Gli eco-wedding? Spesso solo ambientalismo di facciata!

Green…green…green…..Organizzare un evento in un’ottica green è diventato una buona leva di marketing, ma c’è poi il rischio che questo rimanga solo di facciata. Un esempio può essere quello degli eco-wedding, cioè i matrimoni verdi, a basso-impatto ambientale, dove l’amore fra due persone si paragona all’amore per la Terra, alla quale si deve il “massimo rispetto”e quindi deve essere pianificato in un’ottica sostenibile. Per le partecipazioni si consigliano “carte riciclate e fiori essiccati per l’occasione” – che trovo personalmente molto “tristi” – ma eco-trend è eliminare del tutto la carta, disegnare un invito elettronico o aprire una pagina su facebook dedicata e procedere con gli inviti. Poi la stagione e l’orario del matrimonio: meglio l’autunno o la primavera per evitare il riscaldamento o l’aria condizionata; che sia rigorosamente diurno, per limitare al massimo il consumo di elettricità. Per l’abito si va dalle proposte vintage, rimodernando quello della mamma o della nonna, o un abito realizzato con tessuti rigorosamente bio e italiani come il lino, la canapa, o ultra moderni come quelli realizzati con il tessuto ricavato dal mais (ma ci immaginiamo una giovane sposina andare a chiedere 3 metri di tessuto di mais per il proprio abito?).

Per le bomboniere c’è l’imbarazzo della scelta; da quelle acquistabili sui siti di diverse onlus umanitarie, al riciclo di bomboniere vintage collezionate sempre dalle nostre nonne, a quelle puramente simboliche come semplici piantine. Il pranzo deve essere rigorosamente bio e con cibi provenienti da filiera corta, quindi privilegiati al massimo gli agriturismi certificati bio. Manca il viaggio di nozze: no alle crociere sulle maxi navi, no ai resort super lussuosi nei mari del sud, dove non sai nemmeno che faccia hanno gli abitanti del posto perché non puoi incontrarli, si ai viaggi avventurosi con tour operator specializzati, alle destinazioni del turismo solidale, al viaggio fai da te con lo zaino e in treno; un po’ azzardate le proposte di località vicino a oasi protette del noto fondo mondiale per la natura, tanto per unire allo svago un po’ di volontariato ambientale.

Ma fra tutte le proposte quella veramente più incredibile è il wedding pic-nic; offerta alla “modica” cifra di una quarantina di euro a persona contro i 130 del matrimonio più tradizionale sempre nell’ottica ecologista, ma assicurano i promotori “che il wedding-pic nic se ben organizzato è davvero un momento di classe e indimenticabile”.

La verità è che l’industria del matrimonio è sempre florida (lo dimostrano le fiere dedicate; chissà se queste saranno sostenibili?) e attenta ai cambiamenti. Adesso il green, la sostenibilità ambientale tira.  Non solo nel settore dei matrimoni, ma in tanti comparti della nostra vita. Crescono così gli standard di eco sostenibilità all’edilizia, nell’industria, in molti settori del design. Si codificano norme per la buona riuscita dell’efficienza energetica, si creano certificazioni specifiche. Insomma si fa seriamente.

Ma nel campo degli eventi? Spesso, in questo caso, ci si limita a dei consigli, a proporre delle buone pratiche, che poco hanno a che fare con la sostenibilità, ma molto con la moda. Il matrimonio è uno di questi.

Il “momento più bello della vita”  in Italia ha attraversato fortune diverse, legate alle situazioni economiche. Fino agli anni ‘50 i preparativi erano ridotti “all’osso” perché di soldi ce n’erano pochi. Non mancava nulla, dall’abito bianco, al ricco pranzo – rigorosamente in casa – alle foto, all’orchestrina. Si faceva con quello che si aveva.
Poi arrivò il boom economico e tutto è cambiato. Sono nate le “sale” e i ristoranti specializzati nei banchetti: c’erano più soldi, molti gli invitati, nasce il servizio fotografico, la macchina degli sposi, e il viaggio di nozze “da sogno”.
A rompere questo schema furono gli anni ’70, periodo di contrasti ma anche di forte espressività e voglia di cambiamento. I matrimoni dovevano “rompere” lo schema tradizionale e diventare un evento anticonvenzionale, ispirarsi al motto “peace and love” (a proposito andavano di moda i pic-nic, quelli veri però). Si può dire che dagli anni ’80 a oggi si è tornati al classico, allo sfarzo della tradizione, dove tutte le fanciulle  (forse) sognano l’abito bianco, la fede “firmata”, il banchetto in una location chic, il viaggio esotico: si tratta comunque di matrimoni sobri ma raffinati, dove tutto è pianificato alla perfezione, ma sempre molto costosi.

