Agli “Stati generali della Cultura” promossi dal più importante quotidiano economico nazionale giovedì scorso, 15 novembre, al teatro Eliseo, a Roma – insieme all’Accademia Nazionale dei Lincei e all’Enciclopedia Italiana Treccani -, in una platea gremita come accade soltanto per gli eventi eccezionali, un’unica idea condivisa ha sospinto i partecipanti a restare lì tutto il giorno, a dibattere sui temi del “Manifesto della Cultura”, lanciato lo scorso febbraio dal Sole24Ore: l’idea che la cultura e la ricerca scientifica, insieme al patrimonio storico, artistico e paesaggistico, costituiscono la nostra più inestimabile ricchezza, anima ed essenza del nostro essere, della nostra storia, delle nostre vite. In una parola, unica “energia rinnovabile” da cui l’Italia può ripartire, per rialzare la testa e ridisegnare il proprio futuro. Bisogna aver vissuto quell’esperienza in teatro, per capire il clima che si respirava: c’era l’aria delle cose belle a cui si è felici di partecipare. Elettrizzati.Incuriositi. Partecipi. Vivi. Da una parte, gli ospiti sul palco, che sviluppavano il dibattito, ricevendo sollecitazioni e più d’una protesta dal pubblico. Dall’altra, il pubblico partecipe, con le insistenze di qualcuno che interveniva, protestava, replicava, tuttavia sempre nei limiti del rispetto, di un confronto serrato, ma civile, a cui purtroppo non siamo più abituati. L’Italia deve ripartire da cultura e ricerca scientifica? Non ha avuto dubbi il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, nel rivendicare che sì, da lì bisogna ripartire. Ha citato l’articolo 9 della Costituzione, il Capo dello Stato – “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione” – , sottolineando come in due righe i padri dell’Assemblea Costituente avessero abbracciato ” tutte le idee di cui stiamo parlando”. “Quante sono oggi le istituzioni che promuovono e tutelano ?- si è chiesto il Capo dello Stato. “Quale peso – ha proseguito Napolitano – si sta di fatto riconoscendo a quel dettato costituzionale, e dunque a una corretta visione del rapporto tra cultura e scienza, da una parte, e sviluppo dell’economia e dell’occupazione dall’altra?” E ancora, ha incalzato il Presidente della Repubblica, sottolineando di non voler ragionare “soltanto in termini economici”, “quale peso si sta riconoscendo al rapporto tra cultura e scienza, ulteriore incivilimento del Paese, benessere dei cittadini misurato secondo nuovi indici qualitativi, valorizzazione dell’identità e del prestigio nel mondo?”. Non si può soltanto valutare “quale aiuto diano alla crescita del prodotto lordo la cultura e la scienza, ma come esse siano parte integrante del nostro stare nel mondo, con il profilo e il prestigio che le generazioni che ci hanno preceduto hanno assicurato all’Italia”. E poiché a questi fattori si sta prestando un’attenzione “assolutamente inadeguata, intendo porre – ha detto il Capo dello Stato – questo problema in via prioritaria e di principio”. Si è espresso “con spirito critico anche nei confronti dell’attuale Governo”, Giorgio Napolitano, pur sottolineando il “recupero incontestabile di credibilità e di ruolo in Europa e nel mondo” che si deve al Governo Monti. Tuttavia, ha sostenuto il Capo dello Stato, quando si mette mano alla spesa pubblica “non si tratta di fare i ragionieri, ma di ragionare politicamente”. Se è vero che “resta indispensabile perseguire gli obiettivi rigorosi, concertati in sede europea, di riduzione della spesa pubblica e di contenimento della sua dinamica” (…) è “fatale – si è chiesto il Presidente – che per riuscire in questo sforzo di risanamento della finanza pubblica si debba procedere con tagli lineari a impegni di finanziamento in ogni settore di spesa, senza senza tentativi di far emergere una nuova scala di priorità nella ripartizione delle risorse?”. Occorre una nuova logica – è il pensiero di Giorgio Napolitano, salvaguardando una quota accresciuta di risorse, pur nella generale riduzione della spesa pubblica, per cultura e ricerca, tutela del paesaggio e del patrimonio storico a artistico”. Il Capo dello Stato lo ha ricordato: è difficile dire dei “sì” e dei “no”, ma “questa è la politica”, in questo si manifesta la responsabilità. E occorre dire ” più sì a tutto quello che riguarda la cultura, la scienza, la ricerca, la tutela e la valorizzazione del patrimonio”. Non poteva mancare il riferimento ai talenti e alle eccellenze, nella ricerca scientifica, che l’Italia vanta in alcuni campi fondamentali, spesso ignorati sia dalle istituzioni, che dall’opinione pubblica, ha detto Napolitano. Un pensiero va ai tanti scienziati che lavorano nelle istituzioni europee e con essi all’esigenza sia di capacità operative, sia di liberarsi dal peso della burocrazia e della “foresta legislativa”.Infine, un appello alla capacità di innovare anche nelle istituzioni che si occupano di scienza e di cultura, accanto alla scelta dei soggetti che devono esprimere le capacità per una nuova politica e una nuova visione della cultura; la considerazione che occorre porre attenzione sulla necessità di una capacità progettuale, gestionale e realizzatrice e l’invito a una “mobilitazione nuova” negli investimenti pubblici e privati per la ricerca. Infine, un cenno quasi complice alle “impazienze” espresse in sala: “Ho fatto nel passato il comiziante (…) ma oggi faccio un altro mestiere e vorrei dire con molta pacatezza: fate valere le vostre legittime preoccupazioni, esigenze, insofferenze, proteste, fatele valere con il massimo sforzo di razionalità e responsabilità, perché solo così potremo portare la cultura più avanti e il Paese fuori dalla crisi”. Un discorso storico, lucido, appassionato, coinvolgente: da far leggere sui banchi di scuola. Da lì inizia la sfida dei futuri cittadini.
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La cultura e l’arte sono le nostre materie prime. Non dobbiamo estrarle, ma coltivarle e preservarle. Tutto questo ha un costo, come per tutte le materie prime, naturalmente. Ma un costo che verrà sicuramente ripagato, non solo, ma produrrà ricchezz e prestigio.
Care Antonia e Elisabetta, è vero. I governi che si sono succeduti hanno peccato di colpevole negligenza nei confronti della cultura e della ricerca scientifica. Hanno fatto spesso troppo poco e hanno inciso male su quelli che sono elementi fondamentali dello sviluppo sociale ed economico di una nazione. Ma il messaggio di Giorgio Napolitano è stato altissimo e inequivocabile. Occorre applicare l’articolo 9 della Costituzione, ispirando l’azione della politica a quei principi attualissimi e illuminati. Ma occorre che noi tutti cittadini diamo l'”assillo”, per dirla sempre con le parole del Capo dello Stato, alla politica perché ciò avvenga.
L’unica vera energia rinnovabile, verissimo! Peccato che i vari governi che si sono succeduti in Italia non se ne siano mai accorti….e infatti ecco dove siamo finiti…