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Officina Terra

Posted on 19 Ottobre 2012 by vmarletto

…non stringere troppo…

Il settimanale scientifico New Scientist, molto autorevole e diffuso nei paesi di lingua inglese, con una redazione a Londra, una in Australia, e due negli Usa, ha dedicato un mesetto fa la copertina e un ampio servizio alla geoingegneria. Questa disciplina di assai recente sviluppo consiste nell’escogitare sistemi tecnologici per manipolare il clima nel tentativo di contrastare rapidamente il riscaldamento indotto dai gas serra che stiamo iniettando in atmosfera da decenni, e che presumibilmente continueremo ad emettere anche in futuro se non intervengono rigide e severe regole internazionali di abbattimento delle emissioni.

I geoingegneri hanno molta fantasia e le loro proposte vanno dalla fertilizzazione oceanica con il ferro, alla spedizione di specchi nello spazio, al varo di flotte destinate ad aumentare le nubi, fino a coprire i deserti di teli riflettenti, selezionare colture meno scure di quelle attuali, spruzzare acido solforico nella stratosfera e varie altre simili stranezze.

Nel caso vi domandiate come mai questa gente non venga resa innocua al più presto è bene comprendere che molti geoingegneri sono scienziati di prima grandezza e quindi non fanno certo proposte a vanvera, e anche che in alcuni settori politico-industriali si ritiene del tutto implausibile (e in certi casi del tutto indesiderabile) che il mondo interrompa le emissioni di gas serra (in primis il/la CO2) in atmosfera.

In generale gli schemi geoingegneristici puntano o alla rapida estrazione della CO2 in eccesso dall’aria (molti studiosi ritengono che le attuali 390 parti per milione di CO2 siano già troppe e che dovremmo ritornare al livello di 350 ppm, superato verso il 1980) o alla diminuzione diretta della luce solare incidente sul pianeta. Buona parte degli schemi proposti o sono attualmente irrealizzabili (il lancio degli specchi nello spazio per esempio richiederebbe circa venti milioni di razzi) o sostanzialmente inefficaci (ad esempio la pavimentazione di strade e la copertura dei tetti con materiali riflettenti avrebbero solo effetti locali).

Un paio di idee sembrano però degne di attenzione e hanno entrambe a che fare con la schermatura della luce solare in atmosfera: il primo schema prevede la già menzionata flotta di navi per l’inseminazione atmosferica con nuclei di condensazione salini, destinati ad aumentare la copertura nuvolosa, e l’altro l’iniezione di inquinanti in stratosfera, per indurre la formazione di aerosol riflettente e persistente, un po’ come fanno spontaneamente le maggiori eruzioni vulcaniche (il Pinatubo, eruttando nel 1991, interruppe per un paio d’anni l’aumento globale delle temperature).

Diversi studi con modelli di simulazione atmosferica hanno però messo in evidenza che i risultati di queste manipolazioni globali potrebbero essere molto diversi dalle attese, generando per esempio diminuzioni indesiderate delle piogge in zone molto popolose o coperte di foreste.

In sostanza non sembra plausibile che alcuno di questi sistemi venga davvero realizzato (o sia davvero desiderabile), e dunque il contrasto alle emissioni serra attraverso un patto internazionale vincolante e rapidamente efficace resta la sola opzione concreta per evitare il peggio e contenere i danni del global warming al di sotto di soglie governabili.

This entry was posted in Il climologo and tagged cambiamenti climatici, CO2, geoingegneria, global warming by vmarletto. Bookmark the permalink.

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