Allora c’è vita nell’universo (calcio)!

Sparlare del calcio, quando si parla di sport, di questi tempi è come sparare sulla Croce Rossa. L’ultima riguarda quanto accaduto in un’amichevole (trovare voi il senso di una simile partita) tra il Milan miliardario di Berlusconi e la Pro Patria di Busto Arsizio. Per chi sa, anche poco, di calcio, il nome ricorda fasti e passato gloriosi prima delle guerre, quando il calcio probabilmente, come tutto lo sport associativo, simboleggiava progresso e voglia di affrancamento.
Per quanti se la fossero persa, questa la sintesi di quanto accaduto. I tifosi del Pro Patria hanno iniziato a fischiare ogni volta che un giocatore di colore del Milan toccava palla. Siccome Boateng non è italiano ma tedesco (anche se naturalizzato ghanese), all’ennesimo sberleffo ha pensato bene di fermarsi e mandare tutti a quel paese, seguito dagli altri giocatori di colore del Milan e poi da tutta la squadra.
Il sindaco di Busto Arsizio, Gigi Farioli, del PDL, ha subito stigmatizzato l’episodio con una pezza peggiore del buco: “Colpa di quattro deficienti e di quattro professionisti che non hanno saputo fare il proprio lavoro” (riferendosi ad arbitro e giocatori che hanno abbandonato il campo). Per par condicio, in palese “conflitto d’interessi” tra il suo Milan e un sindaco del suo partito, Silvio Berlusconi si è eretto paladino della lotta al razzismo, esprimendo apprezzamento per la decisione della sua squadra e affermando “assicuro che in tutte le partite, anche internazionali, ove si verificassero episodi di questo genere, il Milan lascerà il campo“. Vedremo, ma siamo ancora in attesa delle scuse ufficiali al presidente Obama, definito “abbronzato” dall’allora capo del Governo.
Tra condanne e distinguo, il calcio mostra così il vero volto della nostra società che è poi quello peggiore della politica italiana.
Mi accingevo a questa (facile) filippica contro il calcio, quando mi squilla il telefono. Dall’altra parte il presidente di una società calcio della Sicilia che lavora con bambini, dai 5 anni in su, che mi chiede dove può fargli praticare arrampicata a Catania perché: “sa, di questi tempi i ragazzi non hanno più l’abitudine a cose che noi facevano normalmente. Non giocano più per strada, stanno sempre davanti a wii e play station. Non sanno correre, saltare e hanno paura di arrampicarsi. Io mi arrampicavo tutti i giorni sui muri, sulle case, sugli alberi. Correvo e saltavo e non avevo paura. Vorrei che anche i mie ragazzi acquisissero queste capacità. Sono sicuro che gli farebbe bene, anche per il calcio…”.
Che dire… c’è vita nell’universo!

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