Il blog Climalteranti da anni combatte le bufale climatiche, il negazionismo e la falsa scienza. Questa volta il gruppo di studiosi animato da Stefano Caserini, professore a Milano e autore di numerosi libri sul tema del clima e dintorni, ha dovuto indagare su un’evidente forzatura operata da Zichichi e dal Giornale su ignari studiosi stranieri. Ed ecco gli sconcertanti risultati…
Category Archives: Il climologo
E la chiamano estate
Davanti a me ho le notizie di questa mattina: siamo in piena estinzione di massa, ovvero l’umanità sta cancellando dalla faccia della terra gli altri animali a una velocità che nemmeno il meteorite; l’Italia meridionale è in fiamme, i piromani bruciano tutto quel che possono, favoriti dalla calura estrema e dal vento; entro pochi decenni Miami sarà sommersa dall’oceano che sale incessante. Poi un collega entra nella stanza e mi dice che nella seconda metà di luglio ci sarà un’altra potente ondata di caldo, sarebbe la terza o la quarta quest’anno, ho cominciato a perdere il conto.
Insomma siamo in una specie di Apocalisse al rallentatore, non riusciamo a riconoscerla perché non è come nei film, nessuno grida e fugge, non crollano i monti e tutti continuano a fare le solite cose, però irrigare le colture sta diventando impossibile dopo nove mesi di siccità quasi assoluta qui al nord, e le bollette elettriche salgono per i condizionatori sempre accesi, nei boschi lungo la strada che faccio ogni mattina gli alberi morti e secchi ormai non si contano più.
Epperò le installazioni di nuovi impianti fotovoltaici ed eolici sono al palo, anzi chi li ha installati negli anni scorsi si sente sotto attacco per nuovi balzelli e burocrazie sempre più soffocanti da parte di una pletora di enti parassitari. Le auto elettriche sono disponibili e sovvenzionate solo all’estero, qui da noi solo grossi suv e tutti a scoppio, salvo quelli dei furbi che se li comprano ibridi – che poi sempre a scoppio sono – per entrare nei centri storici e posteggiare pure gratis…
I G20 si riuniscono e finiscono per siglare una dichiarazione allarmata, da cui però si tira fuori il più grosso inquinatore storico del pianeta, attualmente in mano a uno speculatore edilizio ignorante e arrogante, che adora il carbone e lo mangia sul pane a colazione.
Poi si alza la voce dello scienziato in carrozzella che da una parte stigmatizza l’umanità per la sua idiozia e dall’altra propone soluzioni impossibili come la migrazione su un altro pianeta che non c’è, o se c’è sta a migliaia di anni di viaggio da qui.
Noi qui invece abbiamo gli scienziati in pensione che si divertono a cacare dubbi sulla realtà che li circonda e vengono ospitati regolarmente sulla pletora di organuli di stampa sostenuti dal sempiterno Silvio, che dieci anni fa voleva farci costruire quattro centrali nucleari francesi, mentre ora i francesi si preparano a smantellarle.
Al momento c’è un solo partito italiano rilevante che abbia messo la questione energetica e climatica al primo punto del suo programma, peccato sia un partito invotabile perché internamente antidemocratico, xenofobo e palesemente destrorso, per non dire filofascista. E se l’attuale gestione di Roma deve servire da esempio…
Gli altri partiti invece continuano a proporre infrastrutture (leggi autostrade) in un paese che ha consumato il suo poco suolo in maniera forsennata negli ultimi cinquant’anni e che tuttora continua a distruggerlo alla velocità di tre metri quadrati al secondo… E accolgono nuovi gasdotti, trivellazioni petrolifere in mare, centrali a carbone (ma fino al 2030 veh). E soprattutto accolgono Marchionne e i suoi suv come se fossero doni del cielo, mentre le altre nazioni automobilistiche mostrano segni di potente cambiamento.
Che fare? Intanto io mi sono preso un cappello bianco, così il sole in testa picchia meno e la faccia sta all’ombra.
