Nella minestra il sale ci vuole altrimenti non è buona, ma se col sale si esagera diventa immangiabile…
Questa metafora rappresenta il ruolo dell’effetto serra sul clima terrestre, senza effetto serra il pianeta sarebbe troppo freddo per la vita (temperature mediamente molto inferiori alle zero), grazie all’effetto serra naturale le temperature stanno mediamente ben al di sopra del punto di congelamento dell’acqua e dunque risultano adatte alla vita.
Da qualche tempo, in particolare negli ultimi decenni stiamo aggiungendo alla minestra atmosferica troppo “sale climatico” (anidride carbonica e altri gas serra di origine umana, che vengono valutati convertendoli nel loro equivalente in anidride carbonica) e stiamo precipitando dalla parte opposta, dove fa troppo caldo e si crepa per questo.
Vale la pena ricordare che su Venere c’è un effetto serra eccessivo e la superficie del pianeta si trova a 460 gradi, nemmeno le robuste sonde sovietiche anni Settanta hanno resistito a lungo a quel clima.
Oggi i terrestri stanno facendo un uso smodato di fonti energetiche fossili a base di carbonio. Si brucia carbone nelle centrali elettriche, si brucia petrolio nei motori termici dei mezzi di trasporto, si brucia gas nelle caldaie termoelettriche e domestiche. Aggiungiamo che si brucia anche troppo legname (il pellet americano che va nella centrale inglese di Drax, la foresta indonesiana che va in fumo per lasciare posto alle palme da olio ecc.), e che la massima parte di tutta questa inquinante energia viene sperperata (dispersa nell’ambiente come inutile calore).
Sette tonnellate all’anno di CO2 equivalente per ogni abitante del pianeta sono decisamente troppe. C’è chi genera solo una tonnellata (gli africani) chi venti (gli americani) chi addirittura 35 (emiri e simili) quindi siamo alle solite medie del pollo (un pollo a me, zero a te fa mezzo per un uno, ma solo in media).
Guarire il clima malato della terra al momento non si può, però si deve stabilizzare il malato in attesa di trovare cure definitive. Per stabilizzare la situazione devono cessare le emissioni, per tornare indietro (ammesso che si possa) si dovrà riportare a casa un bel po’ del “sale” che abbiamo già buttato nella minestra del clima.
Per fermare le emissioni la ricetta in fondo è banale. Tutto il nostro consumo di energia deve diventare elettrico, e tutta l’elettricità va prodotta senza bruciare nulla, ossia col sole col vento e con l’acqua (più altri modi tutto sommato marginali).
Prendiamo le case. Oggi sono dei veri e propri colabrodi energetici scaldati a gas e raffreddati a corrente. Vanno ben isolate (coibentazione) e mantenute confortevoli usando pompe di calore elettriche alimentate a fonti rinnovabili (se volete vedere come si fa vi porto da un amico modenese, agronomo e cooperante, che nella sua casa di collina ha fatto esattamente questo).
Prendiamo le auto. Devono diventare al più presto elettriche. Perché i motori elettrici sono molto ma molto più efficienti e puliti di quelli tradizionali e soprattutto si possono ricaricare le batterie col sole. L’amico ricercatore Nicola Armaroli fa esattamente così, macchina elettrica ricaricata a pannelli fv durante il we e poi utilizzata in settimana per andare al lavoro dalla campagna alla città. Emissioni zero. E diminuzione drastica dei costi vivi, anche se naturalmente l’auto è costata più di una tradizionale.
Ma anche nei villaggi africani la vita migliora enormemente col pannellino fv che fa andare la pompa del pozzo per innaffiare l’orto e consente di ricaricare i cellulari per sapere che prezzi ci sono al mercato prima di portare la verdura da vendere, su un carretto trainato dalla bici elettrica caricata con lo stesso impiantino solare.
Convertire a rinnovabili tutto il nostro fabbisogno energetico si può fare in un tempo non lunghissimo e con ottime prospettive per l’economia e il lavoro. Avevamo in effetti già cominciato a fine Ottocento (l’Italia del nord è stata una grande pioniera delle centrali idroelettriche). Poi dopo un lunghissimo periodo in cui si è puntato solo su petrolio e gas (e nucleare) siamo tornati alle rinnovabili, con gli incentivi all’eolico e al fotovoltaico (governi Prodi uno e due). Oggi un buon 30% della nostra corrente è a emissioni zero, ma da almeno sei anni le installazioni fve (fotovoltaico ed eolico) sono quasi del tutto interrotte, mentre si continua stupidamente a favorire il fossile con grandi agevolazioni.
La parola deve passare ai cittadini e di conseguenza alla politica. I più giovani devono capire cosa stanno rischiando (un mondo inabitabile entro pochi decenni), e devono pretendere dai più vecchi che si diano da fare per rimediare al caos climatico che hanno innescato senza saperlo (alcuni sapevano ma se ne sono altamente fregati).
Greta Thunberg ha assolutamente ragione a pretendere che la politica faccia i compiti a casa. I prezzi delle fonti rinnovabili sono enormemente calati anche solo rispetto a dieci anni fa, bisogna quindi solo rimuovere gli ostacoli frapposti al loro sviluppo completo. Bisogna anche smetterla di dar denaro a chi danneggia il clima (in Italia le sovvenzioni sbagliate ammontano a una quindicina di miliardi l’anno!).
Bisogna prendere esempio da chi fa bene, mettendo insieme tutti i migliori casi disponibili si ottiene subito un comportamento ottimale del paese. Per le elettromobili si segua l’esempio norvegese, per l’eolico l’esempio danese (o anche portoghese o spagnolo), per il fotovoltaico l’esempio italiano (ossia si recuperino al più presto, rivedendole in base ai nuovi prezzi, le politiche che hanno favorito le grandi installazioni avvenute tra il 2010 e il 2012).
Buoni esempi vengono anche da paesi extraeuropei, come il Costarica, Uruguay, Marocco e persino Arabia Saudita che nonostante le enormi emissioni procapite dovute al petrolio si è buttata anche sul solare.
La minestra politica italiana ed europea ha bisogno di sale, è scipita, e Greta ne porta un bel sacco con sé. Meno male.