Arriviamo ai giorni nostri. La crisi che morde l’Occidente ci ricorda che abbiamo vissuto troppo sopra i nostri livelli. Bisogna ridurre e soprattutto limitare gli sprechi.

La nostra società riscopre l’ambientalismo, più per necessità che per scelta. Credo che l’eco-wedding sia solo una delle tante risposte fantasiose alla crisi. Che dire: meglio così!

“Un’avventura nell’avventura della nostra vita”. Il mio incontro con Rossana Podestà, compagna di Walter Bonatti

Qualche giorno fa ho fatto una lunga chiacchierata con Rossana Podestà, ci siamo incontrate per visionare insieme un filmato sulla Dancalia, un viaggio che lei e Walter Bonatti, suo compagno da più di trent’anni, hanno fatto poco tempo prima della sua scomparsa.  La Dancalia è una grande depressione che si trova in Etiopia, a oriente dell’acrocoro dove si trovano montagne basaltiche alte più di 4000 metri.  E’ uno dei luoghi più caldi e inospitali della Terra, ci sono sabbie, fiumi di lava, vulcani, attivi e non, enormi distese di sale e pozze di acque sulfuree che disegnano un paesaggio colorato e surreale.  E’ un luogo dove non piove quasi mai e dove la temperatura arriva ai limiti della sopportazione umana.

Mentre scorrevano le immagini di questo luogo sorprendente che dà l’idea, forse, di come doveva apparire il nostro Pianeta agli albori della sua storia,  mi sono accorta che tra le acque che ribollivano girava sorridente e ammiccante Rossana Podestà ripresa dalla videocamera di Walter Bonatti; lei 75 anni, lui 80!

“Un viaggio difficile?” le ho chiesto. “Bellissimo – mi ha risposto lei – con Walter potevo andare ovunque, senza limiti, seguendo solamente la voglia di stare insieme, di avventura e il desiderio di sorprenderci ancora.  Un’avventura nell’avventura della nostra vita”.   Mi ha confessato che durante quel viaggio, l’unico momento faticoso sono stati i 18 chilometri percorsi a piedi per salire sul vulcano Erta Ale, nel cui cratere sono scesi rimanendo tutta la notte di capodanno del 2010 “per vivere un’esperienza unica, uno spettacolo emozionante…”.

Così mi ha raccontato la sua storia con Bonatti, del loro amore e di come Walter sia riuscito a coinvolgerla da subito nella sua vita avventurosa.  Da adulta ha imparato ad arrampicare, da adulta ha dormito per la prima volta in una tendina su un ghiacciaio a 4000 metri di altezza, da adulta ha iniziato a viaggiare e a scoprire il mondo, a toccare il cielo con un dito e a sentire la voce nitida del silenzio. Questa bella signora, piccola di statura, con degli occhi luminosissimi ed un sorriso smagliante mi ha emozionato, con il suo racconto e con il suo entusiasmo, lasciandomi con la consapevolezza che tutto si può fare da soli, ma con un fidato  compagno di cordata è meglio.
Ma soprattutto mi ha fatto capire che la natura, nella sua selvaggia bellezza, può essere vissuta ad ogni età.

Musica dagli alberi

Green….green……green…..Quanti di noi si sono accorti che il 21 novembre è stata la giornata nazionale dell’albero?