ENI, lo sfogo di Vincenzo Balzani
Vincenzo Balzani, scienziato bolognese che di recente ha sfiorato il Nobel per la chimica, autore insieme a Nicola Armaroli del testo “Energia per l’astronave Terra” giunto quest’anno alla sua terza edizione, ci regala questa analisi molto pungente sulle campagne pubblicitarie ENI di questi giorni.
“Sto collezionando paginate di pubblicità dell’ENI su Repubblica e Corriere, simili agli annunci pubblicitari che trasmettono tutti i giorni in TV. Ci si aspetterebbe che dicessero: siamo noi che facciamo la benzina migliore, quindi andate a fare rifornimento nei nostri distributori. Evidentemente non si azzardano a fare pubblicità alla benzina, ma devono pur fare sapere che Eni esiste e che è un gigante buono. Quindi, pagine intere di questo tipo:
– “Il carburante si otterrà dalle bucce delle mele”. Non dicono quando, quante mele dovremo sbucciare e quanto costerà.
– “Formiamo professionisti dell’energia con nuove competenze”. L’unica competenza che realmente ha l’Eni è nel campo dei combustibili fossili. Pericolosissimo che formi i nuovi professionisti nel campo dell’energia!
– “Come Natura Crea. Al centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente si studia la natura”. Peccato che non abbiano ancora capito che la natura opera con una economia circolare, mentre loro continuano a bruciare quello che c’è in natura causando inquinamento e cambiamenti climatici. Avrebbero dovuto intitolare la pagina in altro modo: “Come Natura Crea, Eni distrugge”.
– “L’impianto che non dorme mai”, con una descrizione di come appare un impianto per la conversione in calore dell’energia solare nel deserto del Nevada. Il tutto corredato con una foto di un tetto coperto con pannelli fotovoltaici! Eni, a quanto ne so io, non c’entra nulla con l’impianto del Nevada e sembra anche che non abbia capito come funziona.
– Sul supplemento “Il Bello dell’Italia” del Corriere di venerdì 19 maggio c’era un’intera pagina con una enorme foto di pannelli fotovoltaici su un tetto, commentata da queste frasi: “Un nuovo modo di mettere le nostre risorse al servizio del Paese; questa la visione Eni per l’Italia. L’energia è fonte di vita e oggi assume sembianze più attuali grazie alla consapevolezza che intorno ad essa è possibile costruire un mondo decisamente più sostenibile, più efficiente, più equo. Per questo Eni investe sul territorio e sulle persone …. guardando al futuro delle rinnovabili ….”
– Al futuro: in effetti in un’altra pagina pubblicitaria pubblicata qualche giorno prima, con sullo sfondo una raffineria o qualcosa del genere, Eni finalmente rivela il suo piano: “La transizione verso un’economia sostenibile a basse emissioni di carbonio è promossa a livello globale per contrastare i cambiamenti climatici. All’interno di questa cornice Eni punta a mantenere un portafoglio di asset low carbon, promuovendo l’uso del gas naturale come miglior fonte fossile ponte sia per la generazione di energia elettrica, che per il trasporto. Il 58% dei progetti esistenti di Eni sono a gas e i futuri sviluppi in Mozambico, Egitto ed Indonesia confermano l’impegno in questa direzione. Negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi avanti nell’utilizzo di fonti di energia rinnovabile, ma il cammino da fare è lungo. I costi di produzione sono ancora troppo elevati e la continuità della fornitura, necessaria al fabbisogno energetico in Italia e nel mondo, non è ancora garantita. Per compiere il camino che ci separa da questo futuro “rinnovabile” dobbiamo affidarci ancora alle fonti fossili. L’unica che garantisce emissioni contenute, costi sostenibili, continuità di produzione e disponibilità a lungo termine, è il gas naturale.”
E’ vero che la CO2 prodotta dall’uso del metano è il 24% in meno di quella prodotta usando benzina (a parità di energia generata), ma il trasporto del metano è soggetto a perdite lungo tutta la filiera. Secondo la US Environmental Protection Agency le perdite ammontano a circa il 3,2% della produzione globale (si veda il libro “Clean Disruption” di Tony Seba) e poiché il metano ha un effetto serra 70 volte superiore a CO2 (misurato su venti anni; 25 volte su cento anni), non c’é alcun miglioramento sull’effetto serra se si sostituisce la benzina (o anche il carbone) col metano.
