Torre Salsa: alla ricerca del tempo da perdere. II Parte

Di foto il Rocco mi supera per click:

– Porca putt***, Giovà mi si è scaricata la batteria, e l’altra l’ho lasciata nell EnterpriSSST!!!

– Alessà, aspetta che scatto le ultime due, tre, quattrocento foto e ti do le mie batterie..!

Una parete di roccia sedimentata memore di un antichissimo lago salato, una viola selvatica cresciuta nella sterpaglia,  uno scorcio sul mare, sono solo un’infinitesima parte delle occasioni che ci invitano a riflettere, rilassarci, fermarci ad apprezzare e ammirare con devozione la bellezza della natura, consapevoli che non sempre “I veri paradisi sono i paradisi perduti”, almeno fintantochè restano inaccessibili alla maggioranza e la minoranza li difenda con ardore!

Si scende a quota zero: c’è il boschetto e una carreggiabile al margine che in direzione ponente porta ad Eraclea Minoa mentre verso est torna alla Riserva:

– Alè e ora dove siamo, che facciamo?

– Siamo tra Torre Salsa e Bovo Marina; là oltre il bosco c’è il mare, noi costeggiandolo arriviamo al “sentiero a mare” dell’agriturismo, dove non ci sono kancelli…

 

Al riparo dei pini consumiamo il nostro pasto, il Rocco esagera: non sa fare a meno dei suoi spaghetti con le vongole e, ci crediate o no, la sua barretta è un liofilizzato di un piatto di 100g di pasta con i molluschi! Mi confessa di averli trovati in un supermercato cinese… anche se sull’etichetta leggo “Prodotto nello Stabilimento di Caserta”.

La realtà come la conosciamo a volte è solo verosimile.

Il sole non è ancora alto e ci spia sbilenco attraverso le foglie; il tempo scorre fluido e distratto, forse sono le undici meno cinque, oppure è mezzogiorno esatto: mi piace pensare alle lancette dell’orologio che indifferenti si sono fermate a copulare.

Non porto l’orologio, ma è probabile sia così.

Un brontolio ameno viola la seduzione del silenzio: non è lo stomaco del Giovanni, è sua moglie che lo pretende:

– Nooo, non ti preoccupare, si si… Alle 2? a voglia; Alè ci siamo ad Agrigento Per pranzo? alle 2 và.!?

– Certo..! Non saranno nemmeno le 12, all’una siamo a Siculiana Marina, tranquillo. Si, tranquillo…

– Marì, fammi trovare la pasta, calamene almeno 300 grammi; con le vongole!

Ancora?!?

Prudenti, circospetti e guardinghi come indigeni clandestini, ci avviamo nell’intimità delle familiari piste bianche; costeggiamo il mare  accompagnati dal fragare delle onde che accorda il ritmo della nostra pedalata.

Ci tocca salire ora: una pendenza breve su sconnesso, ma tanto, tanto ripida.Troppo!

Percorriamo una strada a strapiombo sul mare lungo la cresta del promontorio; qui l’estasi è a portata d’occhio: il disegno del  candido merletto che le Ninfe marine hanno sapientemente imbastito da Siculiana a Eraclea Minoa rapisce il pensiero…

 

 

IL refrain di Wonderwall degli Oasis mi riporta col piede per terra.

– Giandy carissimo!

– Alessà, dove sei? che fai?

Sono aggrappato al lombo meridionale di una costa svettante dell’isola sotto la luce verticale di un mattino di fine estate, se mi consenti la citazione del poeta…

– Grazie, grazie, divertiti.

Mi diverto si! Ci stiamo divertendo, avvinti dall’incantesimo della natura.

Ora si entra nel boschetto e poi veloce il single track in discesa tra i pini che d’improvviso ti spalanca sul proscenio dell’immensa “spiaggia di funcitelle”!

Io sono profondamente innamorato di questi posti e nutro un rispetto profondo d’ogni duna, ogni pietra, ogni albero che lo compone e sarei disposto a difenderlo col coltello fra i denti! Non posso affatto biasimare  l’ostilità della “signora austriaca” e apprezzo il rigore del WWF: chi vuole entrare a Torre salsa paghi o soffra sulle vie dissestate, sennò vada pure negli stabilimenti balneari!