 Io non so se sia vero quello che si legge nei libri, che in antichi tempi una scimmia che fosse partita da Roma saltando da un albero all’altro poteva arrivare in Spagna senza mai toccare terra… Ora, già non si riconoscono più, queste contrade! Così scriveva Italo Calvino nel 1957 nel suo “Il Barone Rampante”; con la sensibilità propria dell’artista che 60 anni fa aveva disegnato un mondo ormai perso. E si perché gli alberi sono i compagni più antichi della razza umana. Milioni di anni fa siamo scesi dagli alberi, per poi passare gran parte del nostro tempo a tagliarli o bruciarli. Da diecimila anni abbiamo anche imparato a piantarli e ad accompagnarne la crescita, ma lo abbiamo fatto sempre di meno. E adesso che avremmo bisogno di alberi per mantenere gli equilibri ecologici, ci accorgiamo che sono troppo pochi.
Ma qualcosa sta cambiando, non solo abbiamo ripreso a piantarli e a difenderli ma c’è anche chi ha deciso di abbracciarli. In fondo l’amore per gli alberi è, o dovrebbe essere, parte della nostra natura, come respirare. Gli alberi popolano il nostro pianeta con noi e lo rendono più bello, con tutte quelle foglie che danzano al minimo soffio di vento. Sono vivi, generosi di frutti e la loro ombra è accogliente. Sono monumenti della natura, vivono per molti anni, alcuni addirittura per secoli, testimoni silenziosi delle cose umane. Sono una continua scoperta, perché ogni albero ha il suo carattere, la sua personalità, le sue proprietà.

E “scavando” (parola comune per un’archeologa!) nella rete ho scoperto storie straordinarie come il Tree Concert di Berlino. A Montbijoupark un maestoso albero di castagno offre ai passanti uno spettacolo di colori e musica;   a ogni frutto che cade si ode una base musicale ispirata ai rumori del bosco che riecheggia al lento trascorrere delle stagioni. E’ un evento  con tanto di installazioni luminose che si attivano con il calar delle tenebre illuminando la chioma di castagno.  Una bella idea per sensibilizzare la città alla diminuzione degli alberi.

E noi? Abbiamo le nostre eccellenze come il Bosco che Suona che cresce nelle foreste della Val di Fiemme; magnifici abeti rossi da sempre utilizzati dai grandi mastri liutai per le straordinarie caratteristiche acustiche.  Foreste millenarie e ben tenute grazie alla gestione della Magnifica Comunità di Fiemme che ogni anno, d’estate, organizza un festival di musica d’alta quota “I Suoni delle Dolomiti” dove partecipano musicisti di fama internazionale chiamati a scegliere un abete del Bosco,  al quale viene dedicato ed eseguito un brano musicale, come un dialogo che si riapre.

Per tutte queste ragioni, e per mille altre ancora, gli alberi vanno rispettati ed amati. Un grande poeta americano (Alfred Joyce Kilmer) disse” Credo che non vedrò mai una poesia bella come un albero. Ma le poesie le fanno gli sciocchi come me. Un albero lo può fare solamente Dio” . Pensate che se ciascuno di noi piantasse un albero ci sarebbero 60 milioni di alberi in più!

“Uno al Giorno”…quando il cinema scuote la coscienza ambientalista

Green…..green…..green……L’impegno ambientalista di molti attori stranieri è piuttosto noto, penso all’ultimo film di Matt Damon, “The promised land”, contro le trivellazioni petrolifere, ma anche all’appello che Colin Firth ha fatto a favore di Survival International in difesa degli Awà, popolazione dell’Amazzonia brasiliana la cui sopravvivenza è seriamente compromessa dalle scelte governative e dallo scempio dei taglialegna. In Italia sono veramente pochi gli attori che si prestano a impegni ambientalisti e umanitari di grande portata. Ma qualcosa sta cambiando, c’è voluta la tenacia e il coraggio di Greenpeace, da sempre in prima linea sui temi ambientali, a ispirare e produrre il cortometraggio “Uno al Giorno” che denuncia i danni causati al Paese dal carbone impiegato da Enel nella produzione di energia. E la sensibilità e la partecipazione gratuita di Alessandro Haber, Paolo Briguglia, Pino Quartullo, Sandra Ceccarelli, Mimmo Carlopresti e la musica dei Subsonica.
La storia è molto semplice ma al contempo agghiacciante: una situazione domestica e tranquilla viene disturbata dall’arrivo di un venditore di energia, che con un atteggiamento formale e rassicurante spiega il servizio offerto e la convenienza della bolletta; ma insieme a lui c’è una figura oscura, inquietante, un ombra che deposita, come fosse un regalo, un sacchetto “mortale”.
Secondo una ricerca commissionata da Greenpeace ad un ente indipendente, i veleni prodotti dalle centrali a carbone provocano una morte prematura al giorno e danni ambientali per 1,8 miliardi di euro. “Sono dati che risalgono al 2009, e ora – dice Giuseppe Onufrio direttore di Greenpeace Italia – la produzione è aumentata di alcuni punti”. Ma è una Campagna difficile – continua Onufrio – perchè si attacca uno dei più grandi investitori pubblicitari e perché il 31% di Enel è pubblico.
Il carbone è la strada più rapida e dolorosa per alterare definitivamente il clima e per avvelenare ulteriormente l’aria che respiriamo – dice Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – ed Enel deve cambiare subito i suoi piani di ulteriore sviluppo della produzione da questa fonte.
Alessandro Haber spera che il corto scuota le coscienze e faccia capire che “dietro ad un venditore bonario c’è un piano industriale forte incurante della salute e dei danni” . Non so quanta diffusione avrà questo filmato: tutto ciò che racconta i disastri di alcune attività umane sul nostro pianeta e sul suo ecosistema dovrebbe avere la più ampia diffusione possibile. Penso che il cinema possa fare la sua parte.

