Rose senza spine? diario di viaggio in Kenya con Fairtrade Italia

rosaNessun fiore gode tanto successo a livello mondiale come le rose!  E in Kenya le rose hanno un notevole valore economico, ma come ogni rosa ha la sua spina qui la produzione ha problemi di sostenibilità ambientale, sfruttamento dei lavoratori, forte inquinamento e mancanza delle più basilari norme di sicurezza dei lavoratori.

Ma qualcosa sta cambiando e c’è un Kenya diverso. Sono qui in questi giorni al seguito di Fairtrade Italia l’organizzazione internazionale che attraverso il marchio di certificazione si propone di garantire migliori condizioni di vita per i produttori dei Paesi in via di sviluppo, per visitare alcune aziende produttrici di rose che hanno aderito al sistema Fairtrade.

In Africa  – dice Paolo Pastore direttore di Fairtrade Italia – queste aziende che producono fiori sono private e dipendevano da alcuni grandi importatori mentre ora applicando gli standard Fairtrade hanno potuto accedere a un mercato diverso. Spesso le aziende esistevano già e Fairtrade ha cercato  attraverso degli standard appositi di renderle più sostenibili  dal punto di vista ambientale e sociale.

foto-2Simbi Roses è la prima azienda visitata e si trova a nord di Nairobi, ad appena un’ora di macchina. E’ una zona molto florida con terreni fertili e disponibilità d’acqua. Ad accoglierci  la Signora Grace Nyachae e sua figlia. Sono loro che hanno avviato la produzione di rose aderendo al protocollo di Fairtrade: tutto è iniziato nel 1995, in una zona dove già veniva coltivato il caffè, ma  – come spiega la signora Grace – la coltivazione del caffè è molto complessa ed elaborata e non ultimo c’è un consistente  controllo dello stato, un vero e proprio monopolio.  Dal 1995  qui si coltivano quasi 25 ettari a rose e lavorano nell’azienda circa 100 persone in forma stabile e circa 500 stagionali nei periodi di maggior richiesta.  Sono solo alcuni anni che Simbi Roses ha aderito a Fairtrade, e lo ha fatto inizialmente per aprire nuove possibilità di commercio e nuovi canali di vendita e staccarsi dall’insostenibile oscillazione dei prezzi imposta dalle aste olandesi.

Oggi l’azienda produce dai 38 ai 40 milioni di steli l’anno per 10 differenti varietà di rose. Essere inseriti nel Fairtrade – dice Jefferson Kingi Karue general manager dell’azienda –  vuol dire abbracciare le tematiche etiche che inducono maggiori benefici per i lavoratori e per le famiglie degli stessi. Altro aspetto importante è la gestione delle risorse idriche attraverso l’utilizzo della tecnica idroponica.  Ma qui si investe anche nella produzione bioenergetica attraverso la realizzazione di un sistema di compostaggio del materiale vegetale di scarico.  Grande attenzione è posta sulla sicurezza dei lavoratori, per questo è stato messo a punto un sistema di distribuzione dei prodotti chimici che avviene attraverso una canalizzazione degli stessi in modo da evitare il contatto tra questi e i lavoratori, mentre i prodotti stessi sono stoccati in un magazzino protetto.

gruppoIncontriamo anche i rappresentanti del Joint Body, comitato  di lavoratori che partecipa con la proprietà alla gestione dell’azienda e dei fondi del Fairtrade. Sono in sostanza lavoratori dipendenti che partecipano all’impresa. Il portavoce del comitato ci illustra le attività di sviluppo pianificate grazie all’utilizzo del Fairtrade Premium. Si va dalla ristrutturazione della scuola locale, alla creazione di un asilo nido per permettere alle donne di rientrare dopo pochi mesi dal parto, alle borse di studio per l’istruzione fino all’ acquisto di materiale per il miglioramento delle abitazioni.

Almeno qui a Simbi Roses la sensazione è che le rose abbiano poche spine, ma non può dirsi lo stesso per le rose prodotte nella zona del lago Naivasha. Martoriata dalle guerre civili, Naivasha è il centro più importante dell’Africa nel mercato delle rose da taglio. Qui c’è un lago che garantisce un approvvigionamento d’ acqua per le serre che producono fiori e qui si sono installate delle multinazionali che hanno iniziato una produzione intensiva di rose per poter sfruttare le risorse umane, ecologiche ed ambientali favorevoli, cioè un clima caldo che affrancasse dalla necessità di riscaldare artificialmente le serre di produzione, poi acqua a sufficienza per irrigare, ed una manodopera a costi bassissimi con un risultato disastroso dal punto di vista ecologico e umano.

Il viaggio continua…jambo!

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