Siamo in prossimità dell’Omo Morto e cerchiamo un passaggio che superi il vallone per evitare la salita e raggiungere Cannicella… niente da fare: nulla, il deserto, il vuoto! Ci tocca pedalare e salire. Sigh!

Usciamo sull’asfalto e incrociamo il tratto dell’andata facendo il percorso inverso in direzione Cannicella. Si inizia ad essere stanchi, e intanto rinunciamo al passaggio de “i Guardoni”, uno strapiombo sulla spiaggia dove stazionano gabbiani e uccelli migratori,

– Giovà, che dici facciamo la salita e arriviamo a Monte Stella e da li scendiamo a siculiana Marina via asfalto, oppure tagliamo scendendo in spiaggia dall’Osservatorio e poi lungo il bagnasciuga e guadi?

– Nooo, salite basta, andiamo a mare ci facciamo tutta la spiaggia.

– Vedi che c’è sicuramente da fare un tratto a mare con bici a spalla..!

– Amunì!

– Amunì!

Attraversiamo un Oasi di intensa macchia mediterranea e siamo sulla scalinata scavata nella falesia che conduce, con una ripida serpentina, sullla dorata sabbia di Cannicella. Il patchwork a puà descritto dai gabbiani giù sull’arenile si scompone non appena ci affaciamo sulla scarpata. Iniziamo a scendere in sella alla bici, il Rocco demorde presto: la pendenza è esagerata e gli scalini rendono l’equilibrio critico.  Estremamente critico. Ci provo, mi aiuto con lo steccato, ma ce la faccio, vado avanti, taglio, cado… arrivo sull’arena, sono sfinito:

– Tedè, ma un pazzo sei!

– Macchè pazzo Giovà, dai libero sfogo a tutti i tuoi sensi e vedrai che ci riesci pure tu! io lo faccio e godo come un riccio! anche se a volte fa male..!

– Ah, ah, vero è tedè.  

 

  I gabbiani si sono spostati di un centinaio di metri, noi, complici dell’oblio, andiamo in processione verso di loro. Sono dieci, venti, forse trenta secondi che carezzano l’eternità: ci confondiamo granelli di sabbia, cristallli di sale, acqua, cielo, atomi, parte di quest’universo senza tempo. Qualcuno potrebbe  prenderci, scuoterci e noi resteremmo li dentro come in una boccia di vetro, souvenir dei resort invernali, tra mare, cielo, sabbia e rocce millenarie e i gabbiani in volo dei fiocchi di neve.

– Giò, ma la macchina fotografica te l’ho ridata!?!

– No!

– Avà, te l’ho data…

Scuote la testa grave e accigliato…

– Oh Gosh it!

Corro indietro, sicuramente è scivolata dalla tasca bucata dei pantaloncini ed è caduta sul bagnasciuga! Speriamo che un’onda non se la sia portata, anche perchè i pesci non hanno arti prensili e i polpi, checchè se ne dica, non è che siano poi così intelligenti da poter usare una camera digitale..! WoW! eccola! adagiata sulla sabbia con l’acqua salata a lambirla… Funziona!

– Meno male, ma solo per le foto che ho fatto, non per la macchina…

Alla fine saranno 1754 scatti!?!

Grandi rocce si frappongono tra noi e il mondo reale (o solo apparente?), il Rocco ha intenzione di scalarle, io  mi avvio senza indugio ad aggirare le “pietre cadute” dal mare. Salvo telefono e Canon nel CamelBak e mi avvio scarpe ai piedi e bici in spalla nell’acque agitate del Mar Mediterraneo. In breve, il Rocco mi segue; a piedi nudi però…

– Alè, com’è lì, c’è ancora da camminare in acqua?

– No Giovà, c’è il sentiero.

 

Ma quale sentiero, poco cosa e poi altre “pietre cadute” e  immersi fino alla vita!

Ormai siamo a Siculiana Marina, poche decine di metri ancora sul bagnasciuga e raggiungiamo l’EnterpriSSST.

 

Si ritorna a casa.

Sono le tre e mezza.

Il tempo torna arrogante a scandire la sua costante abitudine.

Ma qui o in ogni dove ci sarà un’altra occasione, chissà concepita da due lussuriose lancette di un ipotetico orologio.

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. – M. Proust

The End

 

 

 

 

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