per vedere il video: http://www.greenpeace.org/italy/it/News1/news/Uno-al-giorno-il-corto-che-denuncia-lo-sporco-carbone-di-Enel-/

….sulla via della Seta

green ….green…green…….Marco Polo

Sono stata all’inaugurazione della Mostra “Sulla via della Seta. Antichi sentieri tra Oriente e occidente”. Splendidi i materiali esposti. Centocinquanta reperti e manufatti provenienti dai musei di tutto il mondo per celebrare la storia di questa antica via. Vale la pena ricordare che la Via della Seta non è mai stata un unico tracciato; è stata piuttosto una rete di percorsi e direttrici che dall’oriente portavano in occidente. Su di essa mercanti, pellegrini e soldati affrontarono montagne e pericolosi deserti dell’Asia centrale per scambiare beni, reperire testi sacri, conoscere e dominare popoli lontani. Simbolo di unificazione durante il grande impero dei Khan, grazie al quale i  Polo poterono percorrerla a ritroso, aprendo quel canale di scambio che non ha eguali nella storia dei grandi viaggi.Mai come ora la figura di Marco Polo è attuale: viaggiatore e antropologo ante litteram. Un uomo che si è sempre sforzato di ricordare con dovizia di particolari tutto quello che conobbe durante i suoi viaggi. Marco Polo divenne conoscitore di 4 lingue e fu la sua abilità di mercante – una dote assai importante per quell’epoca  – che indusse Kublai Khan ad inviarlo nelle regioni più remote del suo impero. Il Milione è un reportage di viaggio di quelli che oggi apprezzeremmo di più.

Marco Polo oggi sarebbe considerato un antropologo o un etnologo per la sua profonda curiosità e un atteggiamento positivo verso quanto scoperto. Osservava di tutto e non giudicava mai; nessun confronto con la sua cultura di origine.  Non piantò mai la bandiera veneziana, non ribattezzò i luoghi che conobbe, anzi si sforzò di ricordarne e capirne il nome. Morì dicendo: non ho raccontato che metà delle cose che ho vissuto. Tra i documenti presenti nella mostra, il testamento e l’inventario dettagliato degli oggetti che gli appartennero, oltre alla versioni a stampa e manoscritte de Il Milione.

Poi gli “incontri sulla via della Seta”, previsti ogni giovedì a partire dall’8 novembre,  ela rassegna cinematografica “A Oriente”. Nel complesso è un evento di ampio respiro culturale su un tema più che mai attuale, un luogo dove oriente e occidente possono fondere razionalità e sensibilità; perché la Via della Seta possa ancora essere fonte di ispirazione culturale, sociale e di unificazione.

27 ottobre 2012 – 10 marzo 2013

Palazzo delle Esposizioni- Roma

 

 

Eventi che aiutano a crescere

Green….green……green…..Si è appena concluso a Roma il Medfilm Festival un evento che ha compiuto quest’anno 18 anni e che per questo qualcuno ha definito maggiorenne. I film di quest’anno sono stati più che mai numerosi e la rassegna è risultata intensa: 86 tra lungometraggi e documentari, cortometraggi e tanti ospiti. Si è trattato di un vero e proprio laboratorio di idee sostenuto dalla volontà comune di ricercare soluzioni alle questioni più urgenti del nostro vivere quotidiano, con un occhio particolare al ritorno delle frontiere, l’alba di un medioevo prossimo venturo. Una contraddizione di fronte ad una normalità che dovrebbe garantire una pluralità e allargare i confini culturali, sostenendo la creatività e la collaborazione. In questa edizione il cinema del Medfilm Festival ha riflettuto sull’”altro”, sul bisogno di ridisegnare il rapporto con lo “straniero”. L’ha fatto attraverso le storie, spesso vere, alcune assurde, quasi impossibili, e ognuna in qualche modo desiderosa di una forte integrazione alla comunità. Questo è stato il messaggio che è partito dalla Slovenia, paese ospite d’onore di questa edizione, ma anche da Belgrado, Theran, Turchia, Tel Aviv. Alla fine del Festival la sensazione è quella di aver fatto un viaggio. Francesco Bacone nel suo Of Travel scritto nel 1625 diceva “quando il viaggiatore torna a casa, fate che il suo viaggio appaia più dai suoi discorsi che dalle sue maniere, e che non sembri che ha cambiato i suoi modi in favore di quelli stranieri”.  Il viaggio al MedFilm Festival è esattamente l’opposto. E’ l’inizio di qualcosa di buono, qualcosa di promettente, di cui abbiamo bisogno come persone e come grande Paese al centro del Mediterraneo.

Eventi come questi aiutano a crescere.

 

Bella Ciao! diventa l’inno dell’impegno ambientalista

Gree…..Green…..Green…… “Bella Ciao”!

Vi ricordate il canto più conosciuto della Resistenza italiana? E’ diventato l’inno dell’impegno ambientalista belga. Un mese fa 60 mila cittadini belgi hanno partecipato alla mobilitazione nazionale Sing for the Climate. L’idea è stata di far cantare la stessa canzone al maggior numero di persone: una vera e propria petizione cantata per esprimere l’urgenza della situazione climatica e sollecitare i politici. In ogni piazza dove si è volta la manifestazione, è stata filmata l’esibizione collettiva. Il regista Nic Balthazar ne ha realizzato  un video che verrà proiettato alla vigilia della prossima conferenza internazione sul clima delle Nazioni Unite, che si svolgerà in Qatar.Ad organizzare l’evento è statala CNCD-11.11.11, cioè il Centro nazionale per la cooperazione allo sviluppo di cui fanno parte circa 90 organizzazioni non governative, sindacati e associazioni impegnate nella solidarietà internazionale.

Bella Ciao è stata cambiata in “do it now”, fallo adesso, il testo ovviamente è stato riscritto ma le note sono le stesse.

Viene da pensare che è la storia di Bella Ciao, una canzone politica e sociale in grado di smuovere il popolo, che torna ad essere vitale ed espressione più diretta della partecipazione delle masse alla storia, con il loro carico di emozioni e sentimenti. We need to wake up!

Per vedere i video registrati

http://www.singfortheclimate.com

Molto bella la clip dei cantanti fiamminghi che si sono concessi per la causa

Sing for the Climate : Do it Now – De Clip – YouTube

 

“Strani Eventi” La sinistra sorte del Ponte delle Torri

Green …green…green…….squilla…..Effetto Werther

Accipicchia, per chi non lo sapesse l’effetto Werther “si riferisce al fenomeno per cui la notizia di un suicidio pubblicata sui media provoca una catena di altri suicidi” (da wikipedia). Evidentemente a questo deve aver pensato l’autore di una Guida assai inquietante: “Lonely. Guida al Ponte delle Torri” dell’artista Luca Pucci, presentata il 13 Ottobre a Spoleto. La pubblicazione è stata definita “un’opera d’arte contemporanea” e si presenta come una guida al suicidio: 107 pagine in cui di descrivono i luoghi dove soggiornare “poco prima di” e consigli su come e quando buttarsi dal Ponte delle Torri. C’è addirittura il decalogo delle “10 cose da fare prima di suicidarsi”. Poi vari articoli e ritagli di giornali e, infine, un piccolo spazio dedicato alle altre “mete turistiche” umbre. Una provocazione, viste anche le reazioni indignate di amministratori, politici e prelati. Ma c’è da riflettere.Non devo essere io a ricordare la funzione sociale dell’arte: scuotere e schiaffeggiare una realtà sopita, distratta e profondamente in crisi come è la nostra. E di suicidi di artisti, letterati e musicisti ne è piena la storia.