Anche Eni prima o poi dovrà rendersi conto che nel giro di non molti anni si passerà alle auto elettriche. Secondo recenti stime, nel 2020 avremo 120 modelli diversi di veicoli elettrici e nel 2025 il 30% delle auto vendute saranno elettriche. Anche Cina ed India sono fortemente orientate a sviluppare auto elettriche.
Le grandi compagnie petrolifere fanno fatica ad arrendersi e a capire il semplice significato del proverbio cinese che dice: “When the wind of change blows, some build walls, other build windmills”. (Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri pale eoliche)”
Il clima in tv, dov’è la Rai?
La questione climatica interessa molto i cittadini. Sono mesi che faccio conferenze sul tema, riscontrando sempre il medesimo preoccupato interesse, ieri l’ultima della serie davanti a un consesso di persone molto preparate e attente. Tutti scoprono dalle mie slide la gravità del problema, ma anche l’esistenza delle soluzioni, e l’insipienza dei governanti su queste politiche, e alla fine qualcuno fa sempre la stessa domanda. Ma come mai di tutto questo in tv non si parla? Se le cose stanno così non dovrebbero discuterne in televisione, nei telegiornali, tutte le sere o quasi?
Per farli sorridere rispondo che se potessi mi metterei in ginocchio davanti ad Alberto Angela, vera divinità italica della divulgazione televisiva, implorandolo di smetterla per un po’ con gli antichi romani, e di introdurre nelle sue trasmissioni di prima serata il cambiamento climatico e il collegato tema delle energie, degli allevamenti zootecnici, dei gas serra, della distruzione delle foreste, dei piani che in diverse nazioni stanno già efficacemente portando avanti la transizione verso lo zero carbonio e il tutto rinnovabile (mentre da noi si vuole proseguire col carbone fino al 2030!).
Se potessi mi metterei in ginocchio anche davanti al direttore del Tg1 chiedendogli di riservare anche solo due minuti a sera di notizie sul solare l’eolico le case passive il riciclo dei materiali e in generale su tutti i progressi possibili verso la sostenibilità climatica. Quei due minuti a sera verrebbero guardati da milioni di italiani, compresi gli amministratori, e allora forse qualche barlume si aprirebbe nelle menti offuscate da ore di pubblicità delle auto (nel caso dei cittadini) e dalla lettura di stupidaggini negazioniste che ancora circolano sui quotidiani (nel caso degli amministratori).
Che dite mettiamo su l’ennesima raccolta di firme? Le petizioni purtroppo non smuovono il moloch della disinformazione. Allora forse proviamo a scrivere ai nostri rappresentanti in commissione parlamentare di vigilanza? Sono ben quaranta (40!) tra deputati e senatori tra i quali qualcuno dovrebbe pur prestare orecchio alle nostre suppliche… In ogni caso proviamo a farci sentire, fuori dai siti web e da facebook.
Trumpology
Ad appena cinque giorni dall’insediamento del nuovo presidente ultradestro si susseguono le pessime notizie provenienti dagli Stati Uniti. Sblocco di nuovi oleodotti, contro i quali lottavano da mesi le popolazioni residenti sul percorso, blocco delle comunicazioni per gli enti scientifici e tecnici che si occupano in qualche modo di clima e dei suoi impatti, avvio di un processo di sfruttamento di qualsiasi genere di fonte fossile purché collocata nel sottosuolo nazionale, nomina a capo di Epa (l’agenzia federale per l’ambiente) di un negazionista climatico, affidamento della politica estera a un ex mastino della ExxonMobil. L’unica notizia positiva è la rinuncia, in chiave protezionista, al trattato di libero scambio nel Pacifico.
