utilizzando tre barche, una, la più grande, dedicata a San Prospero, detta “poltrona“, rimane sempre ancorata alla rete; la seconda, detta “asino“, va avanti e indietro dal porto di Camogli tre volte al giorno, portandosi a rimorchio la barca più piccola senza motore, chiamata “vedetta“, perché è la barca usata dal capoguardia per controllare, con lo specchio, se ci sono pesci nella camera della morte e se vale la pena di effettuare la faticosissima “levata“. Al comando del capoguardia, il “Rais” nella tradizione siciliana e sarda, la rete della “camera della morte” viene lentamente sollevata, con la sola forza delle braccia, dai sei pescatori di turno che stanno sulla poltrona, i “pescou da tonnaea” (pescatore della tonnara), il pesce viene prelevato con dei salai e caricato sull’asino che, ancora una volta, torna a Camogli con la ciurma ed il pescato.

La “levata” è un rituale silenzioso, sono poche le parole che si scambiano i pescatori mentre tirano su faticosamente la rete a braccia, tutto è già chiaro, definito e interpretabile solo con i pochi gesti che la tradizione e l’esperienza ha loro insegnato.

Attualmente le catture dei grandi tonni rossi è veramente rara e nel sacco si raccolgono palamite, bonitti e soprattutto nel periodo di passo le ricciole, le leccie, il pesce spada e i grandi pesci luna divenuti frequentatori abituali del mare di Portofino. La possibilità di poter selezionare e liberare le prede,prima della loro raccolta, specialmente quelle protette, è la peculiarità che rende la tonnara di Camogli unica e assolutamente sostenibile. Alla fine della stagione inoltre, le reti della tonnara vengono tagliate ed abbandonate in mare dove, in pochi mesi, le loro fibre naturali verranno completamente degradate dai microrganismi marini rendendo l’operazione completamente ecocompatibile.

Da aprile a settembre, ogni giorno, senza pause, perfettamente integrata con le attività del paese, questa tradizionale tecnica dai sapori antichi si perpetua, offrendo, ai distratti turisti, la possibilità di vedere lo sbarco del pescato sul molo di Camogli.

Da qualche anno esiste anche la possibilità di vivere in prima persona le emozioni di questa tradizionale pesca selettiva attraverso due distinte modalità. La prima, alla portata di tutti, è una visita mediante imbarcazione organizzata dall’associazione culturale Ziguele (http://www.ziguele.it/) il cui obiettivo principale è la promozione e valorizzazione delle attività tradizionali legate al mare e in particolare alla pesca sostenibile.

Alcuni turisti durante l'escursione organizzata dall'associazione Ziguele (Foto di V. Cappanera)

Alcuni turisti durante l’escursione organizzata dall’associazione Ziguele (Foto di V. Cappanera).

La seconda è un’esperienza dedicata a tutti i subacquei che, grazie al B&B Diving Center di Camogli (http://www.bbdiving.it/) l’unico autorizzato per questa tipologia di immersione, possono immergersi direttamente nella “camera della morte” durante la fase finale della levata ed entrare in contatto diretto con i grandi pesci pelagicidifficilmente visibili durante le normali immersioni.

Una fortunata immersione in tonnara con decine di grandi pesci luna (Foto di A. Penco)

Una fortunata immersione in tonnara con decine di grandi pesci luna  liberati come specie protetta alla fine della levata (Foto di A. Penco).

Per un approfondimento sulla tonnarella di Camogli consiglio i diversi articoli presenti nella sezione “Storie di Mare” del sito www.mareblucamogli.com a cura di Annamaria “Lilla” Mariotti.

La tonnara di Camogli deve essere uno stimolo per sottolineare come la piccola pesca a livello locale, a chilometro zero, eseguita con tecniche sostenibili sia da conoscere, sostenere e valorizzare per contrastare il devastante impatto della pesca industriale.

2 thoughts on “La tonnara di Camogli: tradizione e sostenibilità

  1. Sono un vecchio “cornigiottu” trapiantato a Baltimora. Fin da bambino venivo con mio padre a Camogli e di li a Punta Chiappa e San Fruttuoso. Ancora oggi, mia moglie ed io consideriamo Camogli la nostra piccolo patria italiana e passiamo una settimana ai Dogi o al Klum. Negli USA io consumo del tonno sottolio chiamato “Genova” benche’e lattine n indicavano chiaramente la provenienza tailandesa. Recentemente l’etichetta sulla lattina e’ cambiata e allude alla provenienza del “yellowfin tuna”, senza dichiararlo apertamente, da Genova. Il riferimento alla Tailandia e’ sparito. C’e’ bastante motivo per querelare il distributore, il colosso industrale “Chiken of the Sea”, San Diego, California, e costringerli a cambiar nome al prodotto e ad indicarne la vera origine. Alegri. Bruno L.

    • Caro Bruno, non sono esperto di “querele” e di normativa. Bisognerebbe consultare un esperto in materia. Capita spesso purtroppo che le nostre eccellenze siano usate senza ritegno all’estero per meri scopi commerciali. Speriamo che la cultura di protezione del Made in Italy sia sempre più rigorosa. A presto. MF

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