As COME ARSENICO E NIMTO COME SINDROME

Per le sue caratteristiche chimiche l’arsenico è un elemento ubiquitario, si trova ovunque anche se percentualmente meno abbondante di altri elementi della tavola periodica. Una fascia molto ampia della popolazione è esposta cronicamente all’arsenico attraverso le acque destinate al consumo umano. Questo elemento pertanto rappresenta, non da oggi, un incubo per la maggior parte degli abitanti di diverse regioni italiane. E’ dalla fine degli anni 90 che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che il limite dovesse essere abbassato fino a 10 mg/l eppure dal 2001 la Regione Lazio, come altre Regioni, sta emanando deroghe temporanee ai limiti di potabilità per i casi in cui la concentrazione di arsenico ecceda il limite ma non superi i 50 mg/l, e per i quali i gestori presentino piani di rientro nei limiti di legge. Analogamente all’arsenico sono in corso deroghe anche per fluoro, manganese e selenio. Recentemente il TAR (sentenza 664 del luglio 2012) ha anche affermato che l’acqua fornita ai cittadini deve essere salubre e le tariffe legate proprio alla qualità dell’acqua. Teoricamente ogni cittadino potrebbe chiedere il risarcimento all’Ente gestore.

E’ bene che si sappia che l’emergenza arsenico (manganese, ferro e fluoro) è facilmente risolvibile, infatti il problema non è affatto di tipo tecnologico o economico. La rimozione, soprattutto di As e F è facilmente ottenibile con tecniche ormai consolidate (adsorbimento su ossidi di ferro e di alluminio le più comuni) con costi d’investimento pari a circa 250-300.000 € per un impianto in grado di servire un paese con 6-7.000 abitanti. Il Comune di Bracciano, da qualche mese, si è dotato di un impianto da 15 litri/sec ed il costo (calcolato per 10 anni di ammortamento) è stato pari a 0.0058€/abitante, praticamente una dotazione giornaliera di 100 litri, per un anno, costano quanto una colazione al bar. Non è nemmeno un problema di gestione in quanto gli impianti sono automatizzati e quindi facilmente gestibili anche da uffici tecnici poco attrezzati. Il problema pertanto è politico. Siamo infatti nel mezzo di un caso di sindrome NIMTO (Not In My Term of Office) ossia non durante il mio mandato elettorale. Lo strumento della deroga, inizialmente previsto come misura transitoria per dare tempo alle Amministrazioni di adeguarsi, è stata adottata, di fatto, come espediente per evitare i limiti e rinviare il problema.

Forte è la tentazione di liberarsi del problema senza risolverlo personalmente però, visti i costi, non è sensato cedere il diritto all’acqua a enti extracomunali. Se un Sindaco ha tutto l’interesse a migliorare un servizio pubblico, siamo altrettanto sicuri che il soggetto privato a cui è stato affidato la gestione del servizio idrico abbia la stessa attenzione? L’acqua è e deve rimanere un bene pubblico, solo così possiamo pretendere che sia tutelata e rispettata.

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