Tutti questi provvedimenti del neoinsediato presidente si basano su nozioni e analisi relative al funzionamento del mondo, del suo clima e della sua economia che potremmo definire in sintesi “Trumpology”. Il mondo per Trump è illimitato, e sono quindi illimitate anche le sue capacità di sopportare gli effetti dell’inquinamento. Anche la resistenza umana all’inquinamento dev’essere illimitata nel suo modo di vedere, vista la noncuranza con cui si appresta a lasciare mano libera alle assai inquinanti aziende automobilistiche, purché producano sul suolo americano con manodopera americana. Data questa resistenza anche le cure sanitarie sono sostanzialmente superflue quindi è iniziato lo smantellamento del cosiddetto Obamacare, il sistema di assicurazione sanitaria obbligatoria creato con grande fatica negli anni scorsi.
Molto limitata invece è, nonostante le sue enormi dimensioni, la capacità del suolo americano di sopportare nuovi immigrati dal Messico, contro i quali verrà rapidamente eretto un lunghissimo muro di confine. Visto che contro gli stranieri si farà un muro è anche inutile continuare a sovvenzionare le associazioni per la procreazione resposabile, attive soprattutto nei paesi più poveri.
Non sono ancora state istituite cattedre di Trumpology, e per questo è difficile comprendere l’effettiva portata di questa nuova visione del mondo, come dimostrano le contestazioni di famosi scienziati e di organizzazioni ambientaliste. Col tempo capiranno anche loro.
Contro la disinformazione climatica
Mentre ieri si apriva la conferenza mondiale sul clima a Marrakech in Marocco, con una robusta delegazione tecnico-burocratica italiana proveniente da Ministero dell’ambiente, Cmcc, Ispra e Enea (perchè diavolo dobbiamo poi avere tante sigle diverse operanti tutte sullo stesso tema a me pare un mistero…) i (pochi) lettori del Corriere della sera vengono accolti da un confuso ed irritante editoriale del famoso giornalista Paolo Mieli.
Invece di rimarcare l’importanza stategica e pacifica di questo evento, che ha assunto connotati molto più rilevanti di quanto non si sperasse, dopo che la nuova convenzione climatica globale (Trattato di Parigi, per contenere le temperature sotto i + 2 gradi) è entrata in vigore, Mieli si è lanciato in spericolate valutazioni sulla distribuzione dei carichi delle emissioni tra occidente e Cina, e addirittura ha sfoderato una serie di citazioni cinematografiche (DiCaprio) o politiche (il fratello di Corbyn ha detto…) per diffondere scetticismo invece di parlare di cose concrete.
Parliamo noi di cose concrete allora.
1) il clima del pianeta si sta riscaldando a velocità impressionante, con gli ultimi due anni record assoluti da quando ci sono reti termometriche, e il 2016 che si avvia a batterli ancora
2) il livello di anidride carbonica in atmosfera ha superato di recente le 400 parti per milione, un dato sicuramente mai visto nell’ultimo milione di anni e raggiunto in un batter di ciglia geologico (solo sessant’anni fa il livello stava a 315 ppm e prima dell’era industiale oscillava sotto il livello 280)
3) i cambiamenti in corso sulla crosta terrestre sono di tale imponenza (basti pensare allo scioglimento dell’Artico) che si va affermando tra gli scienziati la nuova denominazione di Antropocene per la corrente era geologica (il che implica, che sia chiaro una volta per tutte, che quel che sta accadendo è dovuto alle industrie e ai consumi dell’homo consumisticus, e alle conseguenti emissioni di gas serra, e *non* a cause naturali)
4) finalmente l’anno scorso a Parigi tutte le nazioni del mondo hanno riconosciuto l’esistenza e la gravità del problema climatico e si sono accordate per prendere contromisure al fine di impedire che il riscaldamento proceda senza soste verso livelli catastrofici. Hanno anche fissato il limite di +2 gradi come insuperabile, con l’impegno a stare sotto un grado e mezzo
5) sorprendentemente il trattato è entrato in vigore in meno di un anno, con la ratifica di oltre 55 paesi, che fanno più del 55% per cento delle emissioni globali, ed è quindi operativo
