I falsi green e i furbi del green washing

Ormai è sempre più di moda il green: green-economy, green-procurement, green-mobility, green-energy, green e ancora green. Ma spesso è solo un fatto di colore e non di sostenibilità. Una verniciata di verde ed una tecnologia nuova diventa green e fa essere tutti più tranquilli e più contenti. Ma non sempre una verniciata green rende un a tecnologia sostenibile; anzi molto spesso è puro e becero green-washing.

Green economy è un termine per dire: continuiamo nello stesso schema economico ma utilizzando nuove tecnologie a minore impatto ambientale. Ma ciò non ha nulla a che vedere con l’economia che resta la stessa, concettualmente incentrata sulla crescita illimitata dei consumi, solo stando attenti a rendere questi consumi un po’ più efficienti e ad usare il più possibile risorse rinnovabili. E’ qui c’è un altro trucco: cosa sono le risorse rinnovabili? Per esempio, se continuiamo nel modello di crescita dei consumi, la quantità di materie prime necessarie per produrre tutti i pannelli solari necessari a soddisfare i consumi crescenti entreranno in regime di esaurimento; potranno essere sostituite da nuove tecnologie, ma l’impatto sull’ecosistema per la loro estrazione sarà comunque insostenibile. Lo stesso accadrebbe se passassimo dai polimeri di sintesi derivati dal petrolio ai bio-materiali, o dagli idrocarburi ai bio-carburanti. Le quantità richieste dalla prospettiva di crescita illimitata dei consumi finirebbe per rendere insostenibili anche le migliori tecnologie “green”. Quindi la green-economy ha un senso solo se serve a darci il tempo di superare una economia incentrata sul consumo verso una economia orientata al benessere, alla felicità. Nel calcolo dell’Happy Planet Index, non è un caso se i 10 paesi i cui abitanti si ritengono più felici sono fra quelli che hanno una modesta impronta ecologica e un Pil piuttosto basso, dall’86esima e la 144esima posizione nella classifica mondiale del Pil pro capite.

Green procurement è un termine cha sta ad indicare l’orientamento delle pubbliche amministrazioni ad effettuare acquisti di beni prodotti da materiali riciclati; si pensa non solo alla carta ma anche alla plastica per farne segnaletica, arredi urbani, sedie, secchi ecc…Ma attenzione che questo può diventare un alibi per l’industria della plastica per dire: continuate a sprecarla perché tanto poi la ricicliamo. E’ così si finisce per giustificare anche l’assurdo spreco di contenitori usa e getta: pensate che se mettessimo una sull’altra tutte le bottiglie di plastica usate in un anno dagli italiani, si coprirebbe 5 volte e mezza la distanza Terra/Luna.

Green mobility le compagnie elettriche, in particolare l’Enel, stanno molto spingendo perché si diffonda l’auto elettrica, spacciando con false argomentazioni “green” quella che è semplicemente una operazione per l’allargamento del mercato della sua merce. Ma l’elettricità che produce l’Enel in massima parte è tutt’altro che “green” puntando addirittura tale impresa all’aumento dell’uso del carbone, il combustibile più inquinante che esiste ed a maggior contenuto di quel carbonio che sta distruggendo l’equilibrio climatico della Terra. Si sposta semplicemente l’inquinamento dalle città alle centrali, come nascondere la spazzatura sotto il tappeto e dire di aver fatto pulizia quando invece si stratta del più becero dei green washing. Ma anche se le auto elettriche venissero tassativamente alimentate esclusivamente da green energy, (e quindi non dall’elettricità prodotta dall’Enel), non garantirebbero la sostenibilità del sistema di trasporti. Infatti in Italia circolano più di 36 milioni e 300 mila automobili, 59 auto ogni 100 abitanti; all’industria automobilistica che di fronte a questi dati non ha grandi prospettive se non nella sostituzione delle vecchie auto con le nuove, dopo averci propinato marmitte catalitiche, euro 1, 2, 3, 4, e via verso l’infinito… non par vero di potersi dare una bella sverniciata di green e sommergere le nostre città di nuove distese di acciaio e plastica. Se tutte le auto oggi circolanti fossero sostituite da auto elettriche, le nostre città sarebbero ugualmente sepolte e intrappolate in un mare di lamiere che continuerà a muoversi a lentissima velocità. Infatti le auto private sono “ladre di spazio” e di territorio. Una persona che viaggia a 50 Km/h su una automobile con 4 passeggeri a bordo, occupa circa 60 m2 di territorio; se viaggiasse su un pullman pieno ne occuperebbe 3,47; se viaggiasse su treno con 1.344 posti tutti occupati occuperebbe appena 1,25 m2. Da un calcolo effettuato a parità di condizioni ideali risulta che una metropolitana può far transitare 70.000 passeggeri l’ora su una sola linea; un autobus o un tram su corsie preferenziali può trasportarne più di 30.000; una automobile con 4 persone a bordo può invece far transitare su una corsia libera da intasamenti appena 8.000 persone l’ora. Ma  non è solo una questione di spazio. Infatti l’energia necessaria a costruire una automobile e a mantenere tutte le infrastrutture necessarie al suo utilizzo (strade, officine, garage, segnaletica, ecc.) è mediamente uguale a quella spesa per il suo movimento; è energia “nascosta sotto il tappeto” che continua a provenire da fonti fossili e inquinanti. L’auto elettrica può essere quindi una utile soluzione solo se alimentata da energia rinnovabile, all’interno di un sistema di mobilità che veda drasticamente ridotto il trasporto privato attraverso una offerta di trasporto pubblico moderna e efficiente.

Spesso sotto una verniciata di verde si nascondono brutte sorprese!

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