La crescita a senso unico e il doppio senso della decrescita

 

Per molti decenni, e fino a pochi anni fa, la crescita del PIL e quella delle emissioni di gas serra sono stati strettamente correlati. Ciò è dovuto ovviamente al fatto che l’economia mondiale si è sviluppata sulla base di un uso largamente predominante di combustibili fossili. Nel famoso rapporto di Nicholas Stern sull’economia dei cambiamenti climatici[1]

Figura 1-Correlazione fra PIL e gas-serra (Fonte Stern)

veniva ampiamente illustrato il disaccoppiamento fra crescita delle emissioni di gas serra e PIL. Nella figura 1 tratta dal rapporto Stern si evidenzia come una politica di riduzione delle emissioni, passando attraverso una fase iniziale di minor crescita, da un certo punto in poi porta ad un marcato aumento del PIL. All’opposto, una continua crescita delle emissioni, porta ad un punto critico in cui la curva del PIL si flette decisamente fin quasi a raggiungere un andamento stazionario, a causa delle gravi conseguenze sugli ecosistemi e sull’economia dei catastrofici cambiamenti climatici prodotti.

Figura 2: Asimmetria PIL/Emissioni (Fonte: R.York)

In un articolo di Richard York[2], pubblicato su Nature Climate Change il 7 ottobre scorso[3], si rileva l’asimmetria della correlazione fra PIL ed emissioni di CO2. Come si vede dal grafico di figura 2, al crescere del PIL le emissioni crescono più rapidamente di quanto decrescano quando il PIL cala. Questo fatto, che a prima vista potrebbe sembrare sorprendente, ci permette di fare alcune considerazioni fondamentali sulle caratteristiche della crescita e della decrescita. Partiamo da alcuni esempi.

Un contributo significativo alla decrescita del PIL in Italia viene dal calo del 27,5% delle vendite di automobili avvenuto nei primi nove mesi dell’anno. Tuttavia il sistema di trasporti italiano non è cambiato e quindi le oltre 36.330.000 automobili circolanti, 59 ogni 100 abitanti (record mondiale!), continuano a produrre la stessa quantità di emissioni di gas serra. Quello dei trasporti è un sistema particolarmente complesso che produce emissioni sia per il suo mantenimento che per il suo utilizzo. Il calo delle vendite di auto, produce una diminuzione dell’energia spesa per la fabbricazione dei veicoli, ma non di quella spesa per la loro circolazione, né di quella impiegata per la riparazione e la rimessa delle auto, o per la manutenzione della rete stradale. Se il calo delle vendite dovesse diminuire ancora per alcuni anni, da un certo momento in poi ciò impedirebbe il rinnovamento del parco veicoli con modelli più efficienti ed a più basso consumo. Oltre un certo limite, quindi, le emissioni risparmiate per la mancata produzione di nuove automobili, verrebbe superata dall’aumento delle emissioni (o dalla loro mancata diminuzione) causata dall’invecchiamento del parco auto circolanti. Discorso analogo potrebbe farsi per il calo delle vendite in un supermarket. Emissioni sarebbero risparmiate per la mancata produzione di una certa quantità di merci, ma non varierebbe la quantità di emissioni relative all’illuminazione, al riscaldamento/raffrescamento e pulizia dei locali, ecc.; anche in questa caso c’è una quantità di emissioni prodotte dal “metabolismo di sistema” ed una quantità relativa alla produzione delle merci. Se il calo delle vendite dovesse continuare, si potrebbe arrivare ad un valore di soglia oltre il quale il supermarket fallisce e tutte le sue emissioni si azzerano istantaneamente. Lo stato dei fenomeni complessi varia con continuità solo entro certi limiti, per poi procedere con scatti improvvisi. E’ ciò che accade al sistema atmosfera, in cui il meccanismo climatico oggi varia in modo correlato con l’andamento delle emissioni, ma oltre un certo valore limite identificato in un aumento delle temperature medie superiore a 2°C, rischia di cambiare rapidamente e in maniera irreversibile.

Siamo quindi giunti ad uno dei più gravi paradossi dei nostri tempi. La decrescita in un sistema costruito in funzione di una crescita continua ed illimitata, costituisce un fattore di crisi ed è causa di una serie di conseguenze negative: disoccupazione, povertà e spesso anche aumento dell’inquinamento. Tuttavia anche la crescita illimitata dei consumi si scontrerà prima o poi con una scarsità di risorse che porteranno il sistema economico al collasso. La decrescita come esito indesiderato di una crisi non è certamente auspicabile; se opportunamente programmata diviene invece l’unica realistica risposta ad una crisi futura di estrema gravità.

Figura 3: Roma, Villa Borghese, patrimonio dell’UNESCO

In termini concreti, tornando all’esempio delle auto, in un sistema di trasporti che privilegia in modo assoluto la strada, la decrescita della vendita di automobili è un male sotto tutti i punti di vista; ma se lavorassimo per spostare sulle navi quell’80% di merci che oggi viaggiano sui Tir, per spostare su treni e mezzi pubblici le persone, si avrebbe una decrescita netta dei consumi energetici e delle emissioni di CO2 (1/5 per le merci ed 1/3 per le persone), e la decrescita delle vendite di automobili e dell’occupazione nel settore sarebbe a vantaggio della crescita dell’occupazione nei cantieri navali e nelle attività portuali. E’ l’elemento qualità a fare la differenza. Far crescere la qualità e l’efficienza del sistema e decrescere il consumo di risorse e gli impatti, migliora la qualità dei servizi, dell’ambiente ed in definitiva della vita. In questo senso la decrescita diviene una chance determinante per il benessere presente e futuro dell’umanità.


[1] Nicholas Stern, The economics of climate change, Cambridge University Press, 2006, www.hm-treasury.gov.uk/independent_reviews/stern_review_economics_climate_change/stern_review_report.cfm

[2] Department of Sociology and Environmental Studies Program, University of Oregon, Eugene, Oregon 97403, USA.

[3] R. York, “Asymmetric effects of economic growth and decline on CO2 emissions”, www.nature.com/natureclimatechange ; si veda anche il commento http://www.rinnovabili.it/ambiente/se-al-decrescere-del-pil-le-emissioni-non-calano39493/

 

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