6) l’Europa di cui facciamo ancora parte, ha fissato impegni rilevanti per ottemperare al trattato di Parigi, che prevedono un taglio del 40% delle emissioni di gas serra entro il 2030, più numerose altre condizioni al contorno (il 2030 è praticamente vicinissimo dato che questi tagli implicano forti riorganizzazioni strategiche dei sistemi energetico, dei trasporti, agricolo e urbano)
7) l’Italia su questi temi è quasi ferma, avendo interrotto dal 2013 la quasi prodigiosa trasformazione del proprio sistema elettrico, avvenuta dopo i provvedimenti del secondo governo Prodi. Abbiamo oggi un fermo alle installazioni di rinnovabili e non vi sono politiche chiare per la diffusione della trazione elettrica, che incontra anche la chiara opposizione di Marchionne (ad Fca, per chi non lo sapesse). Sono invece disponibili incentivi per ristrutturazioni edilizie energetiche (riduzione dei consumi energetici nelle case e altri edifici) ma non sono interventi obbligatori
8) l’informazione del pubblico italiano e anche dei decisori politici è sbalorditivamente insufficiente in questo momento storico in cui ogni politico dovrebbe essere anche scienziato vista l’enormità delle competenze che dobbiamo mettere in campo per foronteggiare questa Crisi globale (con potenti effetti locali come ben sanno gli alluvionati di New Orleans, New York, e Mirandola)
(continua)
Finanziaria 2017 – Le controproposte di Legambiente
Una finanziaria green per rilanciare l’ITALIA – Legambiente
Creare lavoro e investimenti in innovazione e riqualificazione ambientale, senza nuove tasse e a parità di gettito per il bilancio dello Stato.
Le proposte di Legambiente per la Legge di Bilancio 2017
Non è vero che in questa fase complicata dell’economia italiana e globale si debbano rinviare gli investimenti destinati alla ricerca, all’istruzione o all’innovazione ambientale. Non è vero semplicemente perché nell’enorme bilancio dello Stato sono presenti enormi sprechi e vere e proprie distorsioni fiscali a danno dell’ambiente, oltre che a rendite insopportabili che impediscono una corretta gestione di beni naturali e comuni.
Se da una parte è condivisa l’idea che sia quanto mai urgente rilanciare investimenti e politiche che spingano la green economy, dall’altra parte il dibattito politico sembra ignorare che sia possibile fare ciò in tempi brevi contribuendo al rilancio dell’economia italiana. La ricetta è nota da tempo e passa per lo spostamento del peso della fiscalità dal lavoro al consumo delle risorse, e di spingere l’innovazione ambientale in tutti i settori fondamentali dell’economia italiana: dall’energia all’edilizia, dalla mobilità ai rifiuti, dall’agricoltura al turismo.
Legambiente ha messo in fila 15 proposte per rilanciare l’economia italiana in una chiave ecologica. Sono proposte che riguardano ambiti diversi, tutte semplici, fattibili e comprensibili. Se approvate permetterebbero di avviare investimenti in settori fondamentali (altro…)
Riflessioni oziose
La vita e l’organizzazione del villaggio-campeggio toscano dove passo qualche giorno di vacanza fornisce spunti interessanti di riflessione per un’evoluzione sostenibile delle nostre città. Prima di tutto qui non ci sono automobili, se non in rari momenti di carico e scarico, e se ci sono si spostano molto lentamente, procedendo a passo d’uomo su tortuose stradine sterrate. Tutto il villaggio è all’ombra di grandi pini che lo sovrastano come una tettoia. Vi sono piccoli veicoli elettrici ma non sono molto frequenti né numerosi, sono usati solo per manutenzioni e per trasportare persone che hanno qualche problema temporaneo o permanente. I bambini sono quindi liberi di muoversi senza pericoli e sono tutti fuori dalle casette a giocare. Gli abitanti si spostano in bicicletta o a piedi trasportando la spesa o altro.
Vi sono sistemi di gestione dei rifiuti molto curati, ma in fondo semplici. Cestini con sacchetto per l’organico esterni alle casette che vengono raccolti ogni giorno, il resto invece si può eliminare in contenitori collettivi per il riciclaggio.
