Rose senza spine…diario di viaggio

 

rosaLasciata Nairobi ci dirigiamo verso Ravine, lungo la Rift Valley. L’aria è frizzante perchè siamo oltre i 2000 metri e la natura è verde e rigogliosa. Il viaggio è un emozione continua e quello che più di tutti colpisce sono gli esseri umani.

L’Africa è un Paese che cammina e gli uomini sembrano semi trasportati dal vento; ondeggiano magri nei loro corpi come lunghi steli a passi lenti lungo il ciglio della strada. Per lo più si dirigono verso mercati e paesi e camminano portando di tutto.

Dopo qualche ora raggiungiamo Nakuru, famosa per il lago dove sostano migliaia e migliaia di fenicotteri e dove è stato girato il film “La mia Africa”; gli ampi spazi, il paesaggio verde e la terra rossa rendono tutto molto affascinante e sembra di provare quel mal d’Africa che colpisce chi ha visitato questi luoghi.

Mentre mi perdo nei miei pensieri, si apre davanti a noi uno spettacolo angosciante; una grande discarica, dilavata da una fossa troppo piena, arriva a lambire la strada. In quell’inferno si aggirano come ombre uomini, donne e bambini poveri, in cerca di cibo o piccoli oggetti da rivendere che si contengono con capre, maiali e avvoltoi. Chiediamo ad Allan – il nostro autista – di fermarsi per osservare con più attenzione, ma lui percepisce il pericolo più di noi e si allontana velocemente. Ho provato compassione ma soprattutto vergogna. Mi vergogno come essere umano di permettere che accada qualcosa del genere, che altri miei simili debbano condurre un’esistenza così gravosa e umiliante. Allora mi sono chiesta che senso abbia la produzione di rose, di un genere voluttuario destinato a soddisfare il mercato occidentale? Spero di trovare una risposta e nel mentre raggiungiamo Karen Roses, a Eldana Ravine, a 2200 metri a nord della linea equatoriale.

Karen Roses è un’azienda dove si producono rose e come a Simbi Roses, la guidano madre e figlia. E’ strano vedere come in un paese africano dove la considerazione della donna è quasi unicamente relegata alla sua capacità proceativa e molto poco al suo ruolo sociale o manageriale, ci siano in questo settore aziende a conduzione femminile, dove gli uomini ricoprono ruoli subordinati ad esse. E’ una piccola rivoluzione femminile, un riscatto sociale che avviene attraverso la delicatezza dei fiori. Non a caso in quest’azienda lavorano soprattutto donne che con mani silenziose ed invisibili si prendono cura dei fiori: sono lavoratrici instancabili e le vere protagoniste di questa storia.

E’ soprendente vedere anche la gentilezza con cui Janice Kotut, figlia della proprietaria dell’azienda, e responsabile marketing, si relazioni ad esse.

Janice ci fa capire che qui in Africa pagare una donna vuol dire sostenere una famiglia, ma lei vuole di più per queste donne e ha iniziato a formare alcune di esse per destinarle a posizioni di responsabilità. E che sia convinta di proseguire su questa strada di emancipazione femminile s’intuisce dal discorso fatto alle studentesse in occasione dell’inaugurazione del laboratorio di chimica e biologia di una scuola di Ravine. A queste ragazze ha dato sostegno, ribadendo che solo impegno e dedizione potranno emanciparle e portarle a ricoprire ruoli di responsabilità.

Il laboratorio scolastico è solo uno dei tanti progetti realizzati con il Fairtrade Premium, cioè il contributo economico di cui beneficiano i lavoratori delle aziende certificate da Faitrade. Qui a Ravine sono state realizzate scuole, un centro ricreativo dotato di biblioteca, internet point e condotta medica; non sono solo i dipendenti dell’azienda a beneficiare dei contributi ma è la comunità intera, ed è questo il grande valore del Fairtrade Premium.

La sera torniamo a dormire a Nakuru passando di nuovo per la discarica, ma questa volta ho girato il viso dall’altra parte, non voglio e non posso guardare quella miseria. A Nakuru regna la confusione, c’è traffico e una moltitudine di persone per strada; ci sono venditori ambulanti con i loro banchetti e i portatori d’acqua con carretti trainati da asinelli. Un brodo di umanità che fa si che ci siano controlli ovunque anche nel nostro albergo, dove siamo sottoposti a metal detector e alla perquisizione delle valigie. Nella hall e nelle camere, nonostante sia giorno, pesanti tendoni oscurano la vista dall’esterno; siamo noi che non dobbiamo essere disturbati dalla vista della miseria o la vista del nostro benessere potrebbe trasformarci in facili obiettivi di chi cerca giustizia su questa terra?

Sappiamo tutti che l’Africa è un continente in movimento, dove ricchezza e miseria convivono nello stesso contesto, ma il Kenya sembra una realtà più variegata e le comunità incontrate, soprattutto donne, sembrano stanche di essere rappresentate attarverso l’immagine stereotipata di degrado e miseria.

Il viaggio continua….Jambo!

 

 

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