Niente risarcimento per danni morali, né bonifica del territorio per tutti gli abitanti della zona di Seveso. Oltre al danno, la beffa!
La terza sezione civile della Cassazione ha rigettato il ricorso di diverse persone contro la sentenza con cui la Corte di Appello di Milano aveva già respinto le loro istanze risarcitorie.
Ma cosa chiedevano queste migliaia di persone? il riconoscimento, (perché no?!) anche economico, del loro diritto a vivere in un ambiente salubre.
Il fatto è noto: nel 1976 nell’azienda Icmesa, che produceva sostanze chimiche a Meda, al confine con il comune di Seveso, a causa dell’innalzamento della temperatura di un sistema di controllo, scoppiò un reattore diffondendo nell’aria per decine di chilometri una nube di TCDD, la più pericolosa diossina conosciuta. L’emissione continuò per ore, fino al raffreddamento della valvola. Il vento disperse la nube tossica verso est, sulla confinante cittadina di Seveso, in Brianza.
Undici comunità nella campagna tra Milano e il Lago di Como furono direttamente colpite dalla nube tossica. Ne furono colpite migliaia di persone e soprattutto gli abitanti di Seveso, che si unirono in comitati per fare valere i loro diritti legali in tribunale. Riconosciuto il danno, ne fu riconosciuto il risarcimento.
Ma ad oggi nessuna bonifica è stata fatta, per questo nell’aprile 2005, oltre mille abitanti di Seveso hanno intrapreso dinanzi al Tribunale di Monza, un’azione contro la società Icmesa, la cui «condotta omissiva», secondo i cittadini, in merito alla bonifica della zona, ha provocato danni morali anche in seguito agli innumerevoli controlli medici ai quali si erano dovuti sottoporre. I Giudici di primo grado e di appello, però, hanno respinto la domanda di risarcimento dal momento che la richiesta era caduta in prescrizione perché trascorsi troppi anni (oltre 5) dalla sua deposizione, escludendo che il nuovo risarcimento dopo una nuova bonifica fosse «autonomo e diverso» rispetto a quello già risarcito relativo al disastro del 1976.
Ed ecco l’ultimo atto in Cassazione: la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, “non poteva che iniziare a decorrere dal momento del fatto” e le “lamentate lesioni dell’integrità psichica di un danno morale da patema d’animo non costituivano, pertanto, manifestazione di una lesione nuova ed autonoma rispetto a quella manifestatasi con l’esaurimento dell’azione del responsabile, bensì un mero sviluppo e un aggravamento del danno già insorto“.
Senza entrare nel merito dei cavilli procedurali legati alla scure della prescrizione, è bene tenere distinto il danno morale legato all’incidente dal danno morale legato alla mancata bonifica: l’uno è conseguenza immediata degli effetti devastanti dell’incidente, l’altro è legato al protrarsi ingiustificato di una situazione dannosa che influenzerà sicuramente gli abitanti della zona.
Se per bonifica si intende l’insieme di interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle CSC, è evidente che continuare a mantenere l’area contaminata non è uno scherzo. Tuttavia l’elenco delle aree non bonificate è lungo e preoccupante e di alcuni siti ne conosciamo le conseguenze spiacevoli.
Pensiamo a Bagnoli: 107 milioni di euro stanziati dalla Regione Campania per la bonifica dell’ex area Italsider di Bagnoli e dell’ Eternit; nessuna bonifica e una vera e propria catastrofe ambientale che avrà costi e ricadute elevate per la popolazione. Nel capo di imputazione, relativo all’ipotesi di disastro ambientale, nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento a Bagnoli si parla di “aggravamento dello stato di contaminazione dei terreni all’esito della bonifica rispetto allo status quo ante”. Ma non basta, alcuni arrestati sono anche indagati per lo sversamento in mare di tonnellate di idrocarburi. Con il provvedimento di sequestro delle aree di Bagnoli, il gip del capoluogo campano ha disposto “un dettagliato piano di interventi finalizzato a un’adeguata bonifica e messa in sicurezza” delle aree sequestrate.
Disastro ambientale per mancata bonifica; quindi non è possibile riconoscere il diritto dei residenti in quelle aree di riavere un ambiente il più possibile incontaminato?
Quante Bagnoli ci vorranno prima di risolvere il problema?