Al centro del villaggio una piazza pedonale con i servizi (naturalmente non manca il biciclettaio per le riparazioni il gonfiaggio e il noleggio) e i negozi.
Fuori dal villaggio, oltre una barriera antivento, c’è la spiaggia, davanti all’apertura grandi rastrelliere per le bici, molto utilizzate.
Per andare alla piccola città più vicina c’è un trasporto pubblico o in alternativa un bel percorso segnalato per ciclisti dentro una pineta. Dopo meno di mezz’ora si arriva direttamente su un lungomare chiuso al traffico, dove si trovano caffè e negozi vari.
Nell’entroterra vi sono alcuni grandi impianti eolici per la produzione elettrica, e sugli edifici più grandi ci sono pannelli per l’acqua calda e l’elettricità.
Gli agricoltori dei paraggi hanno aperto degli spacci lungo strade secondarie, facilmente raggiungibili in bicicletta, per la vendita di ortaggi olio e vino.
La comunicazione è facilitata dalla presenza di un impianto wifi per la connessione internet.
Naturalmente si tratta di un luogo di vacanza dove si passano pochi giorni, ci sono arrivato in automobile, siamo in pochi (ma non così tanto, siamo oltre mille di sicuro), è un zona costiera pianeggiante (ma molte biciclette sono elettriche), non vi sono industrie o uffici.
Ma non mi pare per niente impossibile trasferire questo modello sulle nostre città. L’unica cosa importante da fare è abolire la presenza delle auto, sia ferme che in movimento. Biciclette, veicoli elettrici e trasporto pubblico possono egregiamente sostituirle rendendo la vita più salubre sicura e piacevole a tutti. Lo spazio liberato dalle auto è fruibile da tutti, bambini compresi.
Non sono certo il primo a proporre queste idee, ho qui davanti a me il testo No auto di Marcel Robert (2009) che si dilunga in spiegazioni e proposte urbanistiche. Ma in fondo basta qualche giorno al mare per capire che un altro mondo è possibile e gradevole, oltre che necessario.
Il referendum e i nuclearisti
Questa campagna referendaria, pur nel suo insuccesso, ha portato oltre 13 milioni di elettori alle urne ad esprimersi contro il governo su un tema davvero poco dibattuto in Italia, quello dell’energia. E’ stata una campagna istruttiva, che personalmente ho condotto di fianco a persone molto competenti come il professore Vincenzo Balzani e i suoi colleghi firmatari dell’appello Energia per L’Italia, che hanno portato molti argomenti a favore del sì. Prima di impegnarmi con loro francamente non avevo un’idea di quanto fossero diffuse nei nostri mari le piattaforme di estrazione di gas e petrolio, non conoscevo la struttura maligna delle royalty, non mi rendevo conto pienamente di quanto intricato e robusto fosse il legame tra le lobby fossili e governo di questo paese.
A Bologna prima del referendum abbiamo organizzato un paio di eventi pubblici e durante uno di questi ho battibeccato con l’economista Tabarelli, a capo di Nomisma energia, un centro studi bolognese molto legato al mondo dei fossili, riprendendolo per le sue posizioni ancora negazioniste sul tema climatico, nonostante Parigi e gli accordi Cop21, poi con stupore l’ho sentito sbottare dicendo che la soluzione al problema climatico (ammesso che ci sia) sarebbe l’energia nucleare. Ogni tanto si sentono persone che continuano a ribadire questi argomenti triti e ritriti. Comunque può essere utile sapere che i francesi, proprietari tramite Edf (Electricité de France) di ben 58 centrali nucleari, dal 2008 hanno anche tutte e otto le centrali nucleari inglesi.
Non contenti di questo enorme patrimonio nucleare stanno cercando di avviare la costruzione di due altre nuove grosse centrali in Inghilterra, a Hinkley Point, di fianco alle due già esistenti sul posto (foto). Nessuno però in Francia ha un’idea di dove trovare l’immensa massa di denaro che serve a costruire questi nuovi giganti nucleari, che insieme avranno 3200 megawatt di potenza, quando e se verranno mai attivati.