Per chi non lo ricorda, il ponte delle Torri è un acquedotto medioevale lungo 236 metri e alto 90, da cui si gode un panorama su una delle zone più suggestive dell’area preappenninica. Goethe gli dedicò una pagina nel suo “Viaggio In Italia”.

Al di là della “cartolina turistica” il ponte sta diventando tristemente famoso per essere teatro di gesti definitivi. Non mi risulta che siano stati presi dei provvedimenti per impedire che questi accadessero. Non credo ci voglia tanto, basta mettere delle barriere di protezione e, se queste sono considerate lesive della bellezza artistica del ponte, almeno una guida turistica che spieghi e racconti il sito archeologico. A parte la fondamentale funzione di guardiania (che alla fine non guasta) potrebbe riuscire attraverso il racconto del bello e della storia a far ritrovare il senno a chi l’ha perduto. Sono anzi certa che sicuramente in qualche parte del mondo l’arte, così come la filosofia, sia usata per combattere il disagio attuale (o il male di vivere, vedete voi). Sollevati ( o Sollevàti)  con l’Arte, potrebbe essere lo slogan.

Quanto all’effetto Werther, dubito che questo libro possa provocarlo; è una palese provocazione (semmai è il continuo parlare della crisi economica, ricordarci che non possiamo vivere una vita dignitosa, secondo i canoni…). L’Arte può aiutarci, fruirne costa poco e gli effetti sono positivi.

Gli psicologi sostengono che sia tipico dei folli trovare delle motivazioni etiche al proprio agire. Ecco, mi piacerebbe che l’agire di chi amministra possa essere guidato da motivazioni etiche che possano supportare i disperati affinchè questi non compiano azioni folli.

 

Puzzlemania….un’idea divertente

Green …Green …..Green…..è la mia nuova suoneria telefonica.
Devo ammettere che non posso vivere senza il mio telefono, il mio tablet, il mio mac, eppure impazzisco all’idea di comporre un puzzle, lo facevo spesso un po’ di anni fa, paesaggi dolomitici, castelli austriaci e opere d’arte.
Se pensate che i puzzle siano passati di moda sbagliate! Se ne è appena costruito uno enorme in Russia. Alcuni giorni fa a San Pietroburgo i cittadini sono stati coinvolti nella composizione di un puzzle di ben 300 mq rappresentante l’Autoritratto in pelliccia di Albrecht Dürer. Un progetto voluto dal Goethe Institut di Norimberga per festeggiare l’inaugurazione dell’anno della cultura tedesca nell’ex Unione Sovietica. Tutto sommato erano pochi pezzi, solo 1023 (immaginate i puzzle da 10.000 pezzi!) ma ognuno dal peso di 800 grammi.
Centinaia di persone, tutti insieme, per comporre un puzzle realizzato con materiale resistente alle intemperie. Un bel modo per avvicinare i cittadini all’arte.
Un’idea semplice, colta e coinvolgente che forse dovrebbe ispirare il programma delle domeniche ecologiche al quale cominciamo ad abituarci. Belle, ma sempre uguali.

Chi sono

Stefania Bove

Quando ero archeologa (sul campo, perché i titoli di studio… beh quelli rimangono per sempre) la cosa che mi piaceva di più era la possibilità di raccontare la vita quotidiana, le passioni e i sentimenti di uomini e donne vissuti prima di noi. Amavo cercare le loro “labili tracce”, a volte quasi invisibili, per trasformarle in storie da narrare. Mi emozionavo a percorrere luoghi dove un tempo brulicava la vita. Fantasticavo.
Poi i figli e i casi della vita mi hanno trasportata dagli scavi alla RAI. Spesso, guardando fuori dalla finestra della redazione, ho rimpianto quei giorni passati all’aria aperta e quella voglia di scavare, scoprire… 
Pian piano ho iniziato a cercare, nei programmi in cui lavoravo, le stesse “labili tracce” di un tempo; tra le pieghe di un filmato, nelle storie raccontate, tra le parole degli ospiti. Mi sono accorta che c’è ancora tanto da scavare e che i tesori dell’uomo spesso sono dentro di noi. Basta avere un po’ di pazienza, saper ascoltare e tanta fantasia.