Servono infatti ben 18 milioni di sterline (equivalenti a oltre 22 M€), di cui per ora reperite solo 6 a cura dello stato cinese, che in cambio avrà un terzo delle azioni.
Riepilogo momentaneo: i governanti inglesi vogliono farsi fare due nuove centrali nucleari dai francesi con soldi per il momento solo cinesi… Cameron e compagni dicono che non sborseranno un pound finché le centrali non verranno accese, ma da quel momento in poi compreranno tutta la corrente, pagandola, udite udite, il triplo del prezzo attuale!
Il prezzo all’ingrosso del chilowattora infatti sta intorno ai 4-5 centesimi di euro (anche se alla fine in bolletta arriviamo a pagarne anche 30) ma gli inglesi hanno promesso di pagarne 12 a Edf dall’attivazione delle nuove centrali, senza limiti di tempo.
Nello scorso marzo il dirigente finanziario di Edf ha dato le dimissioni perché convinto dell’assurdità economica di questa operazione nucleare franco-britannica. Sono contrari anche i rappresentanti dei lavoratori (in consiglio di amministrazione Edf pure loro) che temono un crac dell’azienda, già provata dalla costruzione della nuova centrale di Flamanville, che sta conoscendo enormi ritardi e altrettanto enormi lievitazioni dei costi.
Insomma noi italiani facemmo benissimo nel 2011 a votare contro le centrali francesi che Sarkozy voleva piazzare a Berlusconi, cioè a tutti noi. Forse anche gli inglesi farebbero meglio a pensarci due volte, come vorrebbe Greenpeace, che suggerisce alternative più rapide e assai meno rischiose. E anche il dottor Tabarelli forse farebbe meglio a informarsi prima di parlare.
Clima, piatto del giorno
Metto in fila le brutte e meno brutte notizie climatiche degli ultimi mesi, andando a memoria e un po’ a casaccio.
Il 2015 è stato l’anno più caldo nella serie internazionale dei dati globali che parte da metà ottocento, ma secondo alcuni ricercatori addirittura il più caldo da duemila anni questa parte. In Emilia il record è stato addirittura frantumato, con +1,86 gradi sopra la media 61-90.
Il 2016 è partito alla grande con gennaio e febbraio da record (dovrebbe essere la somma del riscaldamento globale e di un Nino particolarmente potente).
Il fiume Gange è asciutto per un buon tratto costringendo allo spegnimento senza precedenti di una centrale termoelettrica indiana per mancanza d’acqua di raffreddamento.
La Tasmania è stata devastata per mesi da terribili incendi forestali che hanno semidistrutto le sue foreste originarie.
I ghiacci dell’artico invernale presentano una superficie minima rispetto alle serie storiche disponibili.
Uno studio recente rileva enormi emissioni di metano dal territorio statunitense presumibilmente riferite a fughe dai numerosi pozzi di fracking (senza dimenticare la fuoruscita accidentale californiana, domata solo dopo mesi di sforzi).
Le buone notizie sono che i cinesi e altri paesi in via di sviluppo hanno puntato grandi capitali nelle rinnovabili (fotovoltaico e vento) e che per questo il 2015 ha superato il record di investimenti (ma in occidente gli investimenti stagnano e in Italia sono addirittura fermi, con forti ripercussioni occupazionali), e che forse l’aumento della CO2 per la prima volta appare minore della crescita economica (testimoniando quindi un possibile inizio del processo di decarbonizzazione dell’economia).
James Hansen, il famoso scienziato americano che da decenni produce proiezioni corrette del cambiamento climatico, sta collaborando con dei giovani attivisti per tentare di scuotere dall’inerzia il proprio governo anche intentando cause legali. E’ interessante anche l’iniziativa legale di alcuni procuratori americani contro la Esso (ora ExxonMobil), che avrebbe sistematicamente nascosto i rischi di cambiamenti climatico, di cui aveva chiara informazione per analisi e